giovedì 18 marzo 2021
Tutto era stato concordato nei dettagli con lo stesso fondatore della comunità, che aveva accettato la proposta. La scorsa settimana l’ex priore aveva invece raccontato una versione diversa
La comunità di Bose in preghiera

La comunità di Bose in preghiera - Monastero di Bose

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C’erano sono tutte le condizioni favorevoli per il trasferimento di Enzo Bianchi da Bose a Cellole di San Gimignano, in Toscana, secondo quanto previsto dal decreto della Segreteria di Stato vaticana. Un contratto per il comodato d’uso della struttura che non contempla affatto il rischio «di essere cacciato in qualsiasi momento», la possibilità per chi si sarebbe trasferito con l’ex priore di continuare a seguire lo stile di vita monastica di sempre, l’utilizzo dei terreni che circondano la comunità. Anche le date per il trasferimento erano state concordate per tempo. Lo scrive il delegato pontificio, padre Amedeo Cencini, in un comunicato che ribadisce punto per punto la verità dei fatti, in risposta alla nota diffusa dallo stesso Bianchi lo scorso 6 marzo. Il delegato pontificio scrive che la precisazione, decisa in accordo con la Santa Sede, si rende necessaria «per una corretta comprensione degli eventi».

Ma per capire come si è arrivati fin qui è necessario fare un passo indietro. Il caso Bose è esploso alla fine del 2019, con la visita apostolica, sollecitata dalla comunità stessa. Alla luce della documentazione raccolta è stato emanato il "decreto singolare" approvato in forma specifica dal Papa, quindi non appellabile, in cui si dispone il trasferimento di Enzo Bianchi. Il decreto avrebbe dovuto essere attuato entro dieci giorni dalla notifica (avvenuta il 21 maggio). Invece non succede nulla. Da qui la decisione di individuare una «soluzione per venire incontro alle difficoltà manifestate da fratel Enzo nell’obbedire al decreto singolare».

La “proposta Cellole” – precisa ancora Cencini – viene formulata verbalmente il 20 ottobre 2020. In una mail del 5 novembre Bianchi si dice d’accordo: «Il mio è un sì, con le osservazioni fatte circa la condizione dei fratelli che andranno a Cellole, e lo status della fraternità stessa». Il giorno successivo si rifiuta di firmare un accordo. Il 20 novembre cambia ancora idea: «Ribadisco [il mio] assenso ad andare a Cellole con dei fratelli e delle sorelle». E lo conferma il 13 gennaio in una mail al delegato pontificio: «Accetto di andare a Cellole come chiede il decreto, ma pongo delle domande circa le modalità da realizzare». Cencini risponde il 18 gennaio, specifica che lo spostamento dovrà ultimarsi entro il 16 febbraio (quindi un mese dopo) e precisa tutte le scadenze intermedie.

«Secondo queste modalità – si legge ancora nel comunicato – tra il 26 gennaio e il 2 febbraio cinque fratelli e due sorelle danno per iscritto la propria disponibilità a recarsi a Cellole alle condizioni indicate dal decreto. Due fratelli vengono designati il 27 gennaio e i loro nomi vengono comunicati a Enzo Bianchi. Come previsto, questi due fratelli l’8 febbraio si recano a Cellole e ricevono gli immobili in custodia dai fratelli di Bose là presenti, i quali tra il 9 e il 10 febbraio rientrano a Bose. Il 10 febbraio – spiega ancora il comunicato – altri tre fratelli e due sorelle che avevano dato il loro assenso vengono designati per recarsi a Cellole e i loro nomi vengono comunicati a Enzo Bianchi. Nessuno di loro però accetta poi di trasferirsi se prima non si reca a Cellole lo stesso fratel Enzo».

Nel suo comunicato Enzo Bianchi aveva invece scritto che il decreto gli «ingiunge di trasferirsi a Cellole senza sapere né identità né numero dei fratelli e delle sorelle che sarebbero andati a vivere con lui». Smentite anche le sue osservazioni secondo cui «l’economo della comunità e il delegato pontificio hanno posto da subito determinate condizioni, tra le quali la perdita di tutti i diritti monastici per i fratelli e le sorelle che si sarebbero trasferiti a Cellole». Precisa infatti Cencini: «Contrariamente a quanto affermato da Bianchi, né il decreto né tantomeno il comodato d’uso contengono alcun divieto a condurre "vita monastica"... Chi vi andrà sarà libero di fare il tipo di vita (monastica) che desidera».

Tutto chiarito dunque? Sotto il profilo dello svolgimento dei fatti evidentemente sì. E d’altra parte lo scorso 4 marzo il Papa aveva confermato i contenuti del decreto del maggio scorso «dei quali chiede l’esecuzione». Difficile equivocare. Rimane ora da vedere quando Bianchi, tuttora nel suo eremo accanto a Bose, deciderà di ascoltare le indicazioni del Papa.

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