martedì 27 aprile 2021
La sfida di sperimentare un linguaggio nuovo proponendo messaggi radicati nel quotidiano
Don Leonardi: «Scampoli di verità in pochi secondi via TikTok»
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L’orizzonte dei social, e di TikTok in particolare, è il nuovo terreno dell’evangelizzazione. Io, prete, chiamato come ogni battezzato a essere “contemplativo in mezzo al mondo”, non posso non stare in queste realtà: non solo per “chiamare” per attrazione gente più o meno lontana ma anche per imparare il linguaggio dei giovani. Gesù parlava in parabole utilizzando il linguaggio della pesca e dell’agricoltura affinché potessero comprenderlo, così anch’io mi sono sentito chiamato a imparare e a parlare il linguaggio dei social. Ora ho 62 anni . Quando mi sono messo seriamente sui social ne avevo 53: è stato faticoso. Per certe cose ero vecchio ma – ho detto – anche tu Gesù, che eri falegname, pur di arrivare a pescatori, contadini e pastori, hai fatto esempi tratti dal loro mestiere, non dal tuo.

Il vero messaggio che la mia presenza porta ai giovani su TikTok è che un prete torna a essere un interlocutore anche per loro. Quando nei commenti mi scrivono "cosa ci fa un prete su TikTok?" il vero senso di quella domanda è: cosa ci fa un prete nella mia vita? Per fare questo occorre contaminarsi. Fare le dirette YouTube mentre si celebra è una cosa buona ma non è "stare sui social". Stare sui social è avere interazioni con gli altri. La gente non ascolta le parole che diciamo, i video che facciamo, ma quello che sentiamo. Il segreto quindi sta tutto nell’attenzione che mettiamo nell’ascoltare. Solo se ascolto e poi sento posso parlare, cioè dire quello che sento, che, a quel punto, contiene anche chi aveva parlato per primo. Se un simile processo si sviluppa concretamente e correttamente avviene che gli altri sentano a propria volta: e da quel momento il dialogo parte. Perché l’efficacia della parola – sia che avvenga per video, per foto o per testo – è lì, nella comunione. La comunicazione è comunione. La sfida di TikTok è proporre piccoli scampoli delle verità cristiane radicandoli profondamente al nostro quotidiano e a quello dei trend più seguiti. Cercare con un linguaggio nuovo una prospettiva non giudicante, capace di mostrare che l’allegria cristiana non è maschera che nasconde un approccio moralistico ma uno stile reale di vita. Tutto ciò a costo di non essere capiti da taluni: il che non sarebbe una novità visto che, secondo il Vangelo, quando il messaggio di Cristo è proposto nella sua integrità, normalmente viene avvertito come scandalo e follia.

“Ma pure su TikTok che ha le challenge?” Le challenge, le sfide, sono sempre esistite. Ricordiamo James Dean e Gioventù bruciata? È un film del 1955 e lì c’era la challenge di buttarsi dall’auto in corsa un istante prima che cadesse nel precipizio. E poi TikTok – lo spiego nel mio nuovo libro, Il Vangelo secondo TikTok – credo sia il più sicuro dei social. Vi siete chiesti perché le tredicenni romane che hanno bullizzato una disabile hanno usato Instagram e non TikTok? Perché l’app cinese avrebbe bloccato quei video. Però nessun giornale ha titolato contro Instagram. Chissà perché.

Il libro. L'avventura di "tradurre" il Vangelo in lingua social

di F.O.

La chiave del nuovo libro di don Mauro Leonardi – firma familiare ai lettori di Avvenire – è nel sottotitolo: «Usare i social restando liberi». Se infatti «Il Vangelo secondo TikTok» (Ets-Edizioni Terra Santa, 168 pagine, 15 euro) parte dal racconto in prima persona dell’impresa di un prete che si cimenta con un linguaggio social a prima vista refrattario all’annuncio evangelico, la sostanza della coinvolgente narrazione di Leonardi è la sua vita sacerdotale sfidata dalla necessità di raggiungere tutti parlando la lingua parlata da chi si ritiene – a torto – irraggiungibile. Ma don Mauro – da sacerdote – sente il bisogno di raggiungere proprio quelli che rischiano di essere "tagliati fuori" dalla Chiesa per un problema di alfabeti diversi. E così ne studia la lingua e i codici, finendo per diventare per un numero impressionante di loro – su Facebook ha oltre 200mila follower – un interlocutore credibile forse proprio perché imprevedibile. Il libro, poi, è il vivace racconto della vita di un prete nell’era dei social. E merita di essere letto anche solo per questo.

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