martedì 22 settembre 2015
VERSO IL SINODO: iI superiore dei Minori conventuali: la creatività divina va oltre le nostre attese. Un cammino penitenziale per i separati in nuova unione? «La Chiesa nella sua storia ha conosciuto flessibilità».
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Sarà lo Spirito a ridisegnare la famiglia, secondo modalità che finiranno per spiazzarci. Perché se è vero che il Sinodo sarà un evento di grazia per la Chiesa, solo lo Spirito potrà dirci il senso di eventuali cambiamenti. «E se sarà così, non potranno non nascere approcci teologici e pastorali che – tenendo conto di questo e senza tradire la tradizione della Chiesa – favoriscano questa opera dello Spirito che vuole condurre a Cristo tutti i suoi, con un’attenzione privilegiata a quelli che non ce la fanno, che sono ribelli, che hanno fatto errori o che sono poveri e incostanti». Lo sostiene padre Marco Tasca, ministro generale dei Frati minori conventuali, 119° successore di san Francesco, che dal prossimo 4 ottobre sarà tra i padri sinodali.Il Sinodo sta per decollare, Cosa c’è da attendersi concretamente dalle decisioni dei padri sinodali? Sono convinto che un evento ecclesiale come il Sinodo, se troverà la Chiesa nel suo complesso in ascolto della voce dello Spirito non potrà non essere foriero di grandi novità, perché lo Spirito del Signore, come ci ricorda papa Francesco in Laudato si’ 80 (citando san Giovanni Paolo II): «possiede un’inventiva infinita». In questo senso davvero credo che lo Spirito attraverso questo Sinodo vuole dare alla Chiesa buone notizie, slancio, fiducia e speranza per un’adesione più profonda e sincera a Cristo e all’uomo. Allo stesso tempo però bisogna essere consapevoli che la novità che lo Spirito porta alla Chiesa generalmente non corrisponde alle attese immediate dei credenti, da un lato appunto per la creatività divina dello Spirito che supera le nostre più rosee attese, ma dall’altro anche perché i nostri desideri vanno sempre purificati. In questo senso credo che non cambierà la dottrina sul matrimonio, proprio perché il matrimonio è icona e presenza della relazione d’amore di Cristo per la sua Chiesa. Ma credo sì che lo Spirito desidera anzitutto suscitare una lettura sapienziale, secondo Dio, della realtà del matrimonio e della famiglia oggi. Quale strada si dovrebbe imboccare?Abbiamo a disposizione molte analisi sociologiche, psicologiche, ecc.: e sono tutte fondamentali. Ma solo la Chiesa animata dallo Spirito può dirci il senso di tutto questo – nelle sue luci e nelle sue ombre – in vista della salvezza dell’umanità. Si tratta di lasciarci stupire dal fatto che Dio, come il più abile dei pedagoghi, sa servirsi anche del male, degli errori e dei peccati, per manifestare il suo amore e condurre gli uomini a sé. Allora in questo cambiamento epocale, ritengo che i vescovi diranno alla Chiesa e al mondo quali sono i sentieri di Dio per le famiglie cristiane già formate o ancora in attesa di “decollare”.  D’accordo, ma entrando nel vivo delle questioni più urgenti, per esempio quella dei divorziati risposati, ritiene che si potrà davvero mettere a fuoco quella "via penitenziale" da molti parte auspicata Questa convergenza sulla via penitenziale credo sia già un importante passo in avanti nella questione della cura pastorale dei divorziati risposati. Credo dovrebbe riguardare in maniera sinfonica gli ambiti fondamentali della vita di fede: liturgia, carità e missione. Nella Chiesa antica, in effetti, i penitenti – in quanto pentiti in via di riammissione nella pienezza della comunione ecclesiale – partecipavano alla liturgia (certo con restrizioni) e, almeno nella mens originale della prassi canonica, erano oggetto di cura e attenzione speciale da parte dei pastori e della comunità tutta, secondo il «modello» della pecorella smarrita. Quindi se si dovessero varare questi percorsi non avremmo scoperto nulla di nuovo?La Chiesa nella sua storia ha conosciuto una flessibilità che è indice proprio di attenzione alle persone e alla loro capacità di aderire al Vangelo, che è sempre graduale. Ecco perché questi percorsi dovrebbero dipendere dalle persone, dalle storie, dalla maturità dei singoli e delle coppie, come percorsi cioè modellati ogni volta come unicum. Per questo, vedrei questa via penitenziale come un itinerario esperienziale-intellettuale: formazione, partecipazione all’assemblea liturgica, momenti di preghiera ad hoc, servizi di carità ed eventuali scrutini circa la crescita nella presa di coscienza della verità cristiana del matrimonio