venerdì 8 febbraio 2013
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Sono i vescovi più geograficamente vicini al Papa. Ma anche per loro la visita <+corsivo>ad limina<+tondo> costituisce un momento «imprescindibile di comunione e di unità» con il Successore di Pietro. E in questo atteggiamento la Conferenza episcopale laziale si appresta a viverla, come riferisce ad <+corsivo>Avvenire<+tondo>, il suo presidente, il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma. Specie in un momento in cui la Regione vive una transizione istituzionale (le elezioni sono alle porte), sociale e culturale, che non può lasciare indifferente la comunità dei credenti. Eminenza, la posizione geografica del Lazio conferisce un volto particolare alla visita ad limina dei suoi vescovi rispetto a quella delle altre regioni d’Italia?La particolarità sta anzitutto nel fatto che il Papa è il vescovo di Roma e che i rapporti della Chiesa di Roma con il suo vescovo sono diretti e frequenti. È il Papa che a Roma indica le linee pastorali della diocesi, le approva e con il suo magistero – non solo quello rivolto alla Chiesa universale, ma quello diretto a Roma, a partire dai discorsi nei convegni pastorali diocesani – guida la vita diocesana. Anche le diocesi suburbicarie e le altre della regione avvertono questa particolare vicinanza del Successore di Pietro. La visita ad limina rafforza e arricchisce questo vincolo singolare con la Sede apostolica.Come ci si predispone a questo appuntamento con Benedetto XVI?L’atteggiamento spirituale di ciascun vescovo è di incontrare il Vicario di Cristo per essere confermato nella fede e nel servizio pastorale alle rispettive Chiese e far tesoro delle direttive e degli orientamenti che il Papa vorrà darci. "Vedere Pietro" e confrontarsi con lui è fin dalle origini della Chiesa un criterio imprescindibile di comunione e di unità.Prima di essere vicario di Roma, lei è stato anche vescovo di Albano. Quali sono i tratti comuni e le eventuali differenze tra le Chiese del Lazio?In effetti esiste una marcata differenza tra la grande metropoli e le altre realtà. Roma ha ormai una sua fisionomia di città cosmopolita, multietnica e per alcuni versi anche multireligiosa. Anzi, a detta dei sociologi, sta progressivamente perdendo i punti di riferimento tradizionali, tranne le parrocchie, che restano soprattutto nei nuovi quartieri dei validi baluardi di fronte alla disgregazione. Le altre diocesi del Lazio, invece, per dimensioni e per storia sono abbastanza omogenee. Uno dei punti di forza, ad esempio, è la permanenza intorno alla religiosità popolare di un nucleo di fede cristiana, che comunque ha bisogno di essere rivitalizzata. Negli incontri della nostra Conferenza episcopale la grande domanda a cui tentiamo di rispondere è come riproporre il Vangelo oggi perché ridiventi la ragione di senso della vita.Quali i problemi principali con cui fare i conti?Viviamo un momento particolarmente complesso con sfide impegnative che toccano anche la Chiesa. La crisi economica è senz’altro acuta, ma la crisi più profonda è soprattutto morale e in definitiva di fede. La domanda che ci poniamo è la seguente: che cosa la Chiesa è chiamata a fare oggi per rimotivare la fede e suscitare la speranza nel futuro? Il problema, come si vede, riguarda tutti e chiama in causa la pastorale.E il fatto che la visita capiti nell’Anno della fede fornisce uno stimolo in questo senso?È proprio quello che dicevo. L’Anno della fede è un’occasione propizia per dare nuovo slancio all’annuncio del Vangelo e chiamare le comunità ecclesiali alla responsabilità di testimoniare e agire, nelle forme proprie a ciascun battezzato, perché la vita cristiana sia percepita come la vera risposta di senso, anche nella dimensione sociale. La visita ad limina ci confermerà ed incoraggerà nel perseguire questi obiettivi essenziali della comunità ecclesiale.Altra coincidenza significativa: siamo in tempo di elezioni per il rinnovo del Parlamento nazionale e dell’istituzione regionale. Come si deve porre la comunità ecclesiale di fronte a questo importante momento democratico?Mi permetta di dirle che sono molto rammaricato che la campagna elettorale, per ora, si sia radicalizzata soltanto su temi economici, che certamente sono importanti, ma non gli unici per la vita e lo sviluppo di un popolo. In un momento di grandi trasformazioni culturali che toccano le stesse basi antropologiche ed etiche del vivere umano, è necessario sapere quali sono i valori di riferimento che guideranno le scelte dei futuri governi nazionale e regionale. Non basta battersi per la giustizia economica e una più equa distribuzione dei sacrifici da chiedere ai cittadini in un momento di crisi globale perché si realizzi una maggiore equità sociale. Vorremmo conoscere quale progetto di società, con riferimento anche ai valori cosiddetti "non negoziabili", intende perseguire chi chiede ai cittadini un mandato per governare il Paese.Lo scorso anno il Papa, proprio parlando agli amministratori pubblici del Lazio chiedeva più attenzione alla famiglia e raccomandava solidarietà, accoglienza e legalità. Com’è la situazione oggi?I morsi della crisi economica sono ancora forti e rispetto all’anno scorso la situazione è forse addirittura peggiorata. Le famiglie, soprattutto quelle monoreddito, gli anziani soli, i giovani in cerca di lavoro, gli immigrati, sono categorie sociali in grave disagio; per non parlare della sanità e della crisi del lavoro. D’altra parte le istituzioni territoriali hanno tutti i bilanci in rosso. Qualche segnale di attenzione nell’alleviare le situazioni più gravi non è mancato, anche in collaborazione con la comunità ecclesiale e le forze del volontariato. Certo, dopo gli scandali e lo sperpero di denaro pubblico da parte di uomini delle istituzioni, auspichiamo una nuova stagione di rappresentanza politica all’altezza dei compiti che la Costituzione assegna agli eletti del popolo.
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