giovedì 13 marzo 2014
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​Lo scorso 4 ottobre è stata una giornata storica che ci ha fatto conoscere il cuore di papa Francesco e offerto un piccolo "compendio" dei temi a lui più cari. Quel giorno Bergoglio lo ha passato tra i luoghi del santo a cui deve il nome da Pontefice, parlando al mondo intero soprattutto «attraverso i gesti», come sottolinea il vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, Domenico Sorrentino.Quali i gesti più significativi di quella visita del Papa ad Assisi?Il primo lo ha compiuto proprio all’inizio della giornata restando quasi un’ora all’Istituto Serafico, che si occupa di ragazzi pluridisabili. In questo modo ha voluto quasi percorrere l’itinerario di san Francesco, il quale nel suo testamento ricorda che la sua conversione iniziò quando aprì il cuore ai lebbrosi, gli ultimi del suo tempo. Il Papa ha voluto cominciare con i malati, i sofferenti, e lo ha fatto mettendoci dentro tutto il suo cuore: è stato un vero pellegrinaggio da ragazzo a ragazzo, abbracciando ciascuno, toccando ciascuno dei disabili, scambiando qualche parola con loro e i loro assistenti. Ci ha ricordato così che occorre saper ascoltare le piaghe di Cristo nei fratelli. Questo primo momento ha dato il tono all’intera giornata e ha mostrato l’anima del suo pontificato. Con le sue parole e i suoi gesti – tra i quali anche il pranzo con i poveri e l’invito a non cadere nella mondanità – assieme all’itinerario «classico» attraverso i luoghi della memoria francescana, papa Francesco ha voluto esprimere il suo cuore e ripercorrere le orme di san Francesco per spiegare in maniera concreta perché ne ha scelto il nome.Per Assisi e per la famiglia francescana che significato ha avuto questo incontro?È stato un evento che ha segnato la comunità locale. Alla Chiesa di Assisi, Chiesa madre di san Francesco, e ai «figli» del santo patrono d’Italia, i francescani, il Papa ha voluto porre degli interrogativi forti sulla fedeltà al messaggio di san Francesco e, attraverso lui, sulla fedeltà al Vangelo. In Cattedrale, in particolare, reagendo alle informazioni che ha ricevuto sul cammino di preparazione al Sinodo diocesano, Francesco ha dato delle indicazioni molto puntuali, invitando tutti i battezzati ad essere protagonisti e i pastori a dedicarsi totalmente al cammino del popolo. Per noi è stato importante anche ciò che ha detto a Santa Maria per i giovani, insegnandoci ad avere per loro un’attenzione tutta speciale e facendo ai giovani l’appello alla capacità di scelte definitive nel superamento della cultura dell’effimero.Come ha riecheggiato ad Assisi la parola «armonia», più volte pronunciata dal Papa?È stata una parola forte: Assisi è una realtà ecclesiale dalle anime molteplici dentro l’unico grande orizzonte segnato dalla spiritualità francescana. E c’è un cammino d’integrazione, di sinergia, d’intesa, che si sta svolgendo positivamente. Il Papa ha sottolineato l’esigenza della comunione: si tratta per tutti di valorizzare la propria identità convergendo verso l’unica appartenenza alla Chiesa, perché la testimonianza cristiana sia veramente credibile.È cambiato qualcosa nella vita della Chiesa di Assisi dopo la visita?C’è un impulso che ci mette le ali. Il ricordo dell’evento rimane vivo e in alcuni incontri stiamo «rimettendo in moviola» delle scene particolarmente significative di quel giorno. La visita, inoltre, ha dato un grande impulso al Sinodo che stiamo preparando e ci ha imposto di rivisitare tutta quanta la nostra azione pastorale.E lei personalmente cosa ricorda con maggiore gratitudine di quel giorno?Ho avuto il privilegio di vivere dodici ore fianco a fianco con il Papa: quello che mi ha particolarmente impressionato è la sua capacità di stabilire rapporti, di incontrare gli occhi, le mani, il cuore delle persone, facendo attenzione a ciascuno anche in una situazione così affollata come quella della visita. Mi ha colpito come il Papa fosse alla ricerca delle persone e sapesse prestare così tanta attenzione a ognuno. Per me la cosa più importante e toccante è stata proprio questa sua capacità, che contiene un messaggio: «l’uomo via della Chiesa», diceva Giovanni Paolo II, un’indicazione che anche papa Francesco ci ha mostrato attraverso i suoi gesti.
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