giovedì 25 giugno 2015
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«La Sindone ci insegna a non estraniarci, come cristiani, dalla storia di sofferenze e di lacrime che inonda la vita delle persone e spesso ne travolge i sentimenti e l’esistenza, ma innesta in noi un di più di speranza». Per il Custode, questa ostensione è stata veramente un dono di speranza: «Abbiamo visto – ci dice l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia – centinaia di migliaia di pellegrini che si sono fatti accogliere, da Torino e dalla Sindone, venuti in cerca di un Volto che vogliono ritrovare dentro se stessi. Un Volto segnato sì dalla Passione del Signore, ma anche dalla testimonianza della sua risurrezione». C’è un collegamento stretto, ha detto il Custode della Sindone nell’omelia per la festa di san Giovanni Battista, patrono di Torino, tra il pellegrinaggio al Telo e la testimonianza di Giovanni il Precursore. «L’ostensione della Sindone ci ha detto, con semplicità e drammaticità che oggi c’è bisogno di cristiani che siano innamorati di Dio, convinti della propria fede, esperti secondo lo Spirito, pronti a rendere ragione della speranza che è in loro, capaci di rifiutare sempre i compromessi di coscienza con le logiche del mondo che li circonda, testimoni della potenza di Dio che si rivela nella loro debolezza».  Ai deboli e agli ultimi Nosiglia ha voluto che l’ostensione fosse attentissima: per i malati sono stati inventati quattro centri di ospitalità, modellati sugli 'accueil' di Lourdes, dove hanno sostato oltre 3mila fra ammalati e accompagnatori, un esperimento sociosanitario e pastorale che non ha eguali in Italia. L’arcivescovo ricorda anche i pellegrinaggi dei clochard di Roma, le visite di tanti altri gruppi di rifugiati e nomadi che hanno caratterizzato il cammino dell’ostensione:  «Sono stati momenti di testimonianza che ci aiutano a capire meglio il significato della frase del Vangelo di Giovanni che abbiamo scelto come motto per l’ostensione, quell’Amore più grande per cui il Signore continua a donarci la vita, e per il quale chiede da noi risposte concrete». I gesti di accoglienza durante il cammino della Sindone hanno anticipato quelli di papa Francesco, che a Torino ha voluto a tavola con sé i giovani detenuti del 'Ferrante Apporti' e, prima di partire, ha ricevuto un gruppo di rifugiati. «Ma il Papa – dice ancora Nosiglia – è rimasto colpito soprattutto dall’entusiasmo di Torino, dalla sua capacità di trasformarsi, di fare festa». Anche da qui nasce la speranza per il futuro: «Io ho fiducia, perché Torino è un terreno fertile dove, se getti un seme, ne nasce un giardino, perché è sufficiente stimolare e chiedere e poi tanta gente si coinvolge e si fa carico delle realtà più difficili che gravano purtroppo tra tante persone e famiglie della città. Ora il Papa ci ha detto di scommettere di più e insieme su queste enormi potenzialità che abbiamo. Perché, anche tra noi, tanti sono ancora i cittadini che devono adoperarsi con impegno per superare una cultura e una mentalità autoreferenziale che tende a chiudersi in se stessa e spinge a non attivare quelle sinergie oggi più che mai necessarie per favorire una rete di presenze, di servizi e di condivisione tra le varie fasce della popolazione, messe in grado di offrire il proprio apporto costruttivo, per una città veramente solidale, pacifica e giusta in cui ogni abitante si senta accolto, amato e promosso nella sua dignità e nei suoi diritti e sia messo in grado di contribuire al bene comune».
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