venerdì 18 gennaio 2013
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Se c’è un’immagine della Basilicata che in queste ore sta facendo il giro del mondo, veicolata da tv e siti web, è quella che propone il monumentale presepe realizzato dal maestro lucano Franco Artese in piazza San Pietro, a Roma. L’opera, portata a termine grazie al supporto dell’Azienda di promozione turistica della Regione, ritrae i millenari rioni Sassi di Matera, scavati nel tufo, e sembra proiettare la città e l’intera regione verso un traguardo tanto ambizioso quanto difficile: "Matera capitale europea della cultura 2019".Artese è tra i più autorevoli esponenti della scuola presepistica meridionale. In modo tutto singolare rappresenta la Natività nell’ambiente della società contadina lucana, semplice e povera, proprio come la famiglia di Nazareth. Da Betlemme (dove ha realizzato un’opera per l’Unesco) ad Assisi (san Francesco è il riferimento spirituale dell’artista) fino al Greenwich Village di New York (dove il suo presepe da 140 metri quadrati è stato visitato da un milione di persone), tanto per citare alcune location delle sue esposizioni, Artese è pervaso da una convinzione: promuovere l’esposizione di un presepe è fare evangelizzazione. È quanto ha provato a esprimere direttamente al Papa quando, lo scorso 31 dicembre, il Pontefice ha visitato la sua opera (ricevuta in dono dalla Regione Basilicata) in piazza San Pietro.«Sì – ammette – la Lucania esprime ancora quel senso di semplicità, di valori autentici nel suo nucleo più prezioso: la famiglia. Ecco perché ho proposto i Sassi, che sono patrimonio culturale Unesco, quale "culla" dell’evento scelto da Dio per entrare nella storia dell’uomo. Un posto umile ma che dà il senso più autentico della famiglia. Una impostazione, questa, condivisa dai vertici del Governatorato della Città del Vaticano». Fare evangelizzazione, in questo caso, si sposa con il fare cultura. «Ma non sempre – dice l’artista nato a Grassano nel 1957 – noi lucani siamo bravi a proporre il veicolo culturale come fonte di sviluppo, a promuovere le nostre bellezze, a far tesoro delle nostre peculiarità e a sfruttare le grandi potenzialità turistiche di una regione ancora troppo poco conosciuta».Il paragone con altri posti è quasi scontato: «Ormai reputo l’Umbria una mia seconda casa. La frequento tanto per lavoro ed ho finito per amare questa regione. Ebbene, gli umbri saprebbero valorizzare e, mi si passi il termine, "vendere", turisticamente parlando, anche l’ultima e meno significativo dei siti lucani». Eppure la Basilicata possiede altre grandi risorse: petrolio (nel suo sottosuolo scorre il più grande giacimento petrolifero dell’Europa continentale), gas e acqua.Nonostante ciò, i suoi giovani scappano altrove. «È la cosa che mi fa più male – incalza Artese –. Dopo aver terminato le scuole superiori, in tanti vogliono proseguire gli studi all’università, quindi si spostano. Fin qui tutto normale. Ciò che reputo inaccettabile è che questi nostri ragazzi, dopo aver conseguito una laurea, non trovano più occasioni di lavoro per far ritorno in Basilicata. Non chiedono la luna ma anche piccole opportunità». Per esempio? «Il successo internazionale che opere come le mie hanno riscosso e i considerevoli flussi turistici in aumento soprattutto in siti di grande attrattiva (anche dal punto di vista cinematografico) come Matera, mi hanno indotto, qualche tempo fa, a sollevare l’idea dell’istituzione di una scuola di manufatti artigianali artistici che desse ai nostri giovani un’occasione. Nessuno ha raccolto l’idea. Io credo che la speranza vada costruita partendo da noi stessi, superando una volta per tutte quella insana abitudine di aspettare che le novità calino dall’alto. In fondo, la Basilicata ha tutto per crescere».
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