sabato 16 marzo 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Conta certamente la data in cui papa Francesco è stato eletto: il 13 marzo 2013. Ma forse la scelta del 266° successore di Pietro va collocata anche nel tempo forte che la Chiesa sta vivendo: la Quaresima. Quasi che questa coincidenza sia un invito alla conversione per l’intera comunità ecclesiale. «Più che di coincidenza, parlerei di esperienza», sostiene suor Maria Rita Piccione, la religiosa dell’Ordine di Sant’Agostino che è preside della Federazione dei monasteri agostiniani d’Italia.Dalla clausura dei Santi Quattro Coronati a Roma dove ha sede la casa comune di formazione per le novizie e le professe agostiniane della Penisola, la contemplativa spiega che cosa intenda per «esperienza». «Tutti abbiamo sperimentato e sofferto un "vuoto" durante il periodo della Sede vacante. Nella scelta del nuovo del Papa, che ha colmato quel vuoto, abbiamo riconosciuto un segno dell’amore del Padre che non abbandona i suoi figli e non li lascia privi di una guida che li orienti. È proprio questo amore di Dio, che instancabile ci viene incontro, la leva di ogni autentica conversione, il fulcro di ogni rinnovamento».Alla mente della religiosa torna un’espressione del santo vescovo di Ippona: «Dio amandoci ci rende amanti». «Ecco – sottolinea suor Maria Rita –, la gratuità dell’amore del Signore ci libera dall’attaccamento a noi stessi. E il cammino di conversione, per mantenere la marcia, ha bisogno di liberarsi di nuovo dal freno dell’egoismo. Questa esperienza diventa allora invito a proseguire con rinnovato impegno il cammino iniziato, nella consapevolezza che ci "sono movimenti che ci tirano indietro", ha ricordato giovedì papa Francesco durante la Messa con i cardinali elettori nella Cappella Sistina».Alla religiosa, originaria del Senese, Benedetto XVI aveva affidato nel 2011 le meditazioni della Via Crucis al Colosseo. Testi che ripresi in mano in questi primi giorni di pontificato di Francesco mostrano una straordinaria consonanza con i gesti e le parole del nuovo Papa. Nella seconda stazione, ad esempio, si rifletteva sull’obbedienza di Gesù che si carica della Croce mentre il cuore dell’uomo «guarda in basso, al suo piccolo mondo» e «resta cieco alla mano del povero e dell’indifeso». E papa Francesco, che da cardinale si è fatto spesso prossimo verso i «dimenticati», ha già invitato alla fratellanza e ad annunciare la misericordia del Padre. «Il cuore che non sa aprirsi è un cuore indurito – prosegue la monaca agostiniana –. E come può recuperare la vista, la sensibilità, la capacità di accoglienza? Ciò avviene quando per grazia inciampa e resta impigliato nella propria indigenza e limitatezza; quando riconosce e soffre per la propria debolezza. Allora alza, umiliato, lo sguardo mendicando aiuto. E nella traiettoria di quel movimento incontra lo sguardo misericordioso del Padre che già "versa" in sovramisura il suo aiuto. Questo per dire che finché abbiamo cuori di coccio, non frantumati e ricomposti dalla misericordia di Dio, non potremo andare incontro a chi è in difficoltà. Perché non riconosciamo la difficoltà. E troveremo sempre validi motivi per allontanare da noi quella difficoltà altrui che inconsciamente rimanda alla nostra, anche se di genere diverso. Invece un cuore misericordioso, osservava Isacco di Ninive, si scioglie al solo udire o vedere un danno o anche la piccola sofferenza di qualche creatura».Nell’introduzione alla Via Crucis veniva citata una frase di Agostino: «Nessuno può attraversare il mare di questo secolo, se non è portato dalla Croce di Cristo». Ai cardinali elettori papa Bergoglio ha additato il «coraggio di camminare» con il legno che salva. «Il Pontefice – sottolinea suor Maria Rita – ci ha ricordato che solo confessando Cristo crocifisso possiamo attraversare il mondo, cioè la mondanità, senza restare imprigionati dai suoi tentacoli e dunque perdere l’identità di discepoli. Lasciarsi portare dal legno della Croce attraverso le tempeste di questo mondo è allora entrare nella logica del chicco di grano, del dimenticarsi per donarsi, del seppellire il patrimonio del "proprio egoistico" per portare alla luce il puro dono di sé. E questo nelle varie circostanze della nostra vita».Le meditazioni al Colosseo si aprivano col riferimento all’«umile Gesù», locuzione cara ad Agostino. E papa Francesco richiama nel suo nome l’umiltà, sigillo del santo di Assisi, unendola nel suo primo saluto alla preghiera. «Siamo creature finite, segnate dal limite ma abitate da una sete di infinito – chiarisce la religiosa –. La preghiera è la nostra bocca aperta per essere dissetati. Ma se non riconoscessimo di avere sete, apriremmo la bocca? Ecco l’umiltà: riconoscere che soffriamo la sete e che da soli non possiamo saziarla. C’è un suggestivo appello che papa Francesco – ancora cardinale – rivolge al lettore della prefazione al libro Il tempo della Chiesa secondo Agostino di don Giacomo Tandardini. Lì invita «a salire come Zaccheo sull’albero dell’humilitas». Zaccheo è piccolo ma vuol vedere Cristo che passa. Così si issa sull’albero. E grazie a quella postazione – commenta il cardinale citando sant’Agostino – "Zaccheo fu guardato da Gesù, e allora vide". Grazie a quella postazione accadde un incontro. L’umiltà è via all’incontro con Dio. Ed è nella preghiera che accade l’incontro».All’inizio della Via Crucis del 2011 si parlava di «ora delle tenebre» in cui «le lusinghe del successo soffocano l’intimo richiamo dell’onestà», «il vuoto di senso e di valori annulla l’opera educativa», «l’uomo smarrisce la via che l’orienta al Padre». Sembra quasi di leggere le sfide che adesso attendono la Chiesa. «Per affrontarle occorre partire dal volto bello dell’umano – evidenzia suor Maria Rita –. La bellezza attrae quando la si vede, quando la si incontra personalmente. Ecco il potere di contagio della testimonianza. Gesù è il bellissimo tra i figli dell’uomo. Attraverso il Vangelo e l’Eucaristia continua a contagiare. I suoi somigliantissimi, cioè i santi di ieri e quelli che oggi ci camminano accanto più o meno in incognita, ci attraggono. Così la Chiesa, attraverso i suoi membri a partire dal successore di Pietro, può orientare l’uomo a riscoprire "il volto bello della propria umanità": incarnandolo, facendolo proprio, vivendolo. Abbracciando la verità senza scendere a compromessi e nella disponibilità a perderci sempre qualcosa di proprio. Del resto la menzogna, l’ipnosi del successo o del potere, il vuoto di senso, il disordine del cuore sono alcune tra le tante declinazioni dell’allontanamento dell’uomo dalla verità di sé, quella verità custodita nel Signore».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: