giovedì 22 febbraio 2018
I 25 anni della struttura affidata al Pime che accoglie disabili a cui donare un futuro
Padre Franco Cagnasso, il primo in piedi da sinistra insieme ad alcuni ospiti e operatori della struttura che proprio in questi giorni festeggia i suoi primi 25 anni

Padre Franco Cagnasso, il primo in piedi da sinistra insieme ad alcuni ospiti e operatori della struttura che proprio in questi giorni festeggia i suoi primi 25 anni

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Si chiama 'Snehonir', che in lingua bengali sta per «Casa della tenerezza». È un piccolo centro di accoglienza per disabili, nato quasi per caso nella missione di Rohanpur, nel nord-ovest del Bangladesh, ma che ha da poco varcato il traguardo dei primi 25 anni di vita. I festeggiamenti per l’anniversario avrebbero dovuto essere celebrati nel novembre 2017, ma il viaggio del Papa in Bangladesh ha fatto sì che la data venisse spostata all’inizio di febbraio 2018.

Il centro è sorto in maniera quasi fortuita. Ricorda padre Franco Cagnasso, oggi responsabile della struttura: «Circa 25 anni fa un papà disperato consegnò alla parrocchia un bimbo, Robi Hasda, di quattro mesi gravemente denutrito, rimasto orfano di mamma. Suor Gertrude Costa, bengalese, della congregazione locale 'Regina della Pace', e i miei due confratelli Gianantonio Baio e Mariano Ponzinibbi decisero di tenerlo e trovargli una mamma adottiva. Ma, arrivato a nove mesi di età, il bambino fu colpito dalla poliomielite e rimase completamente paralizzato dal collo in giù: muoveva solo la testa. Iniziò una lunghissima, ostinata lotta di suor Gertrude, che con incredibile tenacia e anni di fisioterapia e cure, è riuscita a cambiare gradualmente e radicalmente situazione di Robi». Oggi il giovane si sposta bene in carrozzella, gioca a cricket e ha persino completato un Master in economia. Mentre egli lentamente progrediva, altri papà, mamme e parenti portarono alla missione (non esisteva ancora alcuna struttura e neppure una organizzazione per questo scopo) i loro bimbi con qualche disabilità.

La prima di esse, Flora, anche lei colpita da polio, lavora ora in un progetto della Caritas per bimbi di strada. Spiega Cagnasso: «Vedendo con quanta naturalezza bimbi 'normodotati' si mescolavano con i 'disabili', si decise, via via, di dare spazio anche a qualcuno di loro, creando una comunità molto varia: maschi e femmine, con disabilità differenti o normodotati, gruppi etnici diversi, educando i più anziani farsi carico dei piccoli. Denominatore comune, la povertà; obiettivo comune, l’aiuto reciproco, la convivenza gioiosa e senza complessi, l’impegno di dare il meglio per costruirsi un futuro se possibile indipendente ». Oggi la comunità che ha preso forma strada facendo - conta 43 membri. Padre Franco svolge il ruolo di responsabile da 6 anni in qua ma ci tiene a precisare che al cammino di 'Snehonir' hanno dato il loro contributo diversi padri e missionari laici del Pime: Faustino Cescato, Gian Battista Zanchi, Massimo Cattaneo, Francesco Rapacioli. «Io ho trovato la pappa pronta…», si schermisce padre Cagnasso, aggiungendo che «fondamentale è stato l’apporto all’iniziativa fornito da varie suore Shanti Rani: dopo Gertrude, specialmente Dipika Palma, attuale direttrice, e Carolina Murmu, non udente». Padre Cagnasso non dimentica i festeggiamenti per i 25 anni di 'Snehonir': «Arrivando a Snehonir qualche giorno prima della festa, mi colpì l’entusiasmo con cui i ragazzi si preparavano, senza stancarsi di provare e riprovare danze, canti, sfilate, storielle...

La loro gioia mi contagiava, anzi, mi conquistava. La sera della vigilia, dopo una bella processione eucaristica e un’adorazione in un piccolo campo da giochi dei nostri vicini, è arrivata la cena 'piatto in mano', dopo la quale è partita una raffica di pezzi musicali che hanno trascinato tutti sul palco. La prima è stata Susmita, poi il più piccolo, Sivajit che ha danzato per tre ore di fila sul palco con i suoi occhietti ciechi che sembravano prendere vita, e Urmilla, sordomuta, che seguiva a perfezione il ritmo, e via via tutti gli altri. Ho respirato la loro gioia di vivere, di stare insieme, di sentirsi accolti, di voler bene, di muoversi, non importa se aiutati da una stampella». Non è un caso che l’iniziativa abbia preso corpo in quella zona: la parrocchia di Rohanpur vanta una lunga presenza dei missionari del Pime e ha festeggiato nell’autunno scorso il centenario della sua fondazione. Nel corso del tempo ha svolto un ruolo importante nell’educazione e in campo sanitario.

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