lunedì 23 settembre 2013
I vescovi riuniti a Roma per il Consiglio permanente della Cei. La prolusione del cardinale Bagnasco: «La politica sostenga la famiglia fondata sul matrimonio». No all'«individualismo» che crea «esiti catastrofici» sul piano sociale ed economico. La condanna della violenza sulle donne e le discriminazioni. Crisi: in Italia ancora nessun segnale concreto di ripresa: «Tempo di responsabilità. Ogni atto passerà al giudizio della storia» (Annalisa Guglielmino
IL TESTO INTEGRALE
Insieme si cambia di Francesco Ognibene
IL SOCIOLOGO «Nulla come la famiglia garantisce coesione»
LE ASSOCIAZIONI «Esortati ad agire»
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«La macchina del Paese ha un cuore e un motore. Ed è nostra ferma convinzione che sia la famiglia». La famiglia resta, come tante volte ribadito in questi anni, al centro delle preoccupazioni per la Chiesa italiana. Lo ha ribadito il cardinale Angelo Bagnasco ai vescovi riuniti a Roma nel Consiglio permanente della Cei. «Il centro che deve ispirare e muovere il paese è la famiglia  fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna - ha rimarcato il presidente della Conferenza episcopale italiana -.Il patrimonio umano che è la famiglia naturale è un bene insostituibile che dev'essere custodito, culturalmente valorizzato e politicamente sostenuto». I giovani e l'avventura della Chiesa. Le parole di Bagnasco originano dal magistero di papa Francesco e dagli importanti incontri che la Chiesa ha vissuto nelle ultime settimane: dalla Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro alla 47esima Settimana sociale dei Cattolici italiani. Il «popolo di giovani» che ha risposto all’invito del Papa, per Bagnasco, ha lasciato il segno: quegli oltre 3 milioni di ragazzi «ci hanno chiesto con la potenza contagiosa della loro giovinezza, una cosa semplicissima, umana e divina insieme: di stare con loro», ha ricordato Bagnasco. «Essi non vogliono essere esclusi dall’avventura né della vita né della Chiesa» e vogliono «vivere la Chiesa senza storture funzionaliste o clericalismi», ha aggiunto ricordando anche le recenti parole di papa Francesco nell'intervista alla Civiltà Cattolica: «I ministri della Chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia».Individualismo e famiglia. Cambiamento di un'epoca, «più che epoca di cambiamenti», il momento presente chiede di riconoscere il «virus dell'individualismo»: «La prospettiva autoreferenziale, insofferente ai legami, porta con sé un carico di violenza che anche i drammatici fatti di cronaca, sempre più numerosi, testimoniano a partire dalla violenza sulle donne. Ci sembra che l’opinione pubblica abbia cominciato una specie di rimonta su questo versante culturale, riscontrando gli esiti catastrofici sul piano sociale, economico e politico». Da qui il richiamo al tessuto familiare: «È veramente più felice l’uomo di oggi rispetto a ieri dove i rapporti si costruivano nella sequenza dei giorni, nel sacrificio e nella pazienza dell’amore? Nell’umiltà delle cose, senza la smania dell’apparenza e di un benessere illimitato? Dove la cultura dell’incontro e dei legami era il tessuto della vita e rendeva solida e affidabile la società intera? Senza il microcosmo della famiglia è impossibile vivere il macrocosmo della società e del mondo. Senza, infatti, l’uomo si trova sperduto, privo di punti di riferimento alla mano». Lo Stato, per i vescovi, «non è necessitato a impegnarsi con ogni desiderio individuale o relazione, ma solo con quelle realtà che hanno rilevanza per il "corpo sociale" nel suo presente e nel suo futuro». Responsabilità per il Paese. «Come Pastori viviamo con la gente e per la gente nel nome di Gesù - ha detto Bagnasco -. Raccogliamo riconoscenti la loro fiducia, condividiamo le loro speranze e le ansie, specialmente in tempi che continuano a essere duri e non se ne vede ancora la fine. Non ci si può illudere che tutto sia nuovamente a portata di mano come prima: grande impegno viene profuso dai responsabili della cosa pubblica, ma i proclamati segnali di ripresa non sembrano dare, finora, frutti concreti sul piano dell’occupazione che è il primo, urgentissimo obiettivo. Ogni passo è benvenuto, ma l’ora esige una sempre più intensa e stabile concentrazione di energie, di collaborazioni, di sforzi congiunti senza distrazioni, notte e giorno. Ogni atto irresponsabile – da qualunque parte provenga – passerà al giudizio della storia», ha sottolineato il cardinale.La lezione di Lampedusa. «Ma la cifra dell’individualismo avvelena anche gruppi e popoli - ha avvertito il presidente Cei, ricordando in particolare le vicende in Siria e della Terra santa -. Ciò è visibile sullo scenario internazionale con aperte e continue forme di discriminazione e di intolleranza. In troppe parti del mondo la violenza, specialmente contro i cristiani, non solo continua ma addirittura sembra intensificarsi». Impossibile, per i vescovi, non ripensare alla storica visita di papa Francesco a Lampedusa. «Essa ha riproposto la logica delle beatitudini e del giudizio davanti a Dio e ripresenta alla coscienza europea un dramma che nessuno Stato membro può eludere - ha commentato Bagnasco -. Lampedusa, e in genere l’Italia, è la porta dell’Europa, cioè la porta di casa. Il Papa ha sollecitato le Nazioni più ricche a riconsiderare le ferite di molti popoli senza girare lo sguardo dall’altra parte, come accadde nella parabola del samaritano. Si tratta di giustizia e di solidarietà, ma anche di intelligenza: fino a quando tanti squilibri e sofferenze?».No alla cultura dello «scarto». «Nella Gmg di Rio, il Santo Padre ha anche insistito perché si ristabilisca il dialogo tra i giovani e gli anziani, che sono i due estremi della società e che rischiano di essere scartati - ha ricordato Bagnasco nella sua prolusione -. Siamo di fronte a una specie di neo-maltusianismo economicistico, a una cultura dello scarto che si fa avanti ormai a viso aperto in alcune regioni del mondo. La Chiesa porta il suo contributo di principi e di testimonianza perché il pubblico dibattito sia arricchito di sensibilità e ragioni».Violenza contro la persona. La Chiesa porta il suo contributo di principi e di testimonianza perché il pubblico dibattito sia arricchito di «sensibilità e ragioni», è stata la conclusione di Bagnasco. «È necessario, però, sgombrare il campo da pregiudizi e dalle pressioni del momento, per poter dialogare con serenità. Nessuno, ad esempio, discute il crimine e l’odiosità della violenza contro la persona, qualunque ne sia il motivo: tale decisa e codificata condanna – coniugata con una costante azione educativa – dovrebbe essere sufficiente in una società civile. In ogni caso, per lo stesso senso di civiltà, nessuno dovrebbe discriminare, né tanto meno incriminare in alcun modo, chi sostenga ad esempio che la famiglia è solo quella tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, o che la dimensione sessuata è un fatto di natura e non di cultura».

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