lunedì 21 gennaio 2013
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​Si può fare, anche in Calabria. «L’importante è ribaltare la prospettiva, mettendo gli obiettivi da raggiungere prima degli ostacoli da superare». Parola di Florindo Rubbettino, da ormai tredici anni alla guida della casa editrice fondata nei primi anni Settanta dal padre Rosario. Impresa che all’epoca poteva apparire temeraria, ma che risulta coraggiosa ancora oggi, se tiene conto che, pur crescendo in autorevolezza e consistenza di catalogo, la Rubbettino non si è mai spostata dall’originaria sede di Soveria Mannelli, in provincia di Catanzaro. «Ma sarebbe sbagliato considerarci un’eccezione assoluta – sottolinea l’editore –. In questa regione le esperienze positive non mancano, anche in campo culturale. Arti figurative, musica, teatro: sono tutti settori in cui la Calabria sta esprimendo eccellenze indiscusse. Il problema non è questo».E qual è, allora?Il senso di minorità o, se si preferisce, il complesso di inferiorità che ancora oggi impedisce di dare continuità al proprio lavoro. Per la gran parte degli intellettuali questa è, purtroppo, una terra in cui si nasce, si cresce, ma da cui poi si parte. In pochi scelgono di restare.Il risultato?Un continuo e in apparenza inarrestabile rarefarsi delle risorse che la società civile potrebbe altrimenti esprimere. Non vorrei essere frainteso, ma c’è un investimento eccessivo in quella che potremmo definire la sovrastruttura della politica: si aspetta sempre che arrivi qualcuno dall’alto a risolvere i guai e così non ci si rende conto che molto può essere fatto dal basso. Anzi, da quella “società di mezzo” che invece rischia di coltivare un sentimento di isolamento e, in definitiva, di irrilevanza.Se questo fosse il bilancio, anche voi avreste dovuto andarvene da un pezzo.Ma non l’abbiamo fatto, perché le alternative da percorrere ci sono e vanno nella direzione di un maggior coordinamento tra le forze vitali che, lo ripeto, in Calabria operano da tempo. Penso a tutta una serie di presìdi che comprendono uomini di Chiesa, sindaci, associazioni, imprenditori. Se è vero che le organizzazioni criminali restano il vero dramma di questa terra, la sola strategia vincente consiste nell’imparare a organizzarsi.Dove sta, nello specifico, il contributo della Chiesa?Nella sua capacità di essere, nello stesso tempo, presenza tradizionale e avamposto di una mentalità innovatrice. Negli ultimi anni si sono fatti progressi straordinari, specie nel campo della cultura della legalità. Si è passati dal silenzio alla condanna esplicita e tutto questo, anche grazie a molte esperienze di frontiera, si è tradotto in una maggiore attrattiva esercitata nei confronti dei giovani, che stanno riscoprendo la Chiesa come luogo di socializzazione, di educazione e di incontro.Un segnale di speranza, non trova?Certo, anche perché si colloca in quella dimensione dei valori immateriali che, come abbiamo ormai compreso, rappresentano il nuovo patrimonio che siamo chiamati a costituire e custodire. In questo senso, mi pare che la prospettiva di un meridionalismo di maniera, un po’ angusta nel rivendicare l’importanza esclusiva del territorio, possa tradursi oggi in un ritrovato orgoglio dell’essere calabresi. Senza localismi ormai anacronistici, ma anche senza quel famigerato complesso di inferiorità che ha portato finora a disperdere tante energie positive.
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