e dunque della problematicità ecclesiale della scelta delle seconde nozze che hanno compiuto. Qualcuno sostiene che, nell’ambito di questa via penitenziale, si dovrebbe comunque consigliare alle persone separate in nuova unione di vivere "come fratelli e sorelle", astenendosi quindi dai rapporti coniugali. Come valutare questa posizione?Squilibrare la vita affettiva della coppia per la volontà di uno dei due coniugi di non compiere più gli atti propri del matrimonio, potrebbe portare a conseguenze peggiori di quelle a cui si vuole rimediare, dal punto di vista della moralità personale e dell’equilibrio familiare.Passiamo ai conviventi, come valutare la proposta di mostrare nei loro confronti “apprezzamento e amicizia”, riconoscendo “elementi di coerenza con il disegno creaturale di Dio”?Personalmente non trovo problematica l’affermazione, che non mi sembra comunque una sorta di legittimazione delle convivenze, dal momento che una sapiente pedagogia – senza nascondere il male – fa sempre leva sul bene, sugli aspetti positivi (o su cui si può crescere) in vista dei passi successivi, dal momento che l’adesione al bene (anche a quello morale) – anche solo dal punto di vista psicologico – è sempre graduale, appunto perché il bene vero sempre ci scomoda e ci spinge a conversione. Inoltre, anche dal punto di vista teologico, in virtù dell’incarnazione di Cristo, in tutto ciò che è umano è sempre presente una somiglianza, un legame, un rimando a Cristo, magari nascosti sotto tonnellate di male, di infedeltà e crudeltà. I giovani e la paura di sposarsi. Non Le pare che, oltre alla comprensione, sia necessario andare alla radice di quella paura, per delimitarla e – se possibile - sconfiggerla?Certo, è necessario raggiungere le radici della paura per sconfiggerla. Eppure siccome siamo di fronte a persone, ogni paura è diversa. E anche se le cause possono essere analoghe, la maniera in cui ogni persona e ogni coppia vive le sue paure è unica e irripetibile. In questo senso la comprensione autentica, dettata da vero amore, è la condizione essenziale perché le persone possano lasciarsi aiutare ad affrontare le proprie paure e – come si dice nella domanda – sconfiggerle in Cristo, per dire con san Paolo: «tutto posso in Colui che mi dà forza» (Fil 4,13). Inoltre, molte delle paure dei giovani di oggi sono frutto di fattori molto aggressivi, come l’economia, la cultura, la moda, i mass-media, ecc., di fronte ai quali il singolo o la coppia isolata possono fare ben poco. Si tratta allora di far emergere il tessuto vivo della Chiesa che sostiene e alimenta la fede dei singoli in un tessuto di relazioni animate dalla fede, in cui cioè la fede non è solo una credenza comune, quanto un’esperienza di essere-insieme-in-Dio. E per fare questo bisognerà avere il coraggio di dire che tutti noi credenti (clero e laici, religiosi e secolari, giovani e anziani, uomini e donne) dobbiamo saper dire di no a tanti messaggi che davvero ostacolano la vita cristiana e che sono presenti nell’offerta culturale. La misericordia, si ribadisce nell’Instrumentum laboris, “non toglie nulla alla verità”. Come orientarsi quindi tra misericordia e verità?Capisco che la questione per noi si pone automaticamente in un rapporto inversamente proporzionale, quasi che la crescita in misericordia pregiudichi l’aderenza alla verità. E questo si spiega perché per noi verità e misericordia sono dei concetti, delle idee. Ma dal punto di vista teologico le cose non stanno esattamente così. Cristo afferma: «io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), e allo stesso tempo Egli è la rivelazione del Padre delle misericordie. In questo senso intuiamo che in Cristo misericordia e verità coincidono e non si oppongono.  Percorsi di preparazione al matrimonio. Si consiglia una sinergia tra pastorale giovanile, familiare, catechesi, con la collaborazione di movimenti e associazione. Sono maturi i tempi per arrivare al superamento dei tradizionali ambiti pastorali? Certo, per me sono oramai maturi i tempi per capire che lavorare pastoralmente per compartimenti stagni non solo non è proficuo, ma non corrisponde alla vera identità della Chiesa, che è un organismo e una vita di comunione. E ritengo che questa consapevolezza sia già una grazia grande. Credo  vada recuperata un’azione della Chiesa, che realmente accompagna i suoi figli nella vita di ogni giorno, un po’ come si fa nelle famiglie…, invece di delegare alcuni professionisti a offrire determinati servizi.
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