sabato 14 febbraio 2015
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Soane Patita Paini Mafi con i suoi 53 anni diventa il più giovane membro del collegio cardinalizio (potrà prendere parte a un conclave fino al 2042). Voce e testimone delle periferie dell’Oceania, di un arcipelago composto da 176 isole e di una Chiesa piccola ma vitale, 16mila anime su 102mila abitanti.Eminenza, ormai la possiamo chiamare così, quando e come ha saputo della sua nomina? Il mio cellulare ha squillato circa alle 4 di mattina di lunedì 5 gennaio. Ho visto che era mio fratello minore che sta in California: non avevo voglia di rispondere perché volevo ancora dormire e poi perché pensavo volesse salutarmi ma avesse calcolato male il fuso orario. Così ho continuato a dormire. Quando il telefono ha suonato una seconda volta ho deciso di rispondere, pensando che potesse essere la notizia di qualche parente negli Usa che non stava bene. Mio fratello ha detto invece che il suo parroco gli aveva mandato un sms, perché aveva appena sentito il mio nome nella lista dei nuovi cardinali. Non potevo crederci. Ho riattaccato e controllato su internet: una sorpresa enorme, mi sono sentito veramente piccolo, quasi schiacciato. Mi sono messo spontaneamente in preghiera fino all’arrivo della luce e di altre telefonate, che poi si sono susseguite per giorni. Ha potuto parlare con il Papa lo scorso ottobre, quando è stato a Roma per il Sinodo? L’ho incontrato solo una volta e ho parlato con lui per pochi minuti nella pausa di una sessione pomeridiana dei lavori. Sono stato fortunato, mi sono mosso più velocemente dei miei confratelli e gli ho preso la mano. Lui ha messo l’altra sua mano sulla mia spalla: un gesto come da padre a figlio. Una curiosità: ogni volta che deve venire a Roma quanto tempo ci mette? Quanti scali fa in media? Sono circa 27 ore di volo, molto stancante... con 4 o 5 scali, a seconda della rotta. Lei è cresciuto in una famiglia cattolica. Da dove viene la fede dei suoi genitori e da dove viene la sua vocazione? Mio nonno è stato per più di 40 anni catechista, prima era stato chierichetto e aiutante del vescovo Felix Blanc, l’ultimo vescovo francese di Tonga. Mio padre ha seguito le sue orme, diventando anche lui catechista. La casa della mia famiglia era vicino alla canonica della parrocchia di Nuku’alofa, la capitale. Così anch’io ho iniziato fin da piccolo a fare il chierichetto, andando a servire Messa. Mi interessavano i sacerdoti, mi piaceva sentirli predicare. Ho frequentato una scuola primaria e una secondaria cattolica e anche lì mi interessavano le lezioni di religione. Quella di diventare sacerdote è stata una mia libera decisione. Com’è la relazione tra le diverse confessioni cristiane a Tonga? Il cattolicesimo cresce? Il dialogo è solido. Le Chiese cristiane non solo collaborano in progetti di sviluppo umano e sociale, ma assieme pregano e tengono celebrazioni ecumeniche. Ci sono due organismi ecumenici: il Tonga National Council of Churches di cui sono attualmente il presidente, e il Tonga National Forum of Church Leaders. Un recente rilevamento statistico indica una graduale crescita della Chiesa cattolica.Quanto la Chiesa di Tonga dipende dall’estero come missionari e aiuti? A livello economico ancora molto, dipende dai sussidi che vengono da Roma - dalle Pontificie Opere Missionarie - e dalla nostra gente che vive negli Usa, in Australia e Nuova Zelanda. In questo momento ci sono tutto sommato abbastanza sacerdoti e religiose del luogo per venire incontro ai bisogni di questo arcipelago. Ci sono laici che li stanno assistendo molto da vicino, come catechisti o insegnanti. Quali secondo lei le ricchezze della Chiesa di Tonga e quali i suoi punti deboli? Fra le ricchezze direi il grado di partecipazione dei laici alla vita ecclesiale. La nostra gente ha poi un forte senso del sacro, lo si coglie nell’amore della liturgia, del canto nelle celebrazioni. Ha un grande affetto per i sacerdoti e i religiosi, che sostiene. Tra i punti deboli, come rovescio della medaglia, la tendenza a essere troppo dipendenti da sacerdoti e da religiosi. E ad avere uno sguardo troppo locale, dimenticando l’universalità della Chiesa, per esempio in certi aspetti della liturgia.
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