sabato 4 aprile 2020
Il 6 marzo, data dello stop alla quarantena del Lodigiano, era necessario 'blindare' la Bergamasca. Sono i numeri a confermarlo: da allora calo dei contagi a Codogno, mentre ad Alzano è un’impennata
A Ponte San Pietro (Bergamo) il sacerdote benedice le bare

A Ponte San Pietro (Bergamo) il sacerdote benedice le bare - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

La ferita italiana del Covid- 19 s’è aperta profondissima soprattutto lassù, in val Seriana, il simbolo di una tragedia collettiva. Nembro e Alzano Lombardo, terra bergamasca, portano addosso le lacrime e il dolore delle troppe vite spezzate. Ma cosa si poteva fare, per prevenire il tracollo? Una zona rossa, dicono in tanti, che però non è mai stata istituita, a differenza di quanto messo in atto con tempistiche da blitz nel Lodigiano, all’alba dell’epidemia. A suggerire che quella strada avrebbe potuto evitare troppi lutti, c’è la forza dei numeri. Non certezze, ma indicazioni custodite nei dati sulla mortalità diffusi dall’Istat.

Il focolaio di Covid-19 nel Lodigiano – e parallelamente Vo’, nel Padovano – s’era acceso venerdì 21 febbraio: in poche ore, già prima di sera, quando i casi accertati erano meno di 20, dieci Comuni attorno a Codogno venivano blindati, così come Vo’. La prima vera zona rossa. Peraltro l’allarme in Bergamasca era stato altissimo sin dai primi giorni, domenica 23 febbraio il pronto soccorso dell’ospedale di Alzano venne chiuso perché il contagio s’era diffuso all’interno della struttura. È quella una delle possibili falle nella catena di comando dell’emergenza in terra orobica, ancora senza risposta.

I dati sulla mortalità giorno per giorno dell’Istat censiscono 218 decessi tra Nembro e Alzano (25mila abitanti in totale) tra 21 febbraio e 21 marzo; il picco si raggiunge il 6 marzo, con 18 morti in 24 ore, e fino al 17 marzo ci saranno ben otto giornate con almeno 10 decessi ciascuna. Poi c’è il confronto con la zona rossa lodigiana: Istat censisce i decessi giornalieri di sette dei dieci Comuni 'militarizzati', tra cui Codogno e Casalpusterlengo, 47mila residenti complessivi. Proporzionando le due aree in termini di popolazione, il confronto è lampante: la curva dei decessi nel focolaio lodigiano è più alta, peraltro di molto poco, sino al 6 marzo e poi scende, mentre la Val Seriana s’impenna. E non è una data casuale, quella del cambio di trend: dal 21 febbraio – la sera delle prime restrizioni, poi formalizzate nel decreto di domenica 23 – al 6 marzo passano 14 giorni, l’arco di temporale più indicato come cruciale per spezzare la carica epidemica del Covid- 19 attraverso l’isolamento. Alla fine del mese analizzato, nei Comuni-campione del Lodigiano si contano 278 vittime, più di Nembro e Alzano, ma ripartite su un’area che ha quasi il doppio dei residenti.

L’intreccio di date porta sempre al 6 marzo, un venerdì. Doveva essere il giorno dell’istituzione della zona rossa tra Alzano e Nembro, voce che circolava insistentemente anche tra molti rappresentanti istituzionali di alto livello. Trecento uomini tra militari e carabinieri erano già stanziati in due hotel tra Zingonia e Osio, pronti al blitz per cinturare l’area. Non si fece nulla, e questo resta il buco nero nella ricostruzione. Nei giorni scorsi, il Consiglio comunale di Nembro ha discusso una relazione presentata dal sindaco Claudio Cancelli. «Due aspetti specifici della nostra realtà hanno complicato la decisione», si legge nel report. Il primo punto parla della «presenza di un tessuto produttivo costituito da numerose aziende manifatturiere. Anche se non mi è noto direttamente, si può immaginare che associazioni imprenditoriali abbiano posto questa questione come meritevole di attenzione ai livelli regionali e nazionali». Il secondo tema è legato alla morfologia: centri cittadini più 'diluiti' nel Lodigiano, rispetto al continuum urbano di quello spicchio di valle bergamasca, dove l’interazione sociale è più consistente.

Il resto è storia recente. Il susseguirsi di decreti del governo, rafforzati di volta in volta per tamponare le possibili zone grigie nell’interpretazione e i margini che hanno consentito il proseguire del contagio. Il dramma orobico, le colonne di mezzi militari carichi di bare a squarciare il silenzio della notte. E le vittime. Tante, troppe. A ieri quelle ufficiali in Bergamasca erano 2.292, ma la cifra oscura lambisce i cinquemila possibili decessi da Covid-19.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: