venerdì 3 maggio 2013
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Il compositore Giovanni Allevi, nato ad Ascoli Piceno 44 anni fa, è oggi, uno dei maggiori ambasciatori delle Marche nel mondo. Dopo il successo del suo ultimo album Sunrise sta per partire per una serie di concerti in Giappone, dove è una autentica star. Ma il musicista è ancora legatissimo alla sua terra d’origine dove ha deciso di fare crescere i suoi due bambini. Senza dimenticare il rapporto tra fede e territorio che lo portò nell’agosto del 2011 a suonare davanti ai vescovi per il XXV Congresso eucaristico nazionale ad Ancona.Allevi, qual è il suo rapporto personale con la sua regione d’origine?Le Marche sono una terra misteriosa; tra le sue caratteristiche principali c’è il silenzio, l’unica via per entrare in contatto con la nostra identità più profonda.Quali sono le bellezze culturali, artistiche, naturali e spirituali della sua regione che ama di più?Ogni volta mi sorprende il paesaggio che sembra sospeso in una dimensione fuori dallo spazio e dal tempo. Amo in particolare il Polittico del Crivelli, nella mia Ascoli Piceno, un quadro del Quattrocento dove è manifestata una spiritualità quasi astratta e cristallizzata, lontana dalle passioni. Sarà che la mia vita è un tumulto di emozioni, ma ho bisogno di tutto questo.Quali le cose che vorrebbe migliorare?Vorrei che i giovani delle Marche non cedessero alla tentazione di sentirsi in periferia. Oggi ciò che conta è la forza e la freschezza delle idee, e la nostra terra predispone all’innovazione.Le Marche sono una regione ricca di spiritualità, oltre che di magnifiche chiese ed abbazie. Come vede il rapporto tra la fede e la sua regione?C’è una spiritualità profonda e sincera, proprio perché i marchigiani sono gente semplice senza grilli per la testa, con la predisposizione al sogno e a guardare verso orizzonti lontani.Da bambino, o anche ora, ha avuto incontri con sacerdoti della sua regione? A vent’anni non avevo amici, tranne don Mauro Bartolini, un giovane sacerdote teologo, con cui facevo lunghe discussioni di filosofia. Era più grande di me e mi invitò più volte a guardare insieme lo stesso film, Paris Texas, in cui si soffermava ad ammirare le inquadrature del cielo azzurro. «Guarda il cielo - mi diceva - abbiamo perso la capacità di scavalcare gli orizzonti». Don Mauro morì in un incidente stradale; a lui ho dedicato il mio brano per pianoforte solo Ti scrivo.Che cosa pensa di papa Francesco, che oggi riceverà i vescovi delle Marche?Oltre la dolcezza e la tenerezza di cui tutto il mondo ha bisogno, ciò che mi ha colpito di lui è stato quell’interminabile minuto di silenzio, con cui serio ha osservato la folla, appena affacciato al loggiato di San Pietro. È lo stesso atteggiamento che mi ritrovo ad avere quando sto per entrare sul palco.In fondo papa Francesco stava per fare il concerto più importante della sua vita.
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