mercoledì 29 luglio 2020
I nuovi manuali confermano un nuovo approccio nei percorsi di formazione. Nei nuovi testi l'obiettivo di offrire ai candidati un'unità interiore tra identità e ministero
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Padre Pino Piva, gesuita, esperto di percorsi di accompagnamento pastorale con le persone omosessuali, riflette sulla novità rappresentata dall'uscita di tre nuovi saggi dedicati alla formazione dei candidati al sacerdozio e alla vita consacrata con orientamento omosessuale oppure che manifestano il desiderio di comprendere meglio situazioni di disagio alla propria identità sessuale.

Devo dire che, come accompagnatore spirituale che spesso si trova ad incontrare persone omosessuali e – tra queste – anche seminaristi, consacrati in formazione, sacerdoti e religiose, sono molto contento di vedere in quest’ultimo anno la pubblicazione di ben tre contributi autorevoli sul tema dell’accompagnamento di consacrati in formazione, seminaristi o presbiteri omosessuali. Ciò che mi conforta di più, poi, è constatare che questi contributi sono decisamente complementari e hanno prospettive molto convergenti a partire da presupposti antropologici, teologici e pastorali comuni, assolutamente comuni.

Sto parlando di Omosessualità e sacerdozio, questioni formative di don Stefano Guarinelli (Àncora, 2019); Percorsi vocazionali e omosessualità di Chiara D’Urbano (di cui parliamo nell’articolo qui sopra); L’accompagnamento dei presbiteri con orientamento omosessuale, un approccio morale e pastorale di don Paolo Pala ( Tau, 2020, prefazione di Salvatore Izzo).

La prima cosa che si nota in tutti i contributi è un approccio al tema dell’omosessualità in ambito ecclesiale e formativo decisamente distante da quelli a cui eravamo abituati. Penso a manuali promossi anni addietro, purtroppo anche da organismi vaticani, molto sbilanciati sul piano normativo e con scarsa attenzione ai progressi delle scienze umane. L’impressione è che stia cambiando l’approccio antropologico: un dialogo maggiore, più sereno ed eclettico con la psicologia, anche grazie a un più serio approfondimento dell’antropologia biblica voluto da papa Francesco (cfr. Che cosa è l’uomo, Pontificia Comm. Biblica, 2019) e, quindi, uno sguardo più illuminato sulla dottrina della Chiesa circa l’argomento.

In particolare, don Guarinelli superando decisamente la visione “patologica” dell’omosessualità, propone di intenderla come un “tratto” della personalità che per sé – come l’eterosessualità – non ha valenza negativa o positiva. Piuttosto sarà il modo in cui la persona riuscirà ad integrare questo “tratto” particolare e farlo interagire nel cammino globale della maturità personale, ad essere positivo o negativo. In questo dovrà concentrarsi il lavoro dei formatori, e non nell’indagare sull’orientamento del candidato in vista di una sua eventuale esclusione, se omosessuale. A questa conclusione arrivano anche gli altri autori che, per questo, cercano di comprendere meglio lo spirito del n. 199 della Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (e l’Istruzione del 2005 da cui è tratto). Tutti, in particolare don Pala, lamentano la poca chiarezza soprattutto circa la non-distinzione tra persone che «praticano l’omosessualità » e coloro che solamente hanno una «tendenza omosessuale profondamente radicata» (definizione che lo stesso Guarinelli definisce quantomeno confusa).

Infatti, se i formatori dovessero intenderla come una indicazione ad escludere a priori qualsiasi candidato con orientamento omosessuale, ne risulterebbe una grave e inspiegabile discriminazione. Infine trovo molto interessanti i passi che, nella sua attenzione all’accompagnamento, don Pala individua in vista di una integrazione dell’omosessualità nella vita e nel ministero del presbitero. In particolare mi colpisce il secondo passo, che punta non solo alla consapevolezza del proprio orientamento omosessuale da parte del sacerdote accompagnato, ma anche ad una accettazione della propria condizione: «Occorre accogliersi per quello che si è, sotto lo sguardo sanante di Dio che non ha “figli sbagliati” ma “figli diversi”. Il superamento del conflitto egodistonico è essenziale per l’integrazione dell’omosessualità nella persona, e diviene premessa importante per la creazione di una sana unità interiore nella vita del presbitero tra identità e ministero, tra vita spirituale e attività apostolica». Con buona pace di chi nel 2005, a commento della famosa Istruzione, riteneva che proprio questa accettazione e integrazione dell’omosessualità (egosintonia) costituisse una controindicazione per l’ammissione in seminario. Il contributo di don Pala, molto ampio e interdisciplinare, insieme a quello di don Gaurinelli, è a mio parere un riferimento davvero importante per un serio e rispettoso accompagnamento dei presbiteri con orientamento omosessuale.

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