sabato 16 febbraio 2013
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Un «cattolicesimo popolare», quello lombardo, caratterizzato da «un’intensa operosità» manifestata nelle «migliaia di opere educative e di carità» capillarmente diffuse nel territorio. Ma chiamato, ora, a fare «un passo in più»: ad «approfondire le ragioni della carità» perché «diventi veramente cultura». Quindi: bussola dell’agire «sociale, economico e politico». È la sfida – non l’unica – che il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, presidente della Conferenza episcopale lombarda, addita alle comunità cristiane della regione. Assieme ai vescovi lombardi, a Roma per la visita ad limina, stamani verrà ricevuto in udienza da Benedetto XVI.Le visite «ad limina» dei vescovi italiani proseguono anche dopo l’inatteso, storico annuncio della rinuncia al pontificato da parte del Papa. Quali sentimenti, quali attese, ferite, speranze, le diocesi di Lombardia recano all’incontro con Benedetto XVI?Descrivere in dettaglio e in sintesi la vita delle Chiese in Lombardia è semplicemente impossibile! In ogni caso, penso che la vita delle nostre Chiese domandi quella rigenerazione della fede e del popolo cristiano a cui il Santo Padre ci ha provocato con l’Anno della fede. Una rigenerazione che aiuti a comprendere che il cristianesimo è «l’umanesimo veramente umano».Che cosa significa «nuova evangelizzazione» nel concreto della realtà lombarda?Significa la rinascita della Tradizione cristiana, con la «T» maiuscola, che è alla radice delle nostre Chiese e della nostra società come risorsa per il bene dell’uomo e della comunità. Significa vivere da protagonisti il futuro che, come ha recentemente ricordato il Papa, è di Dio.Quali sono le peculiarità delle genti lombarde nel vivere la fede cristiana – sul piano personale, dell’appartenenza ecclesiale, della presenza sociale e civile?Penso che due siano le caratteristiche essenziali delle nostre genti: un profondo senso di appartenenza al popolo cristiano – il cosiddetto cattolicesimo popolare lombardo – e un’intensa operosità, come si vede dalle migliaia di opere educative e di carità presenti nelle nostre terre.Quali sono i temi e le priorità che più vedono, già ora, l’impegno concorde delle diocesi lombarde? Quali le sfide che invece chiedono di crescere nella comunione?È da tempo che i vescovi lombardi stanno lavorando intorno alla necessità di favorire un approfondimento della vocazione e missione dei fedeli laici, così che siano sempre più responsabili del loro compito di testimonianza nel mondo. Poi, certamente a tema c’è l’educazione, una delle grandi urgenze: educare al pensiero di Cristo, alla carità e a vivere autenticamente tutte le dimensioni dell’esistenza.Siamo nell’Anno della fede. Quale dono e quale responsabilità comporta, per la Chiesa di Lombardia, l’aver dato al mondo i Papi del Concilio, Giovanni XXIII e Paolo VI?Penso che la prima responsabilità sia quella di una sempre più fedele e decisa accoglienza del Concilio Vaticano II, iniziando dallo studio e da un’adeguata interpretazione dei sedici documenti, letti a partire dalle quattro Costituzioni sulla Rivelazione, sulla Liturgia, sulla Chiesa in se stessa e nel suo rapporto con il mondo. Ciò potrà favorire una recezione sempre più profonda da parte delle nostre Chiese particolari.La crisi dell’economia e del lavoro, le ferite alla coesione sociale, l’infiltrazione delle mafie, le infedeltà e gli scandali della politica. Ma anche: le fatiche crescenti, non solo materiali, delle famiglie e delle comunità: la Lombardia sta vivendo una stagione di profonda sofferenza. Che cosa fa, e cosa può e deve fare, la Chiesa, per partecipare, illuminare, sanare questo tempo di travaglio?Quello che la Chiesa fa è evidente a tutti, anche se forse è talmente evidente che pensiamo sia ovvio e lo diamo per scontato. Cosa sarebbero le nostre città e i nostri paesi senza quella fitta rete di opere di carità e di solidarietà che nasce dalla fede vissuta nelle comunità cristiane? Un passo in più, però, occorre fare da parte di tutti. Si tratta di approfondire le ragioni della carità in modo che essa diventi veramente cultura e, quindi, criterio di decisione e di azione a livello sociale, economico e politico. Sono ambiti segnati ormai dalla natura plurale della nostra società, sia a livello personale che comunitario. Ritorna ancora una volta l’urgenza educativa.​
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