lunedì 30 settembre 2013
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L’attenzione per l’utilizzo degli spazi di Assisi e soprattutto di quelli religiosi è da sempre forte nella diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino. In particolare, i vescovi della città di Francesco e Chiara si sono dovuti interrogare spesso sulla necessità di preservare un equilibrio tra la custodia delle ricchezze monumentali tramandate da otto secoli di devozione francescana e l’attenzione ai poveri che è centrale nel messaggio del Santo. L’intervento più emblematico è stato quello del vescovo attuale, monsignor Domenico Sorrentino, che cinque anni fa si è schierato in difesa dei poveri contro un’ordinanza del Sindaco che prevedeva restrizioni ai mendicanti. Sorrentino replicò così: «in una città che si gloria dello spirito di Assisi non basta sanzionare e reprimere». Non era stato meno chiaro nel definire la visione che ha la Chiesa della città di Francesco il suo predecessore Sergio Goretti, il quale scrisse alle congregazioni religiose affinché cessassero di acquistare immobili entro le mura di Assisi per non impoverirne il tessuto civile. Anche in quel caso, la Chiesa si preoccupava di non scavare fossati con una comunità che da sempre ha in San Francesco un punto di riferimento spirituale e civile ma, per le ricadute turistiche prodotte dalla tradizione francescana, anche economico. Il segnale più forte sulla necessità di seguire un preciso modus nella gestione del patrimonio ecclesiastico è venuto proprio da Sorrentino, poco prima di indire il Sinodo diocesano. Nella lettera alle persone di vita consacrata, il presule si è riferito esplicitamente alla accoglienza dei pellegrini. «Sapete che questo tipo di servizio, in sé certamente lodevole, è oggi fatto segno di particolari "attenzioni" da parte di una certa opinione pubblica laicista - scriveva in un periodo in cui infuriavano le polemiche sull’Ici - che mette poi in difficoltà tutta la Chiesa, gettando il sospetto che le nostre opere non siano regolari sotto il punto di vista fiscale e regolamentare. Dobbiamo fare in modo, su questo punto, di essere inattaccabili, sia per il dovere morale di camminare nella legalità, sia per evitare qualche "scandalo" che getterebbe un’ombra diffamatoria anche sul comune impegno».
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