domenica 25 agosto 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Bene della famiglia uguale bene comune. Non solo uno slogan, ma un impegno condiviso e trasversale con al centro la famiglia intesa come “speranza e futuro della società italiana”. Perseguire questo obiettivo significa «avvertire come prioritaria e irrinunciabile la responsabilità» di lavorare per il bene del Paese. È la convinzione dell’arcivescovo di Cagliari, Arrigo Miglio, presidente del Comitato organizzatore delle Settimane sociali che, alla vigilia del grande incontro di Torino, riflette con noi su impegno sociale, identità familiare, generatività ed educazione. Una messa a punto che serve a fare chiarezza sui temi che saranno affrontati tra una ventina di giorni (12 al 15 settembre) dai relatori e dai delegati della “Settimana”
“Famiglia, speranza e futuro per la società italiana”. Il tema che sarà al centro della “Settimana sociale” ripropone la necessità di collegare strettamente bene comune e bene familiare, nella convinzione che solo una famiglia libera e consapevole apre la strada a una società capace di coniugare giustizia e umanità. Verità che sembrerebbe al di sopra delle parti, non confessionale e non etichettabile, eppure mai contestata come in questi ultimi anni. È possibile riproporre la centralità sociale della famiglia con parole e modalità capaci di parlare alla sensibilità di tutte le persone? È proprio questo il punto di partenza: solo una famiglia libera e consapevole apre la strada a una società capace di coniugare giustizia e umanità. Bisogna sottolineare i due aggettivi “libera e consapevole” per dissipare il rischio di un equivoco, quello cioè di pensare che con questa Settimana sociale, e con tutte le altre iniziative sostenute dai cattolici, si voglia tornare a qualche modello sociologico di famiglia del passato. Invece la nostra riflessione parte dal nucleo essenziale: il matrimonio tra un uomo e una donna, aperto alla vita. Questa fecondità di amore e di nuove vite è la sorgente di tutte le altre, anche sociali e culturali, a cui è chiamata ogni coppia nella diversità delle epoche e delle culture. Tale fecondità proviene dalla struttura antropologica profonda dell’essere umano. Non cerchiamo dunque un ritorno a modelli passati ma casomai la purificazione degli stessi, alla luce di quello che Giovanni Paolo II ha chiamato il “Vangelo della Famiglia”. Chiarito questo equivoco, viene allora il problema di usare parole e modalità capaci di parlare alla sensibilità di tutti e di far capire che il tema della Famiglia non è centrale solo per i cattolici ma per tutta la società. Per avvicinarci a questo obiettivo è fondamentale andare oltre gli slogan e i pregiudizi ed esaminare la situazione concreta da diversi punti di vista. È stato spesso osservato che alla radice della crisi socio-economica che stiamo attraversando c’è innanzi tutto una profonda confusione antropologica. Contribuire a risolvere questa confusione, ridefinendo la verità del matrimonio e della famiglia, dovrebbe essere il primo passo per uscire dalla crisi. Ma come spiegare che non si potrà “guarire” dalla frammentazione globale senza intervenire sulla frammentazione che sta disgregando la prima cellula della società? La frammentazione globale cui lei accenna influisce sicuramente sulla frammentazione che sta disgregando la prima cellula della società, ma ne è anzitutto il frutto: un circolo vizioso che nasce dall’aver perso di vista la forza unitiva dell’Amore vero, anzi dall’aver dimenticato la vera natura e identità dell’Amore “tout court”. In questi anni ce lo ha richiamato più volte papa Benedetto XVI a cominciare dalla sua prima enciclica Deus Caritas Est. Per ridefinire la verità di matrimonio e famiglia occorre ritrovare la vera natura dell’Amore-Agápe, che unifica tutte le esperienze dell’Amore e le orienta verso la piena unità che noi cristiani contempliamo nel Dio Trinità. Solo l’Amore guarisce, ci ha ricordato spesso papa Benedetto e ci sta ripetendo papa Francesco. Proviamo a entrare nel dettaglio di questa frammentazione antropologica. Non crede che dovremmo essere più espliciti nell’indicare che identità, generatività ed educazione sono tre passaggi inscindibili, che andrebbero risolti insieme. E che questa responsabilità dovrebbe essere avvertita come prioritaria e irrinunciabile dall’intera società, non soltanto dal mondo cattolico? Identità, generatività ed educazione: sono tre passaggi fondamentali del documento preparatorio alla prossima Settimana sociale. Non sono soltanto passaggi inscindibili ma