mercoledì 20 maggio 2020
Qual è lo stile che la Chiesa e i cristiani possono proporre alla società per andare oltre l'emergenza? La riflessione della presidente Ucsi verso la Giornata delle Comunicazioni di domenica 24 maggio
Vania De Luca, presidente nazionale dell'Unione Cattolica Stampa Italiana

Vania De Luca, presidente nazionale dell'Unione Cattolica Stampa Italiana

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“Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana (…) che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri”. Parole di papa Francesco nel messaggio per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2020, che è stato scritto prima della pandemia, ma che anche nel deserto che stiamo attraversando indica una strada per l’informazione. È quella via lungo la quale si incontrano e raccontano “storie buone”, “che edifichino, non che distruggano”, storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme. Mentre si inizia la ripartenza della fase 2 sarà importante fare memoria dei due mesi e mezzo che abbiamo alle spalle, ricordando le vittime che non sono numeri ma volti e storie, le sofferenze di tante famiglie, i contagiati, i medici e gli infermieri che si sono spesi fino al sacrificio della vita per soccorrere e curare, le persone che a seconda del proprio ruolo hanno consentito che la società andasse avanti. Il pensiero quotidiano del Papa all’inizio della messa a Santa Marta, trasmessa ogni giorno in streaming, è riuscito a includere tutti, vivi e morti, e a guardare a tante categorie di persone, dai bambini agli artisti. Rimarrà un simbolo di questo tempo l’immagine di papa Francesco che la sera del 27 marzo sale verso il sagrato di San Pietro in una piazza deserta, solo, all’imbrunire, sotto la pioggia, per una preghiera solitaria con lo sguardo a tutto il mondo e l’attenzione, nell’omelia, a quelle persone “che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia”, e che “hanno compreso che nessuno si salva da solo”. L’intenzione della messa del 6 maggio è stata “per gli uomini e le donne che lavorano nei mezzi di comunicazione”, perché il loro sia “un lavoro di trasmissione, sempre, della verità”. Principio basilare, ma non facile in mezzo a quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito infodemia, cioè quell’abbondanza di informazioni, non tutte accurate, che «rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno», mentre le fake news si diffondono più velocemente del virus.

Di questo periodo si dovrà fare tesoro per quanto di nuovo si è imposto alla comunicazione della Chiesa, e non solo in chiave di privazione, ma anche in quella della creatività, della novità, della ricerca di un Altro che non sempre è altrove, anche quando si cammina nel deserto. Sono stati proprio i mezzi di comunicazione a favorire la connessione tra le persone che non potevano uscire di casa, e che si sono

ritrovate virtualmente per appuntamenti diversi, dalle celebrazioni ai momenti di preghiera ai tanti webinar per fare in modo che l’isolamento fisico non diventasse isolamento sociale. Tante comunità parrocchiali, gruppi, associazioni, movimenti, hanno scoperto nuovi modi per comunicare. L’Ucsi nazionale ha tenuto vivo il sito, i social e la newsletter, e per la giornata delle comunicazioni sociali del 24 maggio ha raccolto in un video le voci dei giovani che ogni anno partecipano alla scuola di Assisi. Tante le iniziative Ucsi da nord a sud. Oltre agli incontri on line, vorrei citare l’offerta del “pane sospeso” a Siracusa e i tweet quotidiani #Parolesulsilenzio proposti dal Friuli-Venezia Giulia. Piccoli modi per rinforzare i legami comunitari in un tempo duro, che ha messo in luce tante fragilità e svelato tanti inganni, ma anche nuove potenzialità e ricerca di essenzialità che potranno risultare preziose in futuro.

Presidente nazionale dell’Ucsi (Unione cattolica stampa italiana)

C’è anche un contributo di Vania De Luca nel libro «La vita si fa storia. Commenti al Messaggio di papa Francesco per la 54esima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali» (Scholé, 190 pagine, 15 euro) che esce – come ogni anno – alla vigilia dell’evento ecclesiale in calendario domenica, solennità dell’Ascensione, pubblicazione promossa dall’Ufficio Cei e curata dal suo direttore Vincenzo Corrado insieme al pedagogista Pier Cesare Rivoltella, studioso dell’impatto delle nuove tecnologie sulla vita e l’apprendimento. Al contributo («Memoria: le cose e le parole») che la senatrice propone al Messaggio del Papa si aggiungno le riflessioni di Marko Ivan Rupnik, Paolo Ruffini, Fausto Colombo, Adriano Fabris e Vania De Luca, oltre a quelli degli stessi Rivoltella e Corrado. Il sussidio si completa con schede per educatori e famiglie e per animatori della comunicazione. Quest’anno il tema del Messaggio «”Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia», scritto prima della pandemia, si rivela di imprevedibile attualità per la Chiesa e il suo modo di raccontare se stessa in un mondo che ne ha cercato e ascoltato la voce come forse non accadeva da tempo.

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