sabato 19 novembre 2016
Si chiude l'Anno santo ma continua la misericordia. Parla il presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione
Papa Francesco apre la Porta Santa. In un anno sono arrivati a Roma oltee 21 milioni di pellegrini

Papa Francesco apre la Porta Santa. In un anno sono arrivati a Roma oltee 21 milioni di pellegrini

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Sotto le finestre del suo ufficio, in via della Conciliazione, li ha visti passare tutti i giorni. Uomini e donne, anziani e giovani, gruppi e singoli, sulle proprie gambe o seduti in una carrozzina spinta da mani amorevoli. In una parola pellegrini. Ventuno milioni. Ma ora che quel fiume ininterrotto è giunto alla foce di un Giubileo straordinario in tutti i sensi, l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione (il dicastero vaticano che ha gestito gli aspetti organizzativi), sottolinea: «Sono stato testimone di quanto la misericordia abbia toccato il cuore delle persone, che si sono sentite abbracciare dalla tenerezza e dall’amore di Dio».



Eccellenza, si chiude la Porta Santa, ma non la misericordia.

Effettivamente. Ora, anzi, si spalanca l’impegno della Chiesa. E sono convinto che papa Francesco ci darà ancora tante indicazioni, a cominciare dalla sua Lettera Misericordia et Misera, che presenteremo domani.

Si può parlare di una vera «rivoluzione culturale» operata dall’Anno Santo?
Sì. Prendere sul serio il messaggio che papa Francesco ha voluto darci, significa recuperare quei segni semplici e quotidiani che consentono di assumere uno stile di vita diverso. Le opere di misericordia corporale e spirituale sono situazioni presenti nella nostra vita tutti i giorni e spesso non ce ne accorgiamo. Dunque noi abbiamo in mano la possibilità di cambiare il mondo. Ecco perché è una «rivoluzione culturale». La misericordia, infatti, cambiando il cuore delle persone, cambia anche la mente e fa comprendere che come sei toccato da essa, devi diventare strumento di misericordia.


21 milioni di pellegrini a Roma sono pochi o molti?
Sono tantissimi, se si calcola che il Giubileo si è celebrato per la prima volta anche nelle diocesi. Stiamo facendo fare uno studio specialistico per cercare di capire approssimativamente quanti fedeli nel mondo hanno attraversato le Porte Sante. E penso che i numeri saranno sorprendenti.


Eppure c’è chi parla di flop
Chi lo dice o è in cattiva fede, oppure si lamenta di non aver guadagnato secondo le aspettative. Ma Giubileo non è uguale a «guadagno» e il pellegrino non è il turista. Quel percorso protetto che in via della Conciliazione conduceva alla Porta Santa indicava il desiderio di vivere un’esperienza di preghiera e di spiritualità profonda. E comunque anche sotto il profilo economico, sarei curioso di vedere i risultati di un’indagine approfondita da parte di chi – ad esempio la guardia di Finanza – ha tutti gli strumenti per verificare se è stato veramente un flop.


Il “Giubileo diffuso” che risultati ha dato?
È stato un evento di conversione. I missionari della misericordia mi hanno raccontato di persone che non si accostavano al confessionale da 40 anni e che alla fine hanno chiesto al confessore di poterlo abbracciare. Il Giubileo ha toccato il cuore delle persone e la misericordia è tornata ad essere il cuore pulsante della vita della Chiesa.


Si può fare una stima di quante Porte Sante sono state aperte?
È difficile, anche perché in alcune diocesi ne sono state aperte anche trenta. Ma spero che dopo lo studio cui accennavo riusciremo ad avere delle risposte più precise. Ad ogni modo più di 10mila porte sicuramente.


Qual è stato a suo avviso il momento più bello?
Momenti ce ne sono stati tantissimi. Io sono rimasto commosso dal fiume di pellegrini da tutto il mondo che con la croce andavano verso la Porta Santa. Oppure il milione di persone che sono sfilate davanti alle reliquie di Padre Pio e Padre Leopoldo. E poi la canonizzazione di Madre Teresa. È stata un’emozione vedere in mezzo al caos della città persone che pregavano e cantavano e che costituivano una «provocazione» per tutti. La vicinanza a papa Francesco mi ha consentito di toccare con mano la sua umanità in tutte le situazioni dei venerdì della misericordia. Ho incrociato tanti occhi pieni di lacrime. E non scorderò quella mamma del reparto di neonatologia che aveva perduto uno dei due gemellini nati prematuri. La misericordia come tenerezza, commozione, consolazione non si dimentica.


Tra i momenti più significativi c’è anche la Gmg di Cracovia?
Certamente. Mi sembrava di essere ritornato a Roma 2000. Stesso clima, stesso entusiasmo, lo stesso messaggio. E poi vorrei ricordare la giornata mondiale degli adolescenti ad aprile qui a Roma, nel corso della quale il Papa ha fatto un altro dei gesti che resteranno nella storia di questo Anno Santo: confessare i ragazzi in piazza San Pietro. Indimenticabile.


Il Giubileo ha segnato anche un riavvicinamento ecumenico?
Sicuramente. Francesco ha posto alcuni segni molto forti: l’incontro con Kirill a Cuba e il viaggio in Svezia di qualche settimana fa. La misericordia ha una valenza ecumenica di straordinaria importanza, perché è l’essenza del Vangelo.


Per la conclusione del Giubileo il Papa ha convocato un Concistoro per la creazione di nuovi cardinali. C’è un messaggio anche in questa scelta?
Credo che il Papa abbia voluto ribadire che non c’è nessuno che non possa essere raggiunto dalla misericordia di Dio. Leggo così le nomine, ad esempio, del primo cardinale di Papua Nuova Guinea o dell’arcivescovo di Bangui, città in cui è stata aperta la prima Porta Santa. Lì dove ci sono i più poveri, le persone da consolare, uomini e donne che soffrono, dobbiamo far sentire la vicinanza di Dio.

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