ognuno di essi scaturisce dall’altro: dall’identità antropologica costituita dalla differenza fondamentale tra maschio e femmina – la vera diversità che oggi viene spesso negata per affermare altre diversità di varia origine – nasce l’identità generativa della coppia (non si tratta solo della generatività fisica!) e la forza generativa si prolunga e si completa nell’accompagnamento educativo. Avvertire come prioritaria e irrinunciabile questa responsabilità significa sentire la responsabilità nei confronti della vita, e quindi del futuro. La vita ci è data ma il suo futuro è affidato a noi, chiamati a cooperare quasi come con-creatori. Siamo al cuore del problema del futuro del nostro mondo. Quando Benedetto XVI invitava a passare dall’impegno per l’ecologia ambientale a quello per l’ecologia umana (come disse ad es. nel discorso al Bundestag di Berlino nel settembre 2011), non invitava solo ad aggiungere un impegno agli altri, ma indicava la condizione per non rendere vano anche l’impegno ecologico. Uno degli slogan più riusciti del “Family day” 2007 fu “Ciò che è bene per la famiglia è bene per il Paese”. Potrebbe essere anche la sintesi di un programma politico valido per tutti gli schieramenti. I problemi nascono però quando si cerca di declinare questo slogan. Perché, quando si parla di famiglia, non si riesce quasi mai ad evitare i rischi dello scontro ideologico? Questo slogan ha bisogno di essere declinato nella concretezza della realtà sociale di un Paese, non in uno sterile confronto ideologico. Nel documento preparatorio della prossima settimana sociale vengono offerte otto piste o ambiti nei quali si può verificare il legame tra bene della famiglia e bene del Paese. Occorre unire umiltà e fatica per verificare e confrontare esperienze, dati, ricerche veramente scientifiche, politiche di Paesi diversi, processi in atto da lungo tempo e proiezioni sul futuro del Paese. Quanto viene considerato il problema demografico? Oppure quanto vengono considerati gli studi ormai diffusi sugli “indici di felicità” quando si parla di famiglia e di figli? Eppure politiche familiari equilibrate e giuste, in grado di valorizzare i compiti propri della famiglia, dovrebbero essere viste da tutti come preziosa risorsa sociale. Come mai siamo ancora legati al pregiudizio della famiglia come esclusivo luogo degli affetti e non come ricchezza per tutti? Da una parte la famiglia è stata relegata nell’ambito del “privato” come succede per la dimensione religiosa della vita e per le sue manifestazioni: interessante questa comune “privatizzazione” di famiglia e di religione! Dall’altra non riusciamo a liberarci da una visione statalista della società dove pubblico continua ad essere sinonimo di statale. La Caritas in Veritate ha parlato in modo lucido della necessità oggi di una visione poliarchica, condizione necessaria per un modello di sviluppo, nel mondo globalizzato, che non soffochi la libertà della persona umana, di ogni persona e in quanto persona. Travolte dalla crisi troppe famiglie non riescono più a svolgere il proprio ruolo tradizionale di ammortizzatore sociale. Per supportare e rafforzare la famiglia servono anche interventi fiscali rivolti a garantire una maggiore equità. Ma le richieste dell’associazionismo cadono spesso nel vuoto e il “familiare” viene regolarmente immolato a logiche individualistiche. Quali interventi potrebbe promuovere la “Settimana”, anche di carattere culturale, capaci di aprire la strada a nuove prospettive e nuove possibilità finalizzate a valorizzare il ruolo della famiglia? Le settimane sociali sono chiamate a offrire alla cultura, agli studiosi e agli operatori sociali, occasioni di confronto e di approfondimento per capire meglio cosa sta avvenendo e quali saranno gli esiti delle scelte fatte – o non fatte – finora, ma soprattutto per individuare le scelte necessarie per la crescita di un Paese e della società in generale. Gli ambiti che saranno affidati ai gruppi di studio sono un esempio di piste concrete nelle quali individuare alcune scelte possibili, un po’ come è stato per la precedente settimana di Reggio Calabria con la proposta di un’Agenda per la crescita del Paese. Si provi a sfogliare quell’Agenda e a verificare come quei problemi restano attuali, molto dibattuti in questi anni ma purtroppo spesso rimandati o rimossi. Auguriamoci che questa Settimana sociale ci aiuti tutti non solo a vedere meglio i problemi ma ad avere il coraggio di affrontarli e risolverli.
(Tratto da "Noi genitori e figli") 
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: