sabato 13 ottobre 2018
La casa natale e la chiesa in cui fu battezzato. Il santuario in cui maturò la vocazione e celebrò la prima Messa. Così i «luoghi montiniani» raccontano l'umanità e la spiritualità del nuovo santo
Concesio: la casa natale di Paolo VI addobbata per la canonizzazione (foto LRos)

Concesio: la casa natale di Paolo VI addobbata per la canonizzazione (foto LRos)

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Concesio è il volto di Paolo VI moltiplicato migliaia di volte sulle bandiere, gli striscioni, i manifesti che tappezzano il suo paese natale. Concesio è il nome di Paolo VI che si aggiungerà a quello di Sant’Antonino quale compatrono della parrocchia dove fu battezzato, «quando la Congregazione delle cause dei santi ci autorizzerà». Soprattutto: «Concesio è una comunità che vive con orgoglio, gratitudine e profondo affetto il legame con Paolo VI, non per campanilismo ma perché negli anni siamo cresciuti nella conoscenza della sua vita, del suo insegnamento, della sua santità, e sentiamo sempre più la responsabilità di essere fedeli alla sua grandezza, umana e cristiana», scandisce il parroco di Sant’Antonino, monsignor Fabio Peli, a poche ore dalla partenza per Roma dove si recheranno per la canonizzazione di Giovanni Battista Montini 400 abitanti del popoloso borgo bresciano all’imbocco della Val Trompia dove il nuovo santo vide la luce il 26 settembre 1897, secondogenito di Giorgio Montini e di Giuditta Alghisi, e dove ricevette il battesimo, il 30 settembre.

Il maxischermo, l'annullo filatelico, l'accoglienza dei giovani

Per chi non scenderà a Roma – e per i molti pellegini attesi domenica 14 ottobre a Concesio – verrà allestito un maxischermo in Sant’Antonino per la diretta della canonizzazione. «Ci sarà anche un annullo filatelico speciale, mentre alcuni nostri giovani accoglieranno i visitatori e li guideranno ai nostri “luoghi montiniani”, la casa natale e la pieve di Sant’Antonino», prosegue il parroco. Sono ore febbrili, queste della vigilia. Concesio si fa bella per la grande festa. Lungo le strade, davanti a edifici privati e pubblici, gente impegnata negli ultimi preparativi, ad appendere bandiere e festoni bianchi e gialli. «Ma anzitutto ci siamo preparati spiritualmente, con una partecipata novena, e con la 19ª Settimana montiniana. Alle spalle, un cammino di preparazione remota, che da anni ci impegna nella progressiva conoscenza di Paolo VI», insiste monsignor Peli.

Nella casa natale, dove «apprese la civiltà dell'amore»

Quale luogo migliore per iniziare questa conoscenza che la visita alla casa natale? Si tratta di un edificio del ’400, più volte rifatto nei secoli, acquistato dalla famiglia Montini nel 1863. Qui si veniva d’estate, lasciando l’abitazione di Brescia. Qui nacque il Papa che «annunciò al mondo la civiltà dell’amore che fanciullo apprese fra queste mura», ricorda una lapide sulla facciata. Qui vivono, e accolgono i visitatori, tre Figlie di Maria Ausiliatrice: suor Teresina, suor Enrica e suor Monica. «Qui non si viene a vedere una casa o dei mobili, ma a conoscere un Papa santo, il Papa che ha amato l’uomo e la vita», incalza suor Teresina Rosanna.

Suor Teresina: ai bambini diciamo che nemmeno lui è nato santo

Stanza dopo stanza – inclusa quella in cui venne al mondo – tra fotografie, documenti, libri, oggetti della quotidianità, ci si accosta al volto autentico del santo con l’aiuto delle tre suore: più che semplici guide, appassionate e competenti “cantastorie” della storia d’amore – amore per Cristo, amore per l’uomo – che porta il nome di Paolo VI. «E tanti ci ringraziano, ci dicono “che bella persona, come lo conoscevo poco!” – testimonia suor Teresina –. Fra i visitatori abbiamo vescovi con i loro sacerdoti e i loro seminaristi – anche dall’estero come, giovedì scorso, l’arcivescovo di Panama, José Domingo Ulloa Mendieta – ma pure giovani coppie che chiedono la grazia di un figlio – o coppie più anziane che chiedono quella di un nipote. Ecco: vediamo molta gente nella sofferenza, che viene non per avere un miracolo ma la forza per sostenere la prova. E si viene anche per ringraziare: ad esempio per la propria vocazione, come ha fatto un giovane neolaureato che ha scelto di farsi prete. Riceviamo pellegrini italiani e stranieri, sempre più numerosi in questi giorni; parrocchie, gruppi, oratori, scuole. Agli adulti presentiamo il Papa del Concilio che insegna a vivere in pienezza il Vangelo in ogni dimensione dell’esistenza. Ai bambini e ai ragazzi, raccontando episodi tratti dalla Positio, spieghiamo come il futuro Papa non sia nato santo ma lo sia diventato, lui che era un ragazzo come gli altri – anche nelle marachelle! – e come tutti siamo chiamati alla santità, che è la via alla vera felicità».

