venerdì 15 marzo 2013
Sul sito Jesuiten.org il messaggio del sacerdote impegnato negli Esercizi spirituali: «Dopo la nostra liberazione ho lasciato l'Argentina. Solo anni dopo abbiamo avuto la possibilità di parlare di quegli avvenimenti con padre Bergoglio, che nel frattempo era stato nominato arcivescovo di Buenos Aires. Dopo quel colloquio abbiamo celebrato insieme una Messa pubblica e ci siamo abbracciati solennemente».
COMMENTA E CONDIVIDI
Sono riconciliato con quegli eventi e per me quella vicenda è conclusa». È quanto ha scritto padre Franz Jalics, nato in Ungheria e residente da anni in Germania. «Dopo la nostra liberazione - scrive in un comunicato pubblicato sulla pagina jesuiten.org Jalics - ho lasciato l'Argentina. Solo anni dopo abbiamo avuto la possibilità di parlare di quegli avvenimenti con padre Bergoglio, che nel frattempo era stato nominato arcivescovo di Buenos Aires. Dopo quel colloquio abbiamo celebrato insieme una Messa pubblica e ci siamo abbracciati solennemente». Franz Jalics, uno dei due sacerdoti gesuiti perseguitati dalla dittatura argentina all'epoca in cui Jorge Mario Bergoglio era Provinciale di Buenos Aires dell'Ordine, vive in Germania ed è "in pace" con papa Francesco. Lo sostengono fonti dell'Ordine fondato da sant'Ignazio di Loyola. Il sacerdote - che dal 1978 risiede nella piccola località bavarese di Wilhelmsthal, vicino Kronach- si trova in questi giorni in Ungheria, dove rimarrà fino al 10 maggio, impegnato in esercizi spirituali. Ma il sacerdote alcuni anni fa si recò a Buenos Aires, proprio su invito dell'arcivescovado della capitale argentina, e "affrontò la questione", hanno indicato fonti dell'Ordine dei Gesuiti a Monaco all'edizione on-line del settimanale Der Spiegel. "È in pace con Bergoglio", ha aggiunto il portavoce dei Gesuiti tedeschi, Thomas Busch, senza specificare il contenuto della conversazione. Jalics fu sequestrato nel 1976, insieme a un altro gesuita, Orlando Yorio, quando entrambi prestavano servizio tra i diseredati di Flores, una bidonville a Buenos Aires, ai tempi della dittatura argentina (1976-1983). La questione della presunta collaborazione di papa Francesco con la Giunta Militare, proprio in questo caso, è uno dei temi affrontati dal giornalista argentino Horacio Verbistky ed è riemersa nelle ore successive all'elezione al soglio petrino del cardinale Bergoglio. Alcuni settori del “kirchnerismo” mettono in dubbio il comportamento di Bergoglio in quegli anni e sostengono che non protesse i due sacerdoti; Verbitsky accusa Bergoglio di aver di fatto consegnato i due sacerdoti. Lo stesso Bergoglio nel 2010 rigettò le accuse e anche la collaborazione con i militari nel libro “El jesuita”. “Bergoglio non è stato complice della dittatura”, “le circostanze del Paese erano tali per cui la maggioranza della popolazione era vittima della dittatura”. Lo ripete con fermezza il Premio Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel, in un'intervista concessa al Sir. Il nuovo Papa è sotto i riflettori "perché si dice che non fece il necessario per tirar fuori di prigione i due sacerdoti. So personalmente che molti vescovi chiedevano alla Giunta Militare la liberazione di prigionieri e sacerdoti e non veniva concessa", ha ricordato ancora Peres Esquivel. I due gesuiti furono liberati dopo 5 mesi di torture. Yorio morì nel 2000 in Uruguay per cause naturali, mentre Jalics si rifugiò nella meditazione e nella preghiera per superare l'esperienza subita; una condizione su cui ha anche scritto un libro.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: