martedì 29 gennaio 2013
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​«L'anima di ogni nostra azione e di ogni nostro intervento è l’amore per l’uomo. Un amore che il credente ha toccato con mano incontrando il Signore e che il cardinale Angelo Bagnasco ha messo in evidenza con le parole di ieri». Don Paolo Asolan è docente di pastorale sociale alla Pontificia Università Lateranense. E, appena letta la Prolusione del presidente della Cei al Consiglio permanente, sintetizza così la riflessione di Bagnasco: «Il cristiano interpreta il suo quotidiano secondo un modello concreto che da Cristo prende la direzione. Ed esprime la gioia di credere anche in una novità di vita. D’altra parte, il cristiano è costitutivamente sociale: l’altro è già parte di sé. Perciò quanto più la Chiesa è innervata nella società, tanto più è in grado di testimoniare il Vangelo come risposta alle più intime istanze dell’uomo».Eppure non si tratta di «un prodotto da imporre», ha detto Bagnasco.Per questo c’è bisogno di passare da una pastorale dei servizi a una delle relazioni. Aggiungerei anche che, in questo tempo di incertezze per il nostro Paese, la Chiesa è tenuta a offrire un orientamento per il futuro. Penso che un compito fondamentale sia quello di donare una prospettiva e indicare una strada sulla quale camminare: questo è il servizio cui sono chiamati i cristiani in Italia».Il presidente della Cei chiede alle parrocchie di avere «un profilo più missionario». Come affrontare questa transizione?Giovanni Paolo II aveva ricordato ai sacerdoti di Roma che la parrocchia deve cercare se stessa fuori dei propri confini. Ecco, la parrocchia comprende il suo ruolo in rapporto al mondo che la circonda. Così resta essenziale il suo radicamento sul territorio. Quando il cardinale Bagnasco parla di «presidi pastorali», invita la comunità cristiana a essere incisiva, a farsi davvero prossima, a produrre legami, risposte e anche cultura. Siamo in una situazione in cui la società non è più fortemente cristiana ma non è neppure eccessivamente secolarizzata: non a caso il presidente della Cei sottolinea che siamo in presenza di una «nostalgia di Dio». In questo quadro occorre una progettualità concreta. Non si tratta di allargare i compiti delle parrocchie, ma di formare comunità che sappiano rispondere alle sfide di oggi.Il cardinale Bagnasco sollecita alla «pastorale degli ambienti», attuata con il prezioso contributo di associazioni e movimenti.Ci sono ambiti del quotidiano che talvolta possono restare ai margini nelle agende parrocchiali: penso, ad esempio, al lavoro, alla scuola, ai luoghi della sofferenza. Invece è proprio lì che si giocano i destini delle persone. Allora occorre che il territorio della parrocchia includa anche gli ambienti della vita ordinaria. Di fatto, serve integrare le prospettive.Nella Prolusione si fa riferimento anche a una «migliore creatività» da parte della comunità ecclesiale. In che senso?La parola «creatività» rimanda all’impegno a realizzare qualcosa di nuovo e quindi a non affidarci soltanto a schemi del passato. Implicito è il richiamo alla corresponsabilità come risposta a quanto il Signore suscita intorno a noi. Certo, il nostro compito è dire il Risorto parlando al cuore, inteso come centro delle scelte.Il presidente della Cei definisce la Chiesa un’«avanguardia» in relazione ai principi non negoziabili. Come tradurre questa parola in impegno?Viviamo un momento in cui le scelte culturali, sociali e politiche avranno un forte impatto sul futuro. In questo contesto la comunità cristiana deve offrire idee di fondo che, poi, sono quelle mutuate dal Vangelo. In fondo la via che Cristo ci indica è la migliore per ogni tempo.
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