sabato 16 marzo 2013
Anche Amnesty International smentisce i dossier che indicavano Bergoglio come «collaborazionista». Un documento riservato attesta che «nessuna accusa formale è stata mai formulata»​. (di Nello Scavo)
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​C’è un documento classificato che per anni è stato preso per buono: «Direzione del culto, raccoglitore 9, schedario B2B, Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9». La polizia politica argentina annotava che «nonostante la buona volontà di padre Bergoglio – frase, questa, che aveva lo scopo di far passare il gesuita per un “collaborazionista” –, la Compagnia Argentina (il riferimento è ai gesuiti, ndr) non ha fatto pulizia al suo interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti in disparte, ma adesso con gran sostegno dall’esterno di certi vescovi terzomondisti hanno cominciato una nuova fase».Negli anni della giunta militare del generale Videla, la macchina del fango messa in moto per isolare padre Jorge Mario lavorava a pieno regime. A dubitare della veridicità di simili accuse – oltre a personalità come l’ex dissidente e premio Nobel per la Pace Adolfo Perez Esquival – ci sono organizzazioni che certo non passano per essere filo-cattoliche. Amnesty International è tra queste. Gli attivisti per i diritti umani hanno «documentato e denunciato migliaia di casi di sparizioni, torture, uccisioni extragiudiziali, il rapimento di bambini», si legge in una nota interna dell’organizzazione, ottenuta da Avvenire grazie a un noto militante nordamericano. Una galleria degli orrori nei quali erano coinvolti politici, militari, intellettuali, collaborazionisti e anche alcuni sacerdoti vicini al regime. Se ci fosse stato qualcosa su Bergoglio, certamente Amnesty lo avrebbe saputo e denunciato.Perciò, pur con la cautela che contraddistingue l’organizzazione, viene spiegato che «non abbiamo documenti per confermare o smentire la partecipazione del nuovo Papa in questi fatti. Nessuna accusa formale – si legge nel testo protocollato come "ad uso esclusivamente interno" – è stata rivolta contro Jorge Mario Bergoglio, e non abbiamo alcun documento nei nostri archivi riguardanti un qualsiasi coinvolgimento dell’ex arcivescovo di Buenos Aires in altri casi». Peraltro, «non dobbiamo dimenticare che all’interno della chiesa in Argentina e nella regione sono stati molti coloro che si opponevano a questi regimi e hanno subito intimidazioni, torture, sparizioni o l’esecuzione. Molti di loro – aggiunge Amnesty – hanno lavorato e continuano a lavorare per la promozione e la protezione dei diritti umani per tutti, senza discriminazioni».Nel 2010, interrogato come «persona informata dei fatti», dunque senza alcun capo d’imputazione, il futuro Papa ribadì alle autorità ciò che aveva confidato solo agli amici più stretti. L’allora cardinale Bergoglio rivelò di aver salvato numerosi dissidenti, ma mai se ne fece pubblico vanto.«Nel collegio Máximo dei gesuiti, a San Miguel, nella regione del Gran Buenos Aires, dove ho vissuto, ne nascosi alcuni – spiegò padre Jorge Mario –. Non ricordo esattamente quanti. Dopo la morte di monsignor Enrique Angelelli (il vescovo di La Rioja, noto per il suo impegno per i poveri, ndr), ho accolto nel collegio tre seminaristi della sua diocesi che studiavano teologia. Questi non sono stati nascosti, ma curati, protetti sì». La storia è riemersa molto tempo dopo. Nel 2006 «mentre andava a La Rioja per un omaggio ad Angelelli in occasione del trentesimo anniversario della sua morte, il vescovo di Bariloche, Fernando Maletti, incontrò uno di questi tre sacerdoti (che attualmente vivono a Villa Eloisa, in provincia di Santa Fe, e hanno confermato la ricostruzione, ndr). Non si erano mai visti prima – raccontò Bergoglio – ma quando Maletti ha saputo che i tre preti erano stati nascosti nel collegio Maximo per un "lungo ritiro spirituale di 20 giorni" e che quello era diventato un nascondiglio per i perseguitati, mi venne a trovare – aggiunse l’allora cardinale di Buenos Aires  – per invitarmi a diffondere quella storia che lui per primo non conosceva».Fatti accaduti durante gli anni del “Piano Condor”, finanziato dai servizi segreti americani per “stabilizzare” l’America latina, spianando la strada ai regimi militari respingendo la ventata di marxismo che stava invadendo il subcontinente. Il Piano, messo a punto dall’allora dittatore cileno Augusto Pinochet, si svolse a partire dal 1975 e si protrasse fino ai primi Anni ’80, coinvolgendo anche le giunte militari di Argentina, Brasile, Bolivia, Paraguay e Uruguay.Alcuni uomini di Chiesa non agirono dalla parte dei buoni. Come Christian Von Wernich, ex cappellano della polizia di Buenos Aires, condannato nel 2007 per il suo coinvolgimento in 42 sequestri, 7 omicidi e 31 casi di tortura. Ma, per dirla ancora con Amnesty, «non è possibile generalizzare il ruolo della chiesa cattolica in Argentina, così come in ogni altro paese della regione».​​
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