martedì 8 settembre 2015
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«La riforma di Papa Francesco è mossa dal medesimo spirito che sostenne Benedetto XIV e Pio X, si distingue però non soltanto per una vera e propria rifondazione del processo matrimoniale canonico, ma innanzi tutto per i principi teologici ed ecclesiologici che la sostengono»: l'ha detto il decano della Rota romana, monsignor Pio Vito Pinto, nel corso della conferenza stampa in Vaticano per presentare la riforma delle normative sulla nullità matrimoniale. È la «doppia centralità di poveri e vescovi» ciò che caratterizza la riforma di Francesco, che «è un Papa che viene dopo il Vaticano II e ha inteso, con i suoi atti e nella sua vita quotidiana, esprimere fedeltà alla teologia della collegialità del Vaticano II». Ecco il fondamento teologico-giuridico che anima il Motu proprio nel nuovo processo di nullità matrimoniale. «Il Santo Padre chiede che il vescovo riscopra l’importanza della sua potestà sacramentale», dice monsignor Pio Vito Pinto, decano della Rota Romana e presidente della commissione speciale per la Riforma del processo matrimoniale canonico. E sottolinea, a proposito di questa riforma che affonda le radici ecclesiologiche nel Concilio Vaticano II e cade tra il sinodo straordinario (ottobre 2014) e quello ordinario (ottobre prossimo), che tra i «poveri» vanno annoverati i «divorziati risposati tenuti o considerati lontani». I due Motu proprio di Papa Francesco, «Mitis Iudex Dominus Iesus» e per le Chiese orientali «Mitis et misericors Iesus», firmati il 15 agosto (Assunta) e pubblicati nella festa della Natività della Madonna entrano in vigore l’8 dicembre (Immacolata concezione). Il Papa ha promulgato questi documenti a valle dei lavori del Sinodo straordinario scorso, che, nella relazione finale, rilevava, tra l’altro, che «un grande numero dei Padri ha sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili, possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità. Tra le proposte si indica il superamento della necessità della doppia sentenza conforme; la possibilità di determinare una via amministrativa sotto la responsabilità del vescovo diocesano; un processo sommario da avviare nei casi di nullità notoria». La decisione papale giunge anche a conclusione del lavoro della commissione speciale per la Riforma del processo matrimoniale canonico che, presieduta da monsignor Pinto, fu creata ad agosto del 2014 e consegnò le conclusioni al Papa nei mesi scorsi. Papa Francesco ha voluto «seguire e essere periodicamente informato» sui lavori della commissione, «a va dunque lui la decisione di questa pubblicazione, ha detto Pinto. «Il Santo Padre ha passato questa decisione con gravità ma anche con grande serenità, egli ha inteso solo perseguire quella che per lui è la massima legge: la salvezza delle anime, nella sostanze, nelle procedure e nei tempi». Quanto ai lavori della commissione, «è chiaro che è un atto di uomini, dunque fallaci, comunque onesti, che hanno discusso, votato e quasi tutto approvato all’unanimità. Il Santo Padre è stato confortato da questa conclusione e da ultimo ha voluto sentire quattro grandi esperti, poiché tutto è perfettibile, e questi grandi esperti, che restano segreti, hanno fornito le loro osservazioni e hanno trovato che la sostanza e anche la forma del documento poteva lasciare il Santo Padre tranquillo». Con «questa legge fondamentale», si legge nel testo dello stesso Pinto per l’Osservatore Romano, Francesco «dà il vero inizio alla sua riforma: ponendo al centro i poveri, cioè i divorziati risposati tenuti o considerati lontani, e chiedendo ai vescovi una vera e propria metànoia. Cioè una “conversione”, un cambiamento di mentalità che li convinca e sorregga a seguire l’invito di Cristo, presente nel loro fratello, il vescovo di Roma, di passare dal ristretto numero di poche migliaia di nullità a quello smisurato di infelici che potrebbero avere la dichiarazione di nullità — per l’evidente assenza di fede come ponte verso la conoscenza e quindi la libera volontà di dare il consenso sacramentale — ma sono lasciati fuori dal vigente sistema». Da questo punto di vista, «c’è un punto dell’analisi comune tra Benedetto XVI e Francesco sul sacramento celebrato senza fede da un gran numero di divorziati e risposati civilmente, costretti a vivere nelle periferie, lontani dalle porte delle nostre chiese. Ma c’è una novità essenziale che va delineando la missione propria di Papa Francesco. Non è più l’ora soltanto delle analisi, è l’ora dell’agire, di iniziare quell’opera di giustizia e di misericordia da troppo tempo attesa, riordinando la prassi pastorale e canonica sostanzialmente in vigore da poco meno di tre secoli». Alla conferenza stampa è intervenuto anche il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi: «I processi di nullità del matrimonio – ha detto – possono essere certamente velocizzati però nel pieno rispetto della loro natura di indagine della verità». Coccopalmerio, che ha fatto parte con Pinto della Commissione voluta dal Papa per studiare le possibili soluzioni in materia, ha spiegato i cambiamenti più significativi della nuova normativa ricordando il canone 1671 in cui si prevede che «il vescovo diocesano è giudice nella sua Chiesa particolare e quindi afferma che il tribunale può essere costituito dal solo vescovo diocesano. Si dice al vescovo diocesano di costituire un tribunale che possa giudicare in sua vece; si dà comunque al vescovo stesso la facoltà di accedere a un tribunale viciniore». Altra «grossa novità» è quella del «tribunale collegiale: se l'appello risulta manifestamente dilatorio» dovrà confermare «con proprio decreto la sentenza di prima istanza». Terzo aspetto significativo è il processo più breve. «La sentenza – ha spiegato Coccopalmerio – è emanata dallo stesso vescovodiocesano se raggiunge la certezza morale circa la nullità del matrimonio, oppure da lui la causa in esame viene rimessa a processo ordinario. Un appello contro la sentenza è comunque previsto, però non deve essere un appello meramente dilatorio, perché in questo caso viene rigettato "a limine"».

Alla conferenza stampa sono anche intervenuti monsignor Dimitrios Salachas, esarca apostolico di Atene per i cattolici greci di rito bizantino, monsignor Luis Francisco Ladaria Ferrer, gesuita, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, monsignor Alejandro W. Bunge, prelato uditore della Rota Romana e il domenicano Nikolaus Schoech, promotore di Giustizia Sostituto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, tutti membri della commissione speciale.

 

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