venerdì 12 giugno 2015
Scout: «In strada per fare bella la Chiesa Lo zaino dice chi siamo». Dai presidenti nazionali le speranze degli 80mila che domani incontreranno il Papa in San Pietro.
COMMENTA E CONDIVIDI
​«Nello zaino portiamo al Papa la nostra identità, la nostra storia, la nostra strada e anche il nostro pellegrinare verso San Pietro che è poi il nostro pellegrinare nella Chiesa». Così i presidenti del Comitato nazionale dell’Agesci, Marilina La Forgia e Matteo Spanò, spiegano il grande incontro di domani con papa Francesco in piazza San Pietro. «Abbiamo una grande attesa di ciò che il Papa ci dirà. Abbiamo desiderio e bisogno della sua benedizione, e di abbracciare chi ogni giorno ci indica la strada maestra e ci invita a occuparci del mondo, nelle città, nei quartieri, dove possiamo essere più utili. Questo vogliamo portare via nel nostro zaino».Quindi questo incontro col Papa non è un evento a sé stante.È parte della nostra strada. Nel lanciare l’incontro abbiamo chiesto ai ragazzi di impegnarsi in questa strada "per far bella la Chiesa".Scout parte attiva della Chiesa?Assolutamente sì. In dialogo con la Chiesa ma nella Chiesa. "Abitiamo" le parrocchie e lì proviamo a fare la nostra parte. È un momento per la Chiesa di fruttuoso confronto. Noi siamo dentro questo momento di confronto e di ricerca. Assolutamente dentro, e lì vogliamo stare. In passato abbiamo avuto l’orgoglio di definirci "anima critica" della Chiesa. In questo momento di fermento questa stessa espressione ci appare anacronistica.Papa Francesco lo avete già avuto tra voi, anche se solo per telefono, alla Route nazionale dello scorso anno.Chiamò i rover e le scolte alla responsabilità del presente. E questo era veramente nello spirito dalla Route. E proprio questo richiamo ci sta portando verso San Pietro.Cosa è stato questo anno post Route?Per i diversi gruppi ha significato un maggior radicamento nelle realtà, un confronto più diretto e costruttivo con le istituzioni locali, una disponibilità alla costruzione del bene comune, un ritrovare la responsabilità piena di esserci. Per il livello nazionale l’impegno è stato quello di avviare una riflessione sul livello pedagogico. Abbiamo bisogno di rileggere questo nostro patrimonio.Qualcuno ha storto il naso su alcuni passaggi della "Carta del coraggio", in particolare quelli su famiglia e sessualità.Si è creato scalpore e polemica, sia dentro che fuori l’associazione, ma se vogliamo essere onesti fino in fondo, i ragazzi non hanno detto assolutamente nulla di inatteso, che abbia veramente ragione di scandalizzare, sconvolgere. È chiaro che la "Carta del coraggio" non è un documento associativo. Per un’associazione che pone l’ask the boy come principio cardine della propria pedagogia, quella è la voce dei ragazzi che abbiamo sollecitato e accolto, e sulla quale esercitiamo il nostro pensiero pedagogico.E qual è la posizione dell’Agesci?Siamo dentro la Chiesa e nel confronto che la sta animando verso il Sinodo.È un momento di grande visibilità dello scautismo. Si legge spesso di lobby scout facendo riferimento a Renzi e non solo a lui. È positivo o no?All’indomani della Route dicemmo che eravamo contenti di questa visibilità, che per noi significava vedersi riconosciuti per quel che siamo e per quel che possiamo rappresentare in questa società. Una realtà associativa importante non solo numericamente, ma come esperienza che accompagna la crescita e la formazione del cittadino e del cristiano. Una cosa che ci fa piacere perché non sempre ci siamo sentiti così. Oggi siamo consapevoli del rischio che si accompagna a questa visibilità. Anche perché c’è una particolare congiuntura anche se sempre nei governi c’è stato qualcuno che ha vissuto la sua formazione con noi. Adesso conviene un po’ di più rivendicarlo... E quindi c’è un rischio di sovraesposizione, ma noi, per come siamo, abbiamo l’antidoto. Noi lavoriamo quotidianamente, e lavoriamo "nei boschi", siamo così perché siamo "uomini dei boschi". È una metafora, ma dice il senso del nostro quotidiano lavoro che non si vede e che però è la nostra forza vera. E la sostanza di quello che siamo resta al riparo dai rischi di una sovraesposizione.Quanto il metodo scout può aiutare il Paese in una fase di fatica, tra polemiche sull’immigrazione e corruzione, che sembrano allontanare dai valori della solidarietà e dell’impegno?Lo scoutismo può giocare moltissimo su questi fronti. Lo misuriamo su quello che accade nelle realtà locali. Crediamo in quello che la presenza dello scautismo può fare sul piano culturale come lotta all’individualismo e all’egoismo. Anche come effetto di un evento così grande come è stata la Route nazionale. La consapevolezza di essere una realtà che può pesare nel tessuto sociale è forte e da questo deriva la responsabilità di tenere altissima la proposta educativa.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: