mercoledì 13 maggio 2020
A colloquio con l’imam Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia. «Insieme contro la pandemia con la Giornata di preghiera e digiuno di domani»
Papa Francesco e il re del Marocco Hassan II durante il viaggio del 30 marzo 2019

Papa Francesco e il re del Marocco Hassan II durante il viaggio del 30 marzo 2019 - Epa

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«Preghiera, digiuno, carità: sono tre parole chiavi anche per noi che stiamo vivendo il mese di Ramadan». All’appuntamento di domani non mancherà l’imam bolognese Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia (Ucoii). «Siamo tutti chiamati alla fratellanza – afferma ad Avvenire – per questo motivo abbiamo deciso di accogliere con molto piacere l’invito alla Giornata mondiale di preghiera e digiuno proposta dall’Alto Comitato per la fratellanza umana e sostenuta da papa Francesco, affinché Dio aiuti l’umanità a superare questa pandemia».

Per Yassine Lafram, in carica come presidente dell’Ucoii dal 2018, aderire all’appello del Papa non è una formalità. È anzi, una necessità. «Ed è necessario che non rimanga solo un appello ma trovi corrispondenze nelle realtà locali». L’appello del Papa era arrivato al termine dell’Angelus di domenica 3 maggio. Per l’Unione delle comunità islamiche rilanciare questo appello significa prendere alla lettera la condivisione di una preghiera comune e di un momento condiviso di digiuno unito a un atto di carità. «Perchè queste sono le chiavi della Giornata: preghiera, digiuno e carità – ribadisce Lafram – e a noi, proprio nel mese del Ramadan, questa giornata calza benissimo». Un mese di digiuno e di preghiera che, proprio in nome della carità, per il bene delle proprie comunità e quello degli altri non aprirà le sue aule di preghiera e non si concluderà quest’anno con la riapertura dei luoghi di culto per la rituale festa di Eid El Fitr del 24 maggio che chiude tradizionalmente il Ramadan, festa che richiama assembramenti consistenti con migliaia di fedeli islamici.

«È stata la decisione espressa responsabilmente dalle nostre comunità – dichiara il presidente dell’U- nione delle comunità islamiche d’Italia – ritenendo la vita delle persone più sacra delle moschee stesse». L’imam spiega che fin dall’inizio della pandemia è in dialogo con il Ministero dell’Interno, anche per quanto riguarda la riapertura dei propri luoghi di culto e avere garanzie di sicurezza. «Quello che per noi prevale adesso è la prudenza, è la precauzione, considerata la specificità del momento che i musulmani stanno vivendo nel mese di Ramadan. Aprire ora sarebbe come riaprire le chiese per le festività natalizie o pasquali. La riapertura pertanto sarà dopo questa data, e sarà graduale, accompagnata da un decalogo che servirà come strumento base alle varie comunità per poter riaprire in sicurezza».

Quanto alla modalità dello svolgimento della Giornata di domani, Lafram spiega che a Bologna, ad esempio, dopo un confronto tra le parti si è pensato ad un gesto simbolico di alcuni leader di diverse confessioni in piazza, con le dovute precauzioni, per la lettura di una preghiera. «È una formula fattibile – afferma – l’importante è rilanciare l’appello del Papa, con la preghiera e con gesti concreti di carità». E cosa proponete voi ora come gesto concreto? «In queste settimane durante l’emergenza coronavirus molte delle nostre comunità si sono adoperate consegnando pacchi alimentari per tutte le famiglie bisognose che lo hanno richiesto. L’iniziativa continua. Ogni giorno ci sono delle consegne alle famiglie che fanno fatica ad arrivare a fine del mese. Perciò da parte nostra sarà questo il nostro contribuito di carità ».

In questo tempo di crisi in che modo si è espressa questa solidarietà dalle vostre comunità? «Fin dall’inizio dell’emergenza c’è stato un apporto positivo della comunità islamica italiana all’emergenza coronavirus. I musulmani sono cittadini, sono lavoratori, sono famiglie che vivono qui, quindi condividono anche quella che è la situazione economica che stanno vivendo tutte le famiglie italiane. Nonostante queste difficoltà ci sono state delle donazioni molto generose da parte dei membri della comunità». «Se andiamo ad esempio a contare quanto hanno dato le comunità islamiche italiane a livello nazionale per fronteggiare l’epidemia – spiega Yassine Lafram – abbiamo superato il mezzo milione di euro destinato alle amministrazioni comunali, alla Protezione civile, alla Croce Rossa, alle associazioni di volontariato, agli ospedali».

E come Unione? «Abbiamo distribuito più di centomila mascherine agli ospedali del territorio. C’è poi anche la campagna di donazione del sangue che abbiamo portato avanti e la risposta positiva che c’è stata da parte delle nostre comunità islamiche di base: uscire e andare a donare il sangue nonostante il lockdawn totale non era scontato… Tutti questi gesti sono stati molto apprezzati da parte delle amministrazioni comunali come dalla società civile, quindi, direi che in questo momento di crisi è venuto fuori un senso di solidarietà davvero bellissimo che abbiamo avuto modo di apprezzare». Secondo la sensibilità delle comunità islamiche italiane quale sviluppo a questo appello potrà esserci in futuro?

«Questo appello rientra in un percorso condiviso di dialogo tra musulmani e cristiani in tutto il mondo. In particolare qui in Italia ci sono, come abbiamo visto, esempi di buone pratiche non solo ai vertici ma anche tra le comunità. Queste buone pratiche di convivenza, di azioni comuni, ci fanno ben pensare ad un futuro migliore per tutti, perché solo attraverso il dialogo e la conoscenza reciproca riusciamo a far fronte ai pregiudizi, agli stereotipi e alle crisi che interessano tutti».

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