Il parroco: sempre più pellegrini associano Concesio e Sotto il Monte

Accanto alla casa natale, la sede dell’Istituto Paolo VI – il centro internazionale di studi e documentazione che realizza sul piano del rigore scientifico la dedizione alla feconda memoria del Papa bresciano – e il museo dell’Associazione Arte e Spiritualità con le settemila opere d’arte ivi custodite, a mostrare un altro volto della sua grandezza, nella capacità di dialogo con la contemporaneità. Pochi minuti e si arriva alla pieve di Sant’Antonino. Appena dentro, sulla sinistra, la cappella col fonte battesimale e quella dedicata a Paolo VI. «È difficile individuare un profilo prevalente fra i visitatori – riprende monsignor Peli –. Sempre più spesso, però, vediamo pellegrinaggi che associano Concesio a Sotto il Monte-Giovanni XXIII, i paesi dei pontefici del Concilio. E numerosi vediamo arrivare oratori e gruppi di giovani, a riscoprire il dono del battesimo per tornare rinnovati alla vita quotidiana, qui, dove Paolo VI, con la vita terrena, ricevette la vita soprannaturale».


Il Santuario delle Grazie di Brescia: «Luogo dei due “sì”»

«Questo Santuario è il luogo di due “sì”: quello di Maria e quello del giovane Montini». Don Claudio Zanardini, direttore dell’Ufficio turismo e pellegrinaggi della diocesi di Brescia dal 2001 e dell’Ufficio per l’ecumenismo dal 2005, è il nuovo rettore del Santuario di Santa Maria delle Grazie: non solo, da secoli, cuore della devozione mariana situato nel cuore antico della città lombarda, ma anche luogo per eccellenza della memoria e del culto di Paolo VI. È all’altare del Santuario che il 30 maggio 1920 il novello sacerdote Giovanni Battista Montini celebra la prima Messa, indossando la pianeta ricavata dall’abito nuziale della madre. Ed è, innanzitutto, «in quel pio domicilio, casa e Chiesa, di culto mariano», che «maturò la nostra giovanile vocazione sacerdotale», disse Paolo VI all’Angelus del 9 settembre 1973. La famiglia Montini abitava al numero 17 di via delle Grazie, a pochi metri dal Santuario. Ebbene: molteplici sono i luoghi montiniani in diocesi di Brescia, a partire dalla casa natale e dalla parrocchiale di Sant’Antonino, a Concesio, e dalla Cattedrale di Brescia, dove fu ordinato sacerdote – e dove lo ricorda un’opera di Lello Scorzelli d’intensa, drammatica bellezza – fino all’eremo dei Santi Pietro e Paolo a Bienno, in Val Camonica, all’Istituto salesiano “San Bernardino” di Chiari, all’abbazia olivetana San Nicola di Rodengo Saiano e alla chiesa parrocchiale di Nuvolera – dove, testimonianza commovente, è conservata la culla in cui la balia Clorinda Zanotti tenne «Battistino» per un anno. Ciascun luogo offre la possibilità di un’esperienza che apre all’incontro con tratti peculiari, originali, dell’umanità, del magistero e della santità di Paolo VI. Che cosa significa, nel caso del Santuario delle Grazie?

Il rettore: con Paolo VI qui preghiamo per la vita e incontriamo Cristo

«Qui, nella preghiera, Montini maturò la sua vocazione al sacerdozio», risponde don Zanardini alla vigilia della partenza del pellegrinaggio diocesano guidato dal vescovo Pierantonio Tremolada che porterà oltre cinquemila bresciani a Roma per la canonizzazione di Paolo VI. «Ecco: questo luogo del “sì” di Maria e del “sì” di don Battista – maturato nella condivisione di un fecondo contesto familiare – può essere sperimentato come lo spazio accogliente per approfondire la dimensione vocazionale della vita. Penso in particolare alle realtà impegnate nella pastorale giovanile. Qui, inoltre – riprende il rettore – possiamo vivere e approfondire una spiritualità mariana seria, serena, dal solido fondamento biblico e rivolta a Cristo, come ci insegna il Paolo VI dell’esortazione apostolica Marialis Cultus. Questo è anche il santuario dove pregare per la vita invocando il Papa della Humanae vitae – come ha fatto la mamma di Amanda, la bambina del miracolo che ha aperto la via alla canonizzazione. Ed è il luogo in cui riscoprire il dono della Riconciliazione, assieme al Papa che volle il Giubileo del 1975 come Anno Santo della Riconciliazione». Da questo scenario nasce un impegno. «Qui pellegrini e devoti non mancano, dall’Italia e dall’estero. A richiamarli è anche la reliquia della maglia macchiata di sangue che Paolo VI indossava a Manila il giorno dell’attentato – oltre che la pianeta della prima Messa. Noi vogliamo rendere il Santuario sempre più accogliente – anche sul piano strutturale, dei servizi e della comunicazione, anche creando spazi per l’ospitalità di gruppi in preghiera – per promuovere la qualità dell’esperienza spirituale e la conoscenza autentica e profonda di Paolo VI».

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