sabato 7 settembre 2013
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«La veglia di preghiera e digiuno proclamata da Papa Francesco è veramente una intuizione che viene dallo Spirito Santo. Pregare appartiene all’essenza della nostra fede». Il cardinale Jean-Louis Tauran è presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ed in questa veste ha accettato volentieri di parlare con Avvenire dell’iniziativa lanciata per stasera da papa Francesco, al ritorno da un viaggio in Giordania dove ha partecipato al Summit sulla condizione dei cristiani in Medio Oriente promossa dalla monarchia hascemita. Ma è anche un appassionato lettore di libri di storia e quindi subito aggiunge: «In questi giorni sto leggendo il libro di Jean-Paul Roux "Un choc de religions: la longue guerre de l’islam et la chrétienté, 622-2007" e in esso si cita Niccolò Machiavelli che nella sua commedia La Mandragola mette in scena una donna che chiede ad un religioso: "Lei crede davvero che i turchi verranno in Italia in questa estate?" Il monaco risponde: "Sì, se lei non prega". Oggi i tempi e le contingenze storiche sono ovviamente molto diverse, ma rimane il fatto che la forza di noi cristiani si trova essenzialmente nella preghiera».Eminenza, come è stata accolta in Giordania l’iniziativa del Papa?Sono stato io stesso ad annunciare l’iniziativa del Papa davanti all’assemblea plenaria dell’incontro. La notizia è stata accolta entusiasticamente. Il re Abdallah - insieme alla regina Rania - era stato ricevuto dal Papa a Roma nei giorni precedenti ed era rimasto molto contento dell’udienza. In genere i musulmani che ho incontrato sono fiduciosi in questo Papa e affermano che con lui il dialogo potrà fare passi in avanti.Come hanno accolto i leader musulmani l’appello del Pontefice?Hanno genericamente detto che si uniranno al gesto del Papa. Ma non ho sentito di iniziative specifiche. Il vescovo cattolico Maroun Elias Lahham, vicario patriarcale per la Giordania, ha organizzato una grande cerimonia. Devo dire che la Chiesa locale è molto vivace e gode di grande libertà.Come è andato il Summit?La cosa che più mi ha colpito è la sincerità e la libertà di parola degli interventi. Il re, che ci ha ricevuto, si è presentato come il protettore dei cristiani e ha invitato i presenti a dire le proprie aspirazioni e le proprie difficoltà in modo da poterli aiutare. Il sovrano ha quindi aggiunto che i cristiani sono un fattore di stabilità della regione e alla fine mi ha pubblicamente consegnato una onorificenza. Negli interventi tutti, anche i musulmani, hanno sottolineato che i cristiani sono a casa loro in questa parte del mondo. E tutti hanno confermato che la presenza dei seguaci di Gesù è un fattore di stabilità nella regione.Lei cosa ha detto?Da parte mia ho elencato tre priorità. Innanzitutto l’esigenza che i membri delle varie confessioni religiose vivano non tanto "uno accanto agli altri", ma "uno con gli altri". La seconda è quella di continuare il dialogo interreligioso, ma in modo credibile; come è possibile infatti parlare di dialogo positivo quando da una parte si parla e dall’altra si lanciano bombe nelle chiese in cui si svolgono funzioni liturgiche? È necessario che i leader musulmani siano più "outspoken", più diretti, nel denunciare questi atti terroristici compiuti da loro correligionari. La terza è quella di fare tutto il possibile affinché i cristiani rimangano e non lascino la terra dove sono nati. Ovviamente questo aspetto è drammaticamente condizionato oggi dalla guerra in Siria e, in modo più cronico, dal conflitto israelo-palestinese.Che conclusioni ha tirato da questo incontro di Amman?Questa: noi possiamo parlare, possiamo fare delle belle dichiarazioni, però non siamo ancora riusciti a far passare a livello legislativo e di regolamenti amministrativi e della strada i piccoli passi che abbiamo ottenuto nel dialogo col mondo musulmano. Speriamo che l’odierna giornata di preghiera ci ottenga che le parole si trasformino anche in atti concreti che aiutino la presenza dei cristiani nella Terra che ha ospitato la missione terrena di Gesù e dei suoi primi apostoli.Anche da ex-ministro degli esteri vaticano come valuta la crisi siriana?Quello che sta succedendo in Siria più dura e più si complica. Credo che si debba tornare al dialogo sincero e al diritto internazionale. La cosa che più mi impressiona è che ormai tutti parlano di "lenta agonia". Questo e molto triste. Speriamo, e soprattutto preghiamo il Signore, che non sia davvero così.
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