sabato 13 giugno 2020
A Palazzo Chigi, i magistrati di Bergamo ascoltano il premier e i ministri Lamorgese e Speranza sulle mancate zone rosse a Nembro e ad Alzano
La procuratrice Maria Cristina Rota esce da Palazzo Chigi

La procuratrice Maria Cristina Rota esce da Palazzo Chigi - Reuters

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A giudicare dal tono tranquillo col quale fonti di governo liquidano la questione, almeno per ora lo spettro di una possibile spada di Damocle giudiziaria per l’esecutivo nell’inchiesta sui decessi per Covid-19 nel Bergamasco non sembra così incombente. È ormai sera quando il pool di pubblici ministeri di Bergamo si appresta a rientrare in Lombardia, dopo aver acquisito i verbali delle audizioni col premier Giuseppe Conte e coi ministri dell’Interno e della Salute, ascoltati come «persone informate sui fatti» nell’inchiesta sui decessi avvenuti nella provincia lombarda a causa del Coronavirus e sulla mancata istituzione di zone rosse nei comuni di Nembro e Alzano. Alle 17.30, uscendo da Palazzo Chigi, la procuratrice facente funzioni Maria Cristina Rota, riferisce di «un clima di massima distensione e collaborazione istituzionale». Mezz’ora dopo, a parlare è il presidente del Consiglio, attraverso una stringata nota diffusa da Palazzo Chigi: «Ho voluto chiarire tutti i passaggi nei minimi dettagli». La scelta dei termini non sembra a caso: quel «minimi dettagli» spiega il perché di una deposizione iniziata poco dopo le 10 del mattino e durata circa tre ore, durante la quale il premier ha risposto alle sollecitazioni della procuratrice Rota, affiancata da una nutrita pattuglia di sostituti (Paolo Mandurino, Silvia Marchina e Fabrizio Gaverini).

«Ho agito con coscienza». Sui contenuti delle dichiarazioni messe a verbale, c’è stretto riserbo. È presumibile che il premier abbia risposto ai pm fornendo informazioni relative agli atti dell’esecutivo e ricostruendo la catena di eventi e le motivazioni alla base di ogni decisione assunta dal governo: non dichiarare «zone rosse» i comuni di Alzano Lombardo e Nembro, chiudendo poi tutta la Lombardia due giorni, sarebbe stata una scelta politica, maturata dopo un confronto nel governo sulla base dei pareri degli esperti. Una scelta in quel momento condivisa con la Regione Lombardia che, se contraria, in base alla legge avrebbe potuto agire in autonomia. Ieri, in alcune interviste, Conte si era detto tranquillo rispetto alla deposizione: «Non la temo affatto. Mi sono reso subito disponibile per informare il pm di tutte le circostanze di mia conoscenza ». E alla domanda chiave («Tornando indietro, farebbe la zona rossa attorno ai comuni di Alzano e Nembro?») aveva risposto con un perentorio «No, perché ho agito in scienza e coscienza».

I due ministri. Dopo Conte, i pm hanno ascoltato per un’ora il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Ma dal Viminale non trapela nulla, se non una generica «serenità» d’animo del ministro. Nel pomeriggio è toccato al ministro della Salute Roberto Speranza (diretto interlocutore dell’Istituto superiore di Sanità, il cui presidente Silvio Brusaferro era stato ascoltato dai pm giovedì). Il suo unico commento è affidato a un pacato messaggio su Facebook: «Penso che chiunque abbia avuto responsabilità dentro questa emergenza, dal capo dell’Oms al sindaco del più piccolo paese, debba essere pronto a rendere conto delle scelte fatte – scrive Speranza –. Da parte mia, ci sarà sempre massima disponibilità nei confronti di chi indaga».

I rimpalli con la Lombardia. Basteranno le ricostruzioni fornite dal premier e dai due ministri ad allontanare dal governo l’ipotesi di una qualche responsabilità penale (più che politica o amministrativa) rispetto alla mancata decisione sulle due zone rosse? Lo si capirà solo quando la procura di Bergamo renderà note le proprie determinazioni rispetto a eventuali iscrizioni nel registro degli indagati (nel caso di esponenti del governo, il fascicolo dovrebbe poi essere affidato alla sezione locale del tribunale dei ministri). Nei giorni scorsi, Rota aveva detto che «la zona rossa era responsabilità del governo». Ma ieri ha precisato: «No. Avevo dichiarato che, dalle dichiarazioni che avevamo in atto, c’era quella in quel momento. Non ho altro da aggiungere ». Secondo il governatore lombardo Attilio Fontana e l’assessore regionale Giulio Gallera, già ascoltati dai pm, competeva a Roma stabilire eventuali zone rosse. Una linea politica che il leader della Lega Matteo Salvini difende: «Era una decisione del governo, la Regione Lombardia non aveva alcuna responsabilità – incalza –. Ci aspettiamo che ora Conte almeno chieda scusa a parenti e amici dei troppi bergamaschi morti».

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