giovedì 4 giugno 2015
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Ormai ci siamo. L’attesa enciclica sociale di papa Francesco sarà pubblicata giovedì 18 giugno. La data, che rispetta la stima di massima fornita ai giornalisti dallo stesso Pontefice a gennaio scorso tornando dalle Filippine, è stata pubblicata ieri dalla Sala Stampa vaticana. Per «evitare confusioni dovute alla diffusione di informazioni non confermate», si legge nella breve nota diffusa ai vaticanisti. «Le modalità della presentazione pubblica – prosegue il comunicato – verranno rese note sul Bollettino della Sala Stampa nel corso della prossima settimana».Negli ultimi tempi le voci sulla data di pubblicazione e sui contenuti del documento pontificio si erano moltiplicate. Qualcuno aveva ipotizzato che il giorno prescelto potesse essere l’11 giugno, National Day del Vaticano all’Expo di Milano, data l’affinità tra gli argomenti che si suppone saranno contenuti nell’Enciclica e il tema della kermesse mondiale in atto nel capoluogo lombardo. L’annuncio della Sala Stampa contribuisce dunque a fare chiarezza.Naturalmente resta il riserbo sul contenuto del testo. E anche sul titolo, ancora non annunciato in maniera ufficiale (anche se alcune anticipazioni ufficiose della scorsa settimana parlano di una consonanza con il Laudato sii di san Francesco d’Assisi). Diverse, autorevoli voci, tra le quali quelle dei cardinali Oscar Rodriguez Maradiaga e Peter Turkson (rispettivamente arcivescovo di Tegucigalpa e presidente del Pontificio Consiglio "Giustizia e Pace") hanno però sottolineato che l’Enciclica si muoverà su un piano etico e pastorale e che non bisogna dunque attendersi prese di posizione su questa o quella dottrina scientifica in materia ambientale. In alcuni ambienti statunitensi, infatti, sono stati mossi recentemente dei rilievi al testo, ancor prima di conoscerlo.Ben noto fin dall’inizio del Pontificato è invece il magistero di Papa Francesco in tema di salvaguardia del creato. Un magistero incentrato soprattutto su due concetti chiave. La necessità della custodia, da un lato, e la lotta alla cultura dello scarto dall’altro. In pratica di fronte all’evidenza che l’azione incessante dell’uomo – specie negli ultimi 150 anni – ha avuto un impatto fortissimo sulla natura e potrebbe avere conseguenze dagli esiti potenzialmente disastrosi, il Papa in questi due anni ha richiamato tutti alle proprie responsabilità.Francesco ha indicato all’uomo contemporaneo un comportamento da tenere e una condotta da evitare. Il primo è appunto l’atteggiamento del custode, di chi si prende cura, di chi non considera il creato e le creature come risorse da sfruttare in maniera intensiva e sciagurata, ma come un giardino da coltivare. La seconda è la tendenza di chi invece scarta tutto ciò che non gli serve. Nel recente discorso alle Acli, il Pontefice ha fatto nuovamente l’elenco degli scarti: «Si scartano i bambini, perché non si fanno: si sfruttano o si uccidono prima di nascere; si scartano gli anziani, perché non hanno la cura dignitosa, non hanno le medicine, hanno pensioni miserabili. E adesso, si scartano i giovani. Pensate a quel 40%, o un po’ di più, di giovani dai 25 anni in giù che non hanno lavoro: sono materiale di scarto, ma sono anche il sacrificio che questa società, mondana e egoista, offre al dio-denaro, che è al centro del nostro sistema economico mondiale». Tra gli scarti, inoltre, il Pontefice ha messo anche lo spreco del cibo, cioè «rubare il pane dalla tavola dei poveri».La cultura dello scarto è dunque, secondo il Papa, il contrario dell’atteggiamento di custodia. Ricorda invece il comportamento di Caino, cioè quel «a me che importa» che è all’origine di tanti mali. Anche della guerra, come Bergoglio disse a Redipuglia, nel settembre scorso. La stessa notazione può essere messa alla base di molti problemi ecologici. A me che importa della deforestazione, dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento delle acque, della desertificazione, dello scioglimento dei ghiacci polari, della massiccia immissione di gas serra nell’atmosfera? A me che importa se questi fenomeni provocano inondazioni, siccità e carestie?». «A me che importa se tutto ciò che non mi serve - bambini nell’utero materno, vecchi, operai in esubero, giovani che non posso collocare nel mondo del lavoro - viene scartato?». L’importante è sacrificare al dio-denaro. Ecco perché il Papa ha collegato spesso l’ecologia ambientale con quella umana come già in passato avevano fatto i suoi predecessori. «Noi stiamo vivendo un momento di crisi; lo vediamo nell’ambiente, ma soprattutto lo vediamo nell’uomo», disse ne giugno 2014. È probabile che lo ripeta anche nell’enciclica.
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