giovedì 9 ottobre 2014
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C’è già un po’ di mediatica delusione tra gli zelanti "devoti" che da mesi guardavano al Sinodo sulla famiglia come a una rissosa riunione di condominio. Gli uni contro gli altri a sbraitare reciproche accuse, in un clima di intolleranza e di condanne: «Sia anatema a voi, propugnatori di misericordioso lassismo». «No, pentitevi voi, oltranzisti della verità». Spiace veder naufragare queste attese da scontro western. Il dibattito non manca, certo. Tra i quasi 150 padri sinodali già intervenuti, in tanti hanno posto l’accento sul problema dei divorziati risposati, mettendo in luce sia l’esigenza dell’accoglienza e del dialogo – che a tutti appare inderogabile – sia la necessità di salvaguardare il principio dell’indissolubilità. Ma nessun intervento è apparso teso ad affermare una tesi univoca. Nessun intervento è apparso costruito senza tener conto della complessità e della vastità del problema da affrontare. Anzi, la maggior parte degli interventi sono stati improntati al rispetto e alla mitezza, nello sforzo palese di non dimenticare alcuna delle tante correlazioni – l’aspetto teologico, ma anche quello pastorale, sociale, educativo e così via – legate a un tema così delicato. A riprova che la pretesa di ridurre un Sinodo così importante e così ambizioso – vista la vastità degli argomenti in campo – a una disfida tra tradizionalisti e progressisti, era solo un giochetto per osservatori ingenui. O in malafede. Si parla di tanto – non solo di divorziati risposati – con profondità e toni pacati. Al centro il bene della Chiesa e il futuro della famiglia. Accidenti. Previsioni fallite.
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