giovedì 28 marzo 2013
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​«Per la prima volta nella storia, le redazione delle meditazioni per la Via Crucis del Venerdì Santo è stata affidata a dei giovani. Ma anche a una nazione precisa, il Libano». Non nasconde la sua felicità padre Toufic Bou Hadir, coordinatore della pastorale dei giovani presso il patriarcato maronita. Le meditazioni che ha curato con decine di giovani libanesi – molti dei quali giunti martedì a Roma – saranno lette domani sera al Colosseo, non alla presenza del Papa che le aveva «commissionate» a gennaio, ma del suo successore.Con quali sentimenti parteciperete al rito?Con una forte commozione perché ci sentiamo nel cuore della Chiesa universale. Questa celebrazione, una delle prime del nuovo Papa, viene ad acquisire per noi un valore aggiuntivo, che vede i giovani rappresentare un ponte tra i due Papi. È così che abbiamo interpretato la rinuncia di papa Benedetto XVI che ha coinciso con il giorno in cui abbiamo consegnato le meditazioni alla Curia romana.Come è stato organizzato il «lavoro»?Le singole stazioni della Via Crucis sono state affidate, tirando a sorte, a giovani delle differenti Chiese cattoliche presenti in Libano (maronita, greco-cattolica, caldea, siro-cattolica, armeno-cattolica, copta e latina) come pure ai movimenti giovanili cattolici: studenti universitari, studenti dei licei, movimenti apostolici, associazioni sociali, di sostegno ai portatori di handicap, ai seminaristi, e ai gruppi di dialogo ecumenico. Ogni gruppo è partito dal brano del Vangelo relativo alla stazione a lui affidata e ha sviluppato le sue meditazioni alla luce degli avvenimenti che vivono le popolazioni del Medio Oriente e le attese dei giovani. Avete attinto molto alle liturgie orientali...Naturalmente. I testi riportano diverse citazioni di Padri della Chiesa orientali, ma anche brani liturgici delle tradizioni antiochena, alessandrina e bizantina. In diversi punti si fa riferimento all’Esortazione apostolica post sinodale «Ecclesia in Medio Oriente» consegnata da papa Benedetto XVI nel corso del suo ultimo viaggio in Libano, lo scorso settembre. Inoltre, le meditazioni sono state arricchite con delle riflessioni composte in gruppo.C’è stata una revisione generale?Prima della consegna i testi sono stati letti, come aveva chiesto papa Benedetto, dal patriarca maronita, cardinale Béchara Boutros Raï, il quale ha apprezzato il lavoro ritenendolo in grado di esprimere la realtà dell’umanità dal punto di vista orientale.Qual è il messaggio principale di queste meditazioni?Le meditazioni sono un appello a favore della pace e un grido contro ogni sorta di ingiustizia commessa dai tanti «Pilato» del mondo contemporaneo contro i deboli. Purtroppo le popolazioni del Medio Oriente hanno conosciuto, e conoscono ancora oggi, solo guerre e distruzioni. Proprio a partire da questa esperienza personale, i giovani libanesi hanno potuto meditare sul valore della sofferenza di Cristo, come valore redentivo, esprimendosi anche a nome di quanti soffrono in tutto il mondo ma trasmettendo loro la speranza della risurrezione.Con quale spirito i giovani hanno lavorato?Tengo a precisare che i giovani, tutti di età compresa tra 17 e 35 anni, non hanno lavorato su un «compito». Tutti hanno proceduto dopo esercizi spirituali o un momento di preghiera. Le meditazioni sono state perciò elaborate con spirito di riconoscenza per l’attenzione che la Chiesa di Roma ha riservato, attraverso questo gesto, alle ansie del Medio Oriente, ma anche con spirito di testimonianza che conferma il Libano nel suo ruolo di «Paese messaggio», come lo ha definito Giovanni Paolo II, capace di testimoniare l’amore di Cristo a tutti gli uomini.Appuntamento allora al Colosseo...Questo luogo che rappresenta la morte di moltissimi cristiani assomiglia per certi versi al nostro martoriato Medio Oriente. Ma noi sappiamo che le stazioni non terminano con la morte di Cristo e in alcune liturgie orientali si inserisce addirittura una quindicesima stazione: la risurrezione. Tutto il valore delle riflessioni è incentrato sulla risurrezione, sulla domenica, perché la storia non si ferma al venerdì. Come il chicco di grano, noi moriamo per risuscitare e dare molto frutto.
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