giovedì 6 maggio 2021
Il presidente della Repubblica Mattarella e il presidente della Cei alla proiezione in anteprima del docufilm sul giudice assassinato che domenica sarà proclamato beato
Il cardinale Bassetti: basta connivenze con la mafia. E anche inchini
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«Quando accorremmo sul luogo dell’agguato e alzammo il lenzuolo che copriva il suo corpo, sembrava un bambino, un uccellino...». Con gli occhi lucidi e la voce incrinata, il magistrato in pensione Luigi D’Angelo, già presidente del Tribunale di Agrigento, ricorda gli attimi concitati e angoscianti di quel 21 settembre 1990 in cui i sicari della stidda uccisero il giudice Rosario Livatino lungo la statale Caltanissetta-Agrigento.

La testimonianza di D’Angelo, collega e amico di Livatino, compone il vibrante mosaico di voci, volti e ricordi messo insieme dal documentario che verrà trasmesso domenica sera alle 21.20 su Tv2000, in occasione della beatificazione del magistrato siciliano.

Un docufilm dal titolo emblematico, «Picciotti, che cosa vi ho fatto?» (dall’ultima frase pronunciata dal giudice ai killer con le pistole in mano) proiettato ieri in anteprima al Consiglio superiore della magistratura, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, della Guardasigilli Marta Cartabia, del vicepresidente del Csm David Ermini, del presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, e di monsignor Piero Coccia, arcivescovo di Pesaro e presidente di Reteblu.

«Lo sentiamo nostro figlio», ha detto Bassetti con commozione, dopo la proiezione. «È stato un piccolo e giovane uomo ma, al tempo stesso, un gigante della verità. Ha incarnato il Vangelo delle Beatitudini perché aveva fame e sete di giustizia – ha proseguito il cardinale –. E lascia una preziosa eredità civile e spirituale. Il suo martirio parla alla Chiesa, all’Italia intera e alle giovani generazioni» chiamate a «resistere, con energia e coraggio, alle false lusinghe malavitose». Il presidente della Cei ha ricordato la coincidenza della data della beatificazione, il 9 maggio, con quella del celebre monito del 1993 nella Valle dei templi di papa Giovanni Paolo II ai mafiosi («Convertitevi!») e la “scomunica” di papa Francesco nel 2014 in Calabria agli «uomini che vivono di malaffare e di violenza».

Con la mafia, ha concluso il presule citando le parole di don Pino Puglisi, «non si convive! Fra la mafia e il Vangelo non può esserci alcuna convivenza o tanto meno connivenza. Non può esserci alcun contatto né alcun deprecabile inchino».

Livatino – emerge dalle voci di compagni di scuola, amici, colleghi magistrati raccolte nel documentario di Fausto Della Ceca, Giuseppe Cutrona, Simona Di Tella e Sara Brogi – era appassionato del suo lavoro e insieme era un laico innamorato di Dio: «Tutte le mattine pregava nel Santuario di San Giuseppe prima di andare in tribunale», ricorda un conoscente.

Domenica alle 10 Tv2000 trasmetterà inoltre il rito di beatificazione dalla Cattedrale di Agrigento, presieduto dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. Sarà il «primo magistrato beato nella storia della Chiesa», un uomo «schivo e per nulla carrierista, insieme rigoroso e tenace», ha detto il vicepresidente del Csm, David Ermini, affermando che il “giudice ragazzino”, ucciso poco prima di compiere 38 anni, è «il modello a cui ciascun magistrato ha il dovere di ispirarsi per guadagnarsi la fiducia dei cittadini».




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