giovedì 24 marzo 2016
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’Ndrangheta e politica, appalti in cambio di voti. Un «collaudato sistema ultradecennale» che ieri ha portato all’arresto nel Cosentino di dieci persone accusate a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio, corruzione. In manette l’ex sottosegretario al Lavoro nonché in passato assessore regionale alla cultura e sindaco di Rende Sandro Principe, nel 2004 scampato miracolosamente all’agguato d’un ex bancario che gli sparò un colpo di pistola alla testa prima dell’inaugurazione d’una nuova chiesa. Arrestato un altro ex primo cittadino, del passato Umberto Bernaudo, l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli, l’ex consigliere assessore provinciale e comunale Pietro Ruffolo e l’ex consigliere comunale di Rende Giuseppe Gagliardi. Tutti ai domiciliari. Fra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip di Catanzaro su richiesta della procura antimafia, ed eseguita dai carabinieri, quattro elementi di spicco della cosca Lanzino-Ruà egemone nell’area urbana cosentina: Adolfo D’Ambrosio, Michele Di Puppo, Francesco Patitucci, Umberto Di Puppo. Misura cautelare anche per Marco Paolo Lento. Secondo la ricostruzione dell’accusa i politici candidati alle elezioni comunali di Rende dal ’99 al 2011, alle provinciali di Cosenza del 2009 e alle regionali del 2010 avrebbero ottenuto in cambio di favori l’appoggio elettorale di affiliati condannati in via definitiva per associazione mafiosa. Tra le attività illecite riscontrate, che hanno permesso di smantellare un sistema collaudato con al centro l’amministrazione comunale rendese, ci sono l’affidamento in gestione di locali pubblici comunali a beneficio di personaggi appartenenti alla ’ndrangheta, l’assunzione di alcuni soggetti vicini al clan e dello stesso boss Ettore Lanzino nella società municipalizzata responsabile della gestione dei servizi comunali e il loro mancato licenziamento nonostante le condanne. Ancora, la promessa dell’erogazione di fondi pubblici per finanziare una cooperativa creata ad hoc da un personaggio di vertice del clan per la gestione dell’area mercatale di Rende. La cooperativa aveva alle sue dipendenze, è scritto nell’ordinanza, 24 soggetti «appartenenti o comunque contigui, perché legati da vincoli di parentela o frequentazione, all’organizzazione criminale Lanzino». Rende ha circa 35.000 abitanti e un territorio che si estende dalla parte ovