domenica 10 giugno 2018
Il giornalista Luciano Moia indaga la recezione dell'enciclica di Paolo Vi a 50 anni dall'uscita
Paolo VI

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Pubblichiamo ampi stralci della prefazione di don Maurizio Gronchi, docente di cristologia all’Urbaniana, consultore della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, al libro del giornalista di Avvenire, Luciano Moia, “Il metodo per amare. Un’inchiesta. L’Humanae vitae cinquant’anni dopo” (San Paolo, pagine 150, euro 15).

Riprendere in mano l’enciclica Humanae vitae dopo mezzo secolo equivale a rompere un tabù: è come infrangere quel muro di silenzio che si è innalzato dopo il gran clamore che seguì la sua promulgazione, per vedere meglio, con sguardo più sereno ed equilibrato i suoi contenuti e le sue implicazioni. Oggi gran parte dei fedeli che frequentano le chiese non sembrano interessarsene, i più giovani probabilmente la ignorano. I pastori e i teologi rimangono generalmente in silenzio: se ne parlano, sempre sottovoce però, raramente è per rileggerla e spiegarla. Quella che alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, poco dopo il Concilio Vaticano II, rappresentava una effettiva apertura e una coraggiosa svolta nella visione della sessualità nella vita coniugale – la paternità e la maternità responsabile e la regolazione naturale della fertilità –, in realtà si era subito rivelata una pietra d’inciampo: tutta l’attenzione era attirata dal “no alla pillola”.

Come avviene sovente quando si aprono nuove strade, c’è chi avanza con ardore ed entusiasmo, e chi rallenta e frena per paura. Così è avvenuto negli anni successivi la stagione conciliare. La complessa ricezione di Humanae vitae potrebbe essere spiegata anche all’interno di questo clima. A cominciare dalle reazioni degli episcopati, nelle varie parti del mondo, l’ultima enciclica di Paolo VI fu accolta in modo differenziato: in Europa e negli Stati Uniti negativamente, per il timore della crescita eccessiva della popolazione; in America Latina favorevolmente, a causa della paura della sterilizzazione programmata. Richiamandone l’autentica ispirazione, papa Francesco – nel suo incontro con le famiglie nelle Filippine – ha ricordato l’intuizione profetica che aveva guidato papa Montini (Manila, 16 gennaio 2015). Le considerazioni di papa Francesco hanno una straordinaria attualità. Da una parte, nella vecchia Europa la natalità è decisamente in crisi: la generatività necessita di essere riscoperta, rimotivata, coraggiosamente affrontata. D’altra parte, nel segreto del confessionale i fedeli con alle spalle un matrimonio fallito si presentano di nuovo, con la speranza di essere accolti e accompagnati, specialmente dopo l’Esortazione Amoris laetitia.

Non è affatto casuale che, sebbene nelle due assemblee sinodali sulla famiglia non siano stati apertamente ripresi gli aspetti più controversi di Humanae vitae, nell’Esortazione post-sinodale siano invece presenti due capitoli dedicati alla generatività (cap. V: “L’amore che diventa fecondo”) e ai figli (cap. VII: “Rafforzare l’educazione dei figli”). Con linguaggio diverso, la fecondità e la responsabilità genitoriale sono ancora al centro della pastorale familiare (...). Oltre al plauso per la generosa apertura alla vita da parte di molti coniugi, si annota: «Questo non implica dimenticare una sana avvertenza di san Giovanni Paolo II, quando spiegava che la paternità responsabile non è “procreazione illimitata o mancanza di consapevolezza circa il significato di allevare figli, ma piuttosto la possibilità data alle coppie di utilizzare la loro inviolabile libertà saggiamente e responsabilmente, tenendo presente le realtà sociali e demografiche così come la propria situazione e i legittimi desideri”» (Al 167). Inoltre, relativamente alla scelta responsabile della genitorialità, papa Francesco fa proprio il n. 63 della Relatio finalis del Sinodo 2015: «Conformemente al carattere personale e umanamente completo dell’amore coniugale, la giusta strada per la pianificazione familiare è quella di un dialogo consensuale tra gli sposi, del rispetto dei tempi e della considerazione della dignità del partner. In questo senso l’Enciclica Humanae vitae (cfr. 10-14) e l’Esortazione apostolica Familiaris consortio (cfr. 14; 28-35) devono essere riscoperte al fine di ridestare la disponibilità a procreare in contrasto con una mentalità spesso ostile alla vita […].

La scelta responsabile della genitorialità presuppone la formazione della coscienza, che è “il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità” ( Gaudium et spes, 16). Quanto più gli sposi cercano di ascoltare nella loro coscienza Dio e i suoi comandamenti (cfr. Rm 2,15), e si fanno accompagnare spiritualmente, tanto più la loro decisione sarà intimamente libera da un arbitrio soggettivo e dall’adeguamento ai modi di comportarsi del loro ambiente» (Al, 222).

Siamo di fronte a uno sviluppo nella comprensione pastorale della vita familiare: la sfida della generatività ha bisogno di essere accolta e accompagnata nella luce dell’autentica vocazione e missione familiare. Perciò è lecito porre domande e cercare risposte, anzitutto rileggendo i testi, soffermandosi a riflettere, senza irrigidimenti o pregiudizi. Il tono pacato e la piana disamina delle questioni storiche, teologiche e pastorali che accompagnano la lettura del libro consentono di concludere che il cammino delle famiglie continua lungo la strada aperta dal Concilio Vaticano II, proseguita con Humanae vitae e oggi con Amoris laetitia.

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