mercoledì 24 settembre 2014
​Pena sospesa dal giudice, disposta la non menzione. L'interdizione dai pubblici uffici non è esecutiva.
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Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris è stato condannato per la vicenda delle utenze di alcuni parlamentari, acquisite senza le relative autorizzazioni nel 2006, quando era pubblico ministero a Catanzaro e titolare dell’inchiesta denominata «Why Not». La sentenza di condanna, un anno e tre mesi di reclusione con sospensione condizionale, beneficio che fa decadere anche l’interdizione dai pubblici uffici per un anno, è stata emessa dalla X sezione del tribunale di Roma presieduta da Rosanna Ianniello ed è stata estesa nella stessa misura anche a Gioacchino Genchi, consulente informatico di De Magistris all’epoca dei fatti. La condanna nei confronti dell’ex magistrato è stata emessa malgrado la richiesta di assoluzione fatta dal pm Roberto Felici, il quale aveva sollecitato la condanna solo per Genchi. I due imputati dovevano rispondere di abuso d’ufficio per aver acquisito utenze senza autorizzazioni di vari parlamentari tra i quali di Romano Prodi, Francesco Rutelli, Clemente Mastella, Marco Minniti e Antonio Gentile.Contro la sentenza tuona De Magistris: «La mia vita è sconvolta, ho subito la peggiore delle ingiustizie. Sono profondamente addolorato per aver ricevuto una condanna per fatti insussistenti. Ma rifarei tutto, e non cederò alla tentazione di perdere completamente la fiducia nello Stato».«In Italia, credo, non esistano condanne per abuso di ufficio non patrimoniale – aggiunge il sindaco di Napoli –. Sono stato condannato per avere acquisito tabulati di alcuni parlamentari, pur non essendoci alcuna prova che potessi sapere che si trattasse di utenze a loro riconducibili. Prima mi hanno strappato la toga, con un processo disciplinare assurdo e clamoroso, perché ho fatto esclusivamente il mio dovere, dedicando la mia vita alla magistratura, ed ora mi condannano, a distanza di anni, per aver svolto indagini doverose su fatti gravissimi riconducibili anche ad esponenti politici».Nel corso della requisitoria, il rappresentante dell’accusa aveva sostenuto che, pur essendo stato De Magistris a dare "carta bianca" al suo consulente tecnico indagando sui contatti trovati nell’agenda di un imprenditore indagato, Antonio Saladino, fu Genchi a trasformarsi in "dominus" dell’inchiesta e a disporre non solo i decreti di acquisizione degli atti, ma anche a scegliere i nominativi dei parlamentari i cui tabulati telefonici dovevano essere acquisiti. Insomma, per il pm Felici «una violazione e una indebita intrusione nella vita privata» dei parlamentari. Argomentazione, quest’ultima, accolta dal tribunale di Roma che ha ritenuto di estendere anche a De Magistris le responsabilità attribuite a Genchi. «La sentenza emessa dal tribunale di Roma rende piena giustizia agli uomini politici tra i quali Francesco Rutelli e Clemente Mastella», hanno affermato  gli avvocati Titta e Nicola Madia oltre a Cristina Calamari, legali di parte civile per conto di Rutelli e di Mastella.
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