mercoledì 12 agosto 2015
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(Treviso) Più di 90 seminaristi, 350 studenti, 21 preti. Il seminario di Treviso non ha posti liberi. Ma oggi la diocesi accoglie 160 profughi in ospitalità diffusa. E con quella di Vittorio Veneto, nella stessa provincia, ha aperto le porte a ben 600 dei 900 scampati dalla fame e dalla guerra.  «Signor Presidente, a quali ambienti vuoti del Seminario si riferisce?» chiede a Luca Zaia don Lucio Bonomo, dalle pagine del settimanale diocesano, «La vita del popolo». E, in ogni caso – ricorda monsignor Adriano Cevolotto, il vicario generale – nessuno dalla Prefettura di Treviso, né ieri né oggi ci ha chiesto la disponibilità del seminario. È da qualche settimana, invece, che il presidente del Veneto sta insistendo su questo tasto, senza peraltro fare riferimenti a tal seminario piuttosto che a tal altro. Zaia, per la verità, appartiene alla diocesi di Vittorio Veneto. 

 «È giusto che si sappia – puntualizza il vescovo Corrado Pizziolo – non solo che i seminari non sono vuoti, ma anche, ad esempio, che il seminario di Vittorio Veneto ha dato gran parte degli ambienti che non erano occupati, proprio alla Caritas, che – guarda caso – svolge un compito di accoglienza certamente verso i poaréti foresti, ma anche verso i  poaréti nostrani». La Caritas diocesana Vittorio Veneto accoglie da anni immigrati, ultimamente profughi. Anche coloro che vengono dimessi dai programmi di protezione, in attesa di ricevere la documentazione di rifugiati politici. E lo fa a titolo gratuito, collaborando con il volontariato. La Chiesa vittoriese, reduce da un programma di sostegno degli impoveriti dalla crisi, continuato per anni e che ha comportato una prova di generosità di poco inferiore al milione, proprio in seminario sta ricavando alloggi dove ospitare disoccupati e, appunto, profughi ed immigrati, e laboratori di formazione indirizzati al loro reinserimento lavorativo. «La cosa che mi preoccupa di più non è che ci siano opinioni diverse su questo tema – confida il vescovo Pizziolo –. È normale in una società democratica e, inoltre, di fronte ad una situazione così complessa. Ciò che mi meraviglia è trovare, da parte di tante persone, un rifiuto pregiudiziale». Diocesi e Caritas, dunque, fanno il loro dovere. Perché, dunque, insistere da parte del governatore veneto con i seminari. «A quali ambienti si riferisce? – insiste nel chiedere il direttore Bonomo –. A quelli occupati da biblioteche, musei, dalle aule scolastiche degli Istituti teologici frequentate da circa 350 studenti, prevalentemente laici, dagli alloggi per gli oltre 90 seminaristi e per i 21 preti insegnanti o residenti? Forse a quelli inagibili perché non ci sono soldi né contributi pubblici per sistemarli? Senza contare le oltre 90mila presenza annue tra gruppi, visitatori e incontri vari. Oppure si riferisce agli uffici della Curia, al Collegio Pio X, alla Casa del clero – la casa di riposo per i preti anziani – al vescovado?». Se vuole prendere visione degli ambienti diocesani 'vuoti' venga pure di persona, sarà accolto volentieri, assicura don Bonomo.

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