mercoledì 23 ottobre 2019
Dopo il furto nella chiesa di Santa Maria in Traspontina, il sedicente padre David si intesta il gesto parlano di "satanismo". Ma il filmato mostra qualche incongruenza
La chiesa di Santa Maria in Traspontina (Ansa)

La chiesa di Santa Maria in Traspontina (Ansa)

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La blogsfera ultrà è sempre più scatenata. Indifferente al processo ecclesiale in corso, chiusa alle voci amazzoniche che il Sinodo ha portato a Roma, la sua attenzione si concentra ossessivamente sull’“affaire statuette”. Dopo il furto e lancio nel Tevere, trasmesso via social, di tre immagini di legno di una donna indigena incinta e nuda, ora è arrivata pure una rivendicazione virtuale.

Il 53enne Davide Fabbri – che nel cyberspazio ha preso lo pseudonimo di “padre David” – si è vantato su YouTube del gesto, adducendo come motivazione il «satanismo» rappresentato dalle statuette, esposte fino a lunedì, insieme ad altri manufatti amazzonici, a Santa Maria in Traspontina.

Sulle responsabilità di Fabbri ci sono forti dubbi: è sufficiente vedere il filmato per notare incongruenze. Sarà la polizia a valutare. A sorprendere, però, è come delle semplici immagini siano riuscite a scatenare le ire degli integralisti da tastiera. Per questi ultimi, si trattava, a fasi alterne, di una rappresentazione poco consona della Vergine Maria o un’effige della Pachamama. Eppure il prefetto del dicastero della comunicazione, Paolo Ruffini, e padre Giacomo Costa, segretario della Commissione della comunicazione del Sinodo avevano invitato con chiarezza e più volte a non vedere nella statua altro rispetto a ciò che era: una donna indigena incinta, emblema della vita.

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