mercoledì 27 maggio 2020
La preghiera mariana recitata dall’arcivescovo Lorefice con brani tratti anche dall’Esortazione apostolica. Dal lavoro a rischio a famiglie, anziani, immigrati, attenzione agli effetti della pandemia
Il Rosario a Palermo

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I«In questa situazione inedita in cui tutto sembra vacillare… La preghiera del Rosario è la preghiera degli umili e dei santi che contemplano la vita di Gesù, volto misericordioso del Padre». Usa parole di papa Francesco, l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, per rivolgersi in forma di preghiera alla Vergine, introducendo il Rosario per l’Italia promosso da Avvenire, Tv2000, InBlu radio, Sir, Fisc e Corallo d’intesa con la segreteria generale della Cei, trasmesso mercoledì sera da Tv2000 e Inblu radio.

Questa volta il pellegrinaggio mariano dei media Cei ha fatto tappa in Sicilia nella Basilica di San Francesco a Palermo.

L’arcivescovo Lorefice ha scelto la forma della preghiera per introdurre questo momento dedicato alla Vergine, assemblando alcuni versi tratti da san Francesco d’Assisi, da san Bernardo e, come detto, da papa Francesco. E di quest’ultimo, ieri sera, si è scelto di utilizzare anche alcuni brani tratti dall’Esortazione apostolica Evangelii gaudium per commentare le letture che hanno raccontato uno dopo l’altro i cinque Misteri gloriosi. Una scelta che ha voluto sottolineare la missionarietà della Chiesa inviata da Gesù nel momento della sua Risurrezione e che nell’Esortazione apostolica scritta da papa Francesco ritroviamo pensata per i nostri giorni. Un testo, tra l’altro, programmatico del pontificato da Bergoglio. Era il 24 novembre 2013, pochi mesi dopo la sua elezione.

Ad ogni decina del Rosario è stata abbinata un’intenzione di preghiera. E così si è pregato perché «la Chiesa diventi sorgente e principio di una nuova esperienza di comunità interamente legata all’assiduo ascolto della Parola di Dio e alla Comunione con l’unico pane e l’unico calice». Nel secondo Mistero il pensiero è andato «per tutti coloro che a causa della pandemia conoscono il dramma della perdita del lavoro, per gli immigrati, per coloro che sono ritenuti ultimi nella società, per chi non ha voce». Nel terzo ecco la preghiera perché «il tempo difficile dello smarrimento diventi inizio di una primavera vocazionale di persone che, allo stesso modo del discepolo amato che accoglie la Madre ai piedi della croce, con la luce del Vangelo, conducano il gregge oltre la valle oscura della paura e dell’angoscia». Nel quarto l’intenzione è stata legata alla famiglia perché «sia datrice di vita», mentre nel quinto si è pregato sia per i giovani «chiamati ad essere albe di speranza», sia per gli anziani, «custodi della memoria: imparino a raccontarsi e condividere in questo tempo difficile paure e speranze, ricordi e sogni e soprattutto a raccontarsi la fede in Gesù, la sua vita, la sua passione, morte e risurrezione da cui promana il profumo che ci unisce e ci fa rifiorire».

E al termine, l’arcivescovo Lorefice, come aveva fatto per la sua introduzione, ha voluto concludere il Rosario con la recita della preghiera da lui composta “in questo tempo di prova”, che ha cadenzato tutto il lungo periodo del lockdown, durante il quale il pastore della Chiesa palermitana ha recitato dal balcone dell’episcopio l’Angelus seguito da questa preghiera: «Sotto la Sua materna e solerte protezione deponiamo con fiducia i nostri cuori smarriti, le nostre famiglie, le nostre città e il mondo intero, in questi giorni di tribolazione».

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