mercoledì 13 febbraio 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
​Si stringono attorno al loro vescovo, i parroci romani. Pieni di affetto per il pastore che li ha guidati negli ultimi otto anni, di cui custodiscono ricordi che strappano il sorriso ma anche qualche lacrima di commozione. Ancora si emoziona al pensiero della visita del Pontefice nella sua parrocchia don Slawomir Skwierzynski, che guida la comunità di San Massimiliano Kolbe a Prato Fiorito, estrema periferia est di Roma. Qui Benedetto XVI celebrò la Messa il 12 dicembre 2010. «Conservo un ricordo bellissimo di quella mattinata – dice don Slawomir, polacco ma da quasi vent’anni residente nell’Urbe –, che per me fu speciale per due motivi. Innanzitutto, c’era il Papa che veniva nella mia parrocchia e, soprattutto, io ne ero il parroco da appena tre mesi! La visita di Benedetto XVI ci ha aiutato molto come comunità, perché ha accelerato la creazione di un legame di comunione tra me e i fedeli». Il sacerdote rievoca «la tenerezza» del Pontefice, il suo «sguardo pieno di comprensione». Al termine della celebrazione eucaristica, racconta, Benedetto XVI «si fermò a parlare con i bambini e con le famiglie, che lo attendevano nel salone attiguo all’aula liturgica, e salutò tutti con molto affetto». Di quella giornata restano le fotografie che don Slawomir conserva con cura, e degli ultimi otto anni rimangono gli insegnamenti di Benedetto XVI. «Ho apprezzato sempre molto le sue catechesi del mercoledì – commenta –. Mi colpiscono la profondità e al tempo stesso la semplicità del suo pensiero». Come pure «il suo puntare sulla preghiera e sulla liturgia», osserva don Domenico Monteforte, parroco di Santa Maria delle Grazie a Casal Boccone. Un’altra parrocchia di periferia - zona Nord della Capitale - che ha accolto il Santo Padre nelle sue consuete visite nel tempo di Avvento, l’11 dicembre del 2011. Una targa in fondo alla chiesa fa memoria dell’avvenimento. «Fu un giorno molto bello – riflette il sacerdote –, ma molto bello forse è dire poco. Porto nel cuore la semplicità di Benedetto XVI, la sua umanità, umiltà. Ricordo l’entusiasmo di quando ha incontrato i bambini, l’interesse che mostrava per ciascuno». Un mese dopo, aggiunge don Domenico, «siamo andati in udienza a ringraziarlo». Ricorda un’udienza speciale anche padre Lucio Zappatore, carmelitano, parroco di Santa Maria Regina Mundi a Torre Spaccata. «Al tradizionale incontro di Quaresima con il clero romano, il 2 marzo del 2006, lessi una poesia in romanesco per il Papa, intitolata "’Na finestra su ner Cielo"». Oltre che come guida spirituale, padre Lucio è apprezzato per le sue doti di poeta nella lingua di Trilussa e di Gioacchino Belli. «Il titolo si riferiva alle parole che l’allora cardinale Ratzinger pronunciò nell’omelia del funerale del suo predecessore, papa Wojtyla – racconta il parroco –. Benedetto XVI rimase colpito dai miei versi, tanto che alla fine dell’incontro con noi sacerdoti disse: "Avrò ancora la possibilità di meditare, di interiorizzare queste belle parole e di tenere presente che questa finestra è sempre aperta"». Sorride e quasi si commuove, padre Lucio. «Mi ha costantemente impressionato la chiarezza di Benedetto XVI nell’esporre la fede – osserva –. È sempre stato un piacere sentirlo parlare. Riusciva a fare breccia nei cuori dei fedeli con la sua lucidità. Una persona riservatissima, ma che ha lasciato il segno».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: