sabato 16 dicembre 2017
«Non arrenderti alla notte», è lo slogan che accompagna l'incontro dell'arcivescovo con gli abitanti di Bruzzano. Preghiera e festa tra cortili e strade di periferia. All'insegna del «buon vicinato»
Con l'arcivescovo Delpini nel cortile delle case popolari di via Danubio 6, a Bruzzano (Fotogramma)

Con l'arcivescovo Delpini nel cortile delle case popolari di via Danubio 6, a Bruzzano (Fotogramma)

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«Lei, caro vescovo, stasera è Gesù tra noi che viene a creare unità, a portare la pace dove può esistere violenza e solitudine, dove si può ricomporre ciò che per la nostra fragilità umana si è potuto disgregare. Ci affidiamo alla sua preghiera affinché la venuta di Gesù risvegli in noi il desiderio di novità di vita e ci apra alla speranza! Buon Natale con tutto il cuore papà Mario!». Isra ha undici anni, è nata in Italia da genitori marocchini e vive con le due sorelle e la mamma in via del Danubio, a Bruzzano, alla periferia nord di Milano. È alla voce limpida, serena, di questa ragazzina musulmana che ha saputo vincere la propria timidezza e l’emozione della circostanza, che le famiglie del quartiere hanno affidato il messaggio di benvenuto all’arcivescovo Mario Delpini, ad aprire l’incontro di preghiera, condivisione e benedizione in vista del Natale.
Questa la formula scelta da tre anni dalla parrocchia della Beata Vergine Assunta in Bruzzano: non più benedizioni casa per casa (se non quando il desiderio e le necessità dei residenti lo richiedono), ma incontri comunitari, nei caseggiati. Preghiera, Vangelo, canti, scambi di riflessioni. E di doni. Così è stato anche la sera di giovedì 14 dicembre. Ma stavolta, ad accompagnare il parroco don Paolo Selmi, c’è un ospite speciale: l’arcivescovo. Non arrenderti alla notte, sta scritto sul volantino che annuncia gli incontri con Delpini in via Senigallia 60, ai giardini di via Grassini e in via del Danubio 6. Tre luoghi che, in modo diverso, raccontano problemi, sofferenze e speranze di questa periferia. Ed è davvero una Bruzzano che non si arrende, quella che l’altra sera ha sfidato il freddo per farsi incontro – con calore – al proprio arcivescovo. Italiani, stranieri, famiglie con bambini, giovani, anziani, persone in carrozzina. Donne musulmane con il velo. E altre senza. Stasera conta quello che porti nel cuore.

«Una luce di speranza fra questi palazzi difficili»

«Non lasciatevi rubare la speranza, dice papa Francesco. Cosa significa? Non dimenticatevi di Gesù. Perché la speranza non è una favola per bimbi o un ottimismo da quattro soldi: la speranza, per noi, è Gesù», spiega Delpini fra le case nuove di via Senigallia, l’ultimo complesso di edilizia popolare nato a Bruzzano. «La Chiesa è qui non perché abbia chissà quali strutture, risorse o iniziative, ma è qui per dire: siamo alleati della vostra speranza. Dio è nostro alleato, noi siamo il popolo della speranza e con la nostra piccola luce dobbiamo far sì che in questo quartiere nessuno più abbia paura della notte».
Una piccola luce. Come quella dei flambeaux che vengono distribuiti nei tre luoghi d’incontro. Assieme alle copie di «Un Angelo in paese», le «Storie di Natale per famiglie» scritte da Delpini, ad un messaggio per le famiglie musulmane e ad un bicchiere di tè caldo. «Io sono venuto a dirvi che Gesù è la luce del mondo, e la nostra speranza per il Natale è che quella luce che abbiamo dentro venga fuori, contagi il quartiere, faccia sorridere i bambini, consoli gli anziani, porti una carezza ai malati. Questo mondo guarisce se la luce che abbiamo dentro viene fuori», dice l’arcivescovo nei giardini di via Grassini, sotto le torri di via Vincenzo da Seregno. Quindi, riecheggiando temi e termini del suo primo Discorso alla città per Sant’Ambrogio: «Io vorrei raccomandare l’arte del buon vicinato, un’alleanza per il bene. So che questi palazzi sono difficili. Ma i cristiani sono qui a portare una luce, certamente piccola, fragile, esposta al vento, ma capace di far risplendere un po’ di speranza». Basta poco, suggerisce Delpini: un saluto, un sorriso, un invito per un caffè o una fetta di panettone. Ma quel poco è prezioso, in contesti difficili come questi. «Siamo qui per volerci bene, per rendere vivibile la città».

«Dio ci ha amati e ci ha resi capaci di amare»

Un invito rilanciato in via del Danubio. «Siamo qui per dire che la notte non vincerà, e che è più bello fare il bene che il male, essere insieme che da soli, curarsi gli uni degli altri che chiudersi in casa e aver paura di quelli che abitano vicino – esclama Delpini –. Sono venuto per dirvi che la Chiesa è alleata di questo quartiere. E la presenza dei sacerdoti, delle suore, di tanti di voi che vivono con sincerità e fierezza la loro fede, dice che la Chiesa è presente qui, ama questa terra, vuole fare alleanza con tutti coloro che vogliono fare il bene a questo territorio. Vedere la gloria di Dio farsi presente nella nostra famiglia, nel nostro quartiere, nella nostra comunità: questo sia il nostro Natale. Dio ci ha amati e ci ha resi capaci di amare. Teniamo accesa questa piccola luce. Ma ancor più dobbiamo tenere acceso il nostro sorriso, la nostra capacità di vincere il male con il bene, il nostro desiderio di voler bene alle persone che ci sono vicine. Ecco: questa notte non è più notte, la tenebra non vincerà, perché noi abbiamo dentro la luce di Dio».

Parrocchia e musulmani, dal dialogo all'amicizia

Via del Danubio 6. L’incontro con l’arcivescovo si è appena concluso. Un signore anziano si avvicina a Walter e Anna, marito e moglie, volontari della parrocchia. Sorride. Ma appare disorientato. Chiede di essere accompagnato a casa. Vive, solo, in uno di questi condomini. Ma non ricorda dove, e quale. A ricordarlo, indicando a Walter dove condurre l’uomo, è don Paolo Selmi, il parroco. Anna, intanto, saluta Isra, la ragazzina, figlia di una coppia marocchina, che ha letto il benvenuto dei residenti a Delpini. Walter e Anna, con altri volontari, partecipano all’esperienza di dialogo e incontro che la parrocchia ha avviato con alcune famiglie musulmane. Con quella di Isra (che con le sorelle frequenta l’oratorio), la semplice conoscenza è maturata in amicizia e familiarità.
All’arte del «buon vicinato», Delpini ha dedicato il suo Discorso alla città per Sant’Ambrogio. Un’arte che è tornato a raccomandare incontrando, giovedì sera, la gente di Bruzzano per la benedizione di Natale. Un’arte che, in questo quartiere, ha molti cultori. Di quelli che non fanno notizia. Ma che tengono in piedi la vita in comune. E il bene comune. Come in via Senigallia, prima tappa dell’itinerario di Delpini, ultimo complesso di case popolari sorto nel quartiere, dove convivono famiglie con bambini e persone sole, inclusi alcuni ex senza dimora, e ha sede una comunità psichiatrica. Qui, a svolgere il servizio di custodia sociale, è la Fondazione Aquilone, scaturita dalla parrocchia nella scia del convegno diocesano Farsi prossimo. Non è segnalata presenza di microcriminalità. Al contrario delle torri di via Vincenzo da Seregno 48, 50, 54 e 56. Fra le 340 famiglie che le abitano, molti sono gli anziani. E non pochi quelli che hanno congiunti in carcere. Da 35 anni, al civico 48, abitano le Suore delle Poverelle (ormai ne è rimasta una sola), da sempre un riferimento certo, specie per chi fa più fatica.

Sedie per gli ospiti, piatti e fuochi d'artificio

Non meno delicata e complessa è la realtà di via del Danubio 6. Farsi gli affari propri. E rispettare la legge del più forte. Ecco le regole del vicinato nel "quadrilatero dei fiumi". Qui – come altrove, in altri complessi di case popolari – i clan cercano di farla da padrone. Tanti anziani, spesso soli. Tanti stranieri, spesso onesti lavoratori. Ma anche tanti disoccupati. E gli alloggi occupati abusivamente. Un problema additato da Delpini nel Discorso alla città. Assieme alle indicazioni per un vicinato buono. Che spesso nasce da piccoli gesti. Da semplici attenzioni. Come i doni offerti a Delpini nelle tre tappe della sua visita: dolci fatti in casa da famiglie italiane e straniere. E ad ogni tappa, un segno. Un simbolo. In via Senigallia, alcune sedie vuote, come a dire: benvenuto, c’è posto per tutti, anche per te. Sotto le torri di via Vincenzo da Seregno: un piccolo fuoco d’artificio. Un segno di luce. Gentile, festoso. Acceso là dove petardi ben più potenti vengono fatti esplodere e usati come segnalazioni dagli spacciatori di droga. Infine: in via del Danubio – dove a Capodanno dalle finestre piovono stoviglie – nel cortile, davanti a Delpini, viene rotto un piatto. «Per rompere con il passato – spiega il parroco – e iniziare una vita nuova». Nel segno del buon vicinato.

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