domenica 4 ottobre 2020
Uno strumento per agire nei rapporti internazionali, per risolvere le controversie mediante la diplomazia, dalle Istituzioni multilaterali e dal desiderio di realizzare "un bene comune universale"
L'Osservatore Romano con il testo dell'Enciclica

L'Osservatore Romano con il testo dell'Enciclica - Reuters

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«L’Enciclica non si limita a considerare la fraternità uno strumento o un auspicio, ma delinea una cultura della fraternità da applicare ai rapporti internazionali. Una cultura, certo: l’immagine è quella di un sapere del quale viene sviluppato il metodo e l’obiettivo». Nell’aula nuova del Sinodo per la conferenza stampa di presentazione dell’enciclica Fratelli tutti (qui la sintesi), il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin commenta con queste parole la nuova enciclica sociale. Si chiede: «Quale spazio e considerazione trova la fraternità nelle relazioni internazionali?». E afferma che «se da un lato è necessario far crescere una spiritualità della fraternità allo stesso tempo è necessario far crescere un’organizzazione mondiale più efficiente, per aiutare a risolvere i problemi impellenti» e serve «fare della fraternità uno strumento per agire nei rapporti internazionali». Perché «la fraternità – sottolinea – non è una tendenza o una moda che si sviluppa nel tempo o in un tempo, ma è piuttosto la manifestazione di atti concreti». L’Enciclica ci ricorda – spiega con chiarezza il Segretario di Stato – l’integrazione tra Paesi, il primato delle regole sulla forza, lo sviluppo e la cooperazione economica e, soprattutto, lo strumento del dialogo visto non come anestetico o per “rattoppi” occasionali, bensì come un’arma che ha un potenziale distruttivo molto superiore a qualsiasi armamento».

E pone il dialogo come metodo. «Infatti – continua – se le armi e con esse la guerra distruggono vite umane, ambiente, speranza, fino a spegnere il futuro di persone e comunità, il dialogo distrugge le barriere del cuore e della mente. Anzi, è lo strumento di cui necessita la giustizia per potersi affermare e nel suo significato ed effetto più autentico. Quanto l’assenza di dialogo permette ai rapporti internazionali di degenerare o di affidarsi al peso della potenza, ai risultati della contrapposizione e della forza! Il dialogo, invece, soprattutto quando è «perseverante e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto». Per questo – afferma ancora il Segretario di Stato – l’Enciclica lo evoca come strumento della fraternità, un mezzo che rende chi dialoga diverso da quelle «persone con funzioni importanti nella società, che non avevano nel cuore l’amore per il bene comune». Quanto all’obiettivo Parolin spiega che «nella prospettiva di Francesco la fraternità diventa pertanto il modo per far prevalere gli impegni sottoscritti secondo l’antico adagio pacta sunt servanda, per rispettare effettivamente la volontà legittimamente manifestata, per risolvere le controversie mediante i mezzi offerti dalla diplomazia, dal negoziato, dalle Istituzioni multilaterali e dal più ampio desiderio di realizzare «un bene comune realmente universale e la tutela degli Stati più deboli».

La conferenza stampa di presetazione dell'Enciclica Fratelli Tutti

La conferenza stampa di presetazione dell'Enciclica Fratelli Tutti - S.F.

Ecco perché i responsabili della nazioni devono fare passi avanti per mettere in prima istanza gli interessi dei popoli. «Ai responsabili delle Nazioni, ai diplomatici, a quanti operano per la pace e lo sviluppo la fraternità propone di trasformare la vita internazionale da semplice co-esistenza, quasi necessaria, a dimensione basata su quel comune senso di “umanità” che già oggi ispira e sorregge tante regole e strutture internazionali, favorendo così un’effettiva convivenza – afferma il cardinale - È l’immagine di una realtà in cui le istanze di popoli e persone diventano prevalenti, con un apparato istituzionale capace di garantire non interessi particolari, ma quell’auspicato bene comune mondiale.

Percorrendo l’enciclica, ci si sente chiamati alle nostre responsabilità, individuali e collettive, di fronte a nuove tendenze ed esigenze che si affacciano sulla scena internazionale. E dunque per il Segretario di Stato Parolin «il ruolo effettivo della fraternità è dirompente poiché si lega a concetti nuovi che sostituiscono la pace con gli operatori di pace, lo sviluppo con i cooperanti, il rispetto dei diritti con l’attenzione alle esigenze di ogni prossimo, sia esso persona, popolo o comunità». E si augura si che le strutture internazionali accolgano quanto scritto dal Papa, come è successo per la Laudato si', sottolineando la necessità dell’impegno personale di ciascuno tradotto in azione.

«Nell’intero capitolo dedicato alla politica si apre un campo immenso» in cui il Papa «riconosce la centralità della politica, ma dice anche che spesso assume forme che ostacolano il cammino verso mondo diverso, cioè verso la fraternità», ha fatto osservare da parte sua Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, rispondendo durante la conferenza alla domanda del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. Il Papa, ha spiegato lo storico, “fissa due frontiere”: “Una sui valori e i limiti delle visioni liberali, su cui la Chiesa riflette da più di un secolo, e la riassume in questa frase: il mercato da solo non risolve tutto, che è un dogma di fede neoliberale”, definito “un pensiero povero e ripetitivo”. Riccardi si sofferma poi in particolare su quanto l’enciclica afferma in direzione della pace. «La guerra a pezzi mostra la frammentarietà arrogante del mondo globale, che considera un delirio i progetti con grandi visioni e obbiettivi di sviluppo per l’umanità. Il mondo globale respinge la visione di un progetto di crescita, per la prepotenza degli interessi che lo muovono: così respinge un grande sogno di pace. L’enciclica mostra che ciascuno è custode della pace. Che c’è un compito delle istituzioni nell’architettura di pace da rivitalizzare».

La docente all’Università di Durham nel Regno Unito, Anna Rowlands mette in luce che «l’enciclica ha ben chiaro il peso della responsabilità che grava sulle comunità religiose». E che richiamando la Dichiarazione di Abu Dhabi, l’enciclica ribadisce l’assoluta dignità della persona umana, sulla quale nessuna preferenza politica, nessuna “legge” di mercato può avere la precedenza». Il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso riprendendo le parole del Papa che «Dio è il Creatore di tutto e di tutti, per cui siamo membri di un’unica famiglia e, come tali, dobbiamo riconoscerci» ha ricordato che è «questo il criterio fondamentale che la fede ci offre per passare dalla mera tolleranza alla convivenza fraterna». «La fraternità ha una funzione essenziale nella costruzione di una convivenza civile, di una società che includa e non si edifichi sulla cultura dello spreco» ha sottolineato.

E definendo il Documento di Abu Dhabi «una pietra miliare» nel dialogo interreligioso, ha affermato che l’invito «di mettersi al servizio della fratellanza per il bene di tutta l’umanità, rivolto da papa Francesco alle diverse religioni, annuncia una nuova era». Per il giudice Mohamed Mahmoud Abdel Salam, Segretario Generale dell’Alto Comitato per la Fratellanza Umana, presente al tavolo della conferenza, la fratellanza universale è un’assoluta necessità per il mondo, «un appello alla concordia rivolto ad un mondo in discordia». «Condivido ogni parola – ha detto il giudice islamico – di ciò che il Papa ha scritto nell’enciclica». Abdel Salam ha annunciato che sono in corso di elaborazione nuovi progetti a livello internazionale proposti dal Comitato per rafforzare il dialogo tra le religioni e che un centinaio di giovani saranno invitati a Roma per riflettere sulla fraternità.

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