martedì 20 giugno 2017
Pur nelle differenze, come nell’approccio al fascismo, tra il parroco e il beato tanti i punti comuni. Cappellani militari «con il cuore di pace», furono promotori di un cambiamento basato su giustizi
Don Primo e don Gnocchi paralleli e complementari
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È sempre nelle bufere della storia che nascono le opere di Dio. Per questo le iniziative dei 'santi' si assomigliano sempre, perché hanno il timbro del divino che agisce sull’umano; ma non si identificano mai, perché i tempi continuano a cambiare e perché è proprio dello Spirito fare 'cose nuove'. Se indefinite sono le forme di povertà, sono infinite le manifestazioni dell’amore di un Dio che accasatosi nell’umanità continua a farsi prossimo all’uomo, tramite testimoni autorevoli e affidabili. Pur figli di stagioni diverse… i 'santi' sono sempre contemporanei.

Don Mazzolari e don Gnocchi, sono stati due uomini di Dio, innamorati di Cristo e amici dell’uomo. Navigando in tempi terribili e meravigliosi, sono stati protagonisti di un amore che non conosce frontiere né di tempo né di spazio. Esponenti del cattolicesimo italiano, furiosamente impegnati nelle praterie della carità e sul versante sociale, sono stati campioni del dialogo con tutti indistintamente, profondamente convinti che gli uomini si distinguono tra 'pensanti' e 'non pensanti'. È troppo poco documentata la reciproca influenza, ma sono indiscusse la vicendevole stima e la indelebile amicizia. Si sa per certo che ambedue, col cuore di pace, furono cappellani militari nella prima guerra mondiale l’uno e nella seconda l’altro; parteciparono alla Resistenza contro il nazifascismo, operando per la salvezza di rifugiati, ebrei, esiliati politici… e furono per questo imprigionati.

Ambedue sognarono una necessaria trasformazione della società civile e operarono, con sofferta obbedienza e autentica fedeltà all’autorità ecclesiastica costituita, per il rinnovamento della comunità ecclesiale in forza dei principi del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa, stimolando all’apertura verso il nuovo e alla lettura dei 'segni dei tempi', anticipando il Vaticano II. Entrambi, quali formidabili educatori, agirono in settori distinti ma convergenti, perché la società italiana dovesse essere completamente rifondata sul piano morale e culturale, dando maggior spazio alla giustizia sociale, alla solidarietà per e con i poveri, alla fratellanza universale e per la pace senza aggettivi.

Rispetto al regime fascista, mantennero posizioni differenti: don Mazzolari bollò subito l’ideologia fascista come «paganesimo che ritorna» e combatté spietatamente con le idee e con i fatti il regime; mentre don Gnocchi - per esplicito comando dell’arcivescovo di Milano, il cardinale Tosi - preferì ritagliarsi uno spazio pedagogico- pastorale dentro le istituzioni di quel tempo per poter «esercitare l’azione strettamente religiosa di un sacerdote in seno alle organizzazioni giovanili di Stato (alle quali doveva necessariamente appartenere tutta la gioventù italiana in regime fascista)». Storie di vite parallele e complemen-tari, poiché si ritrovano insieme anche fisicamente nella sala udienza di Palazzo Madama a Roma, per far pressione sullo schieramento democratico, in occasione della contestata votazione di un problema cruciale dell’educazione: quello della pedagogia cristiana del dolore innocente.

Esiste una bella e puntuale recensione di Mazzolari, sollecitata da don Gnocchi, della prima edizione di 'Cristo con gli alpini', pubblicata sul quotidiano 'L’Italia' nel 1942, che la dice lunga sulla consonanza di vedute tra i due. Se don Carlo - ora beato - ha mutuato la passione per la carità dalla cattedra di don Orione - ora santo -, ha certamente assimilato da don Primo lo spirito di profezia, capace di leggere in profondità il suo tempo, con lo sguardo spinto in avanti alla ricerca del 'Regno di Dio e della sua giustizia'. In quest’ottica, si può comprendere perché don Gnocchi abbia saputo coinvolgere insieme, fin dalla prima metà del secolo scorso, scienza e fede, managerialità e solidarietà, innovazione tecnologica e prossimità, attenzioni alle povertà particolari e alle dinamiche che stanno facendo del mondo un villaggio globale, con tutte le opportunità, ma anche i problemi connessi. Il cardinal Montini, arcivescovo di Milano, amico ed estimatore di don Gnocchi, nel 1960 in occasione della traslazione delle sue spoglie dal Cimitero Monumentale al Centro pilota della Fondazione a Milano, davanti ad una folta schiera di alpini, lo definì «un soldato della bontà …. Questa era la sua milizia, questa la sua vocazione.

Eroi eravate tutti; ma lui per giunta era un santo». Divenuto Papa Paolo VI, alcuni anni dopo la morte di don Mazzolari (avvenuta nel 1959), su di lui così si espresse: «Aveva un passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti». Questi due illuminati maestri e fedeli testimoni in terra, sono ora coinquilini del cielo: l’uno come protettore e l’altro come profeta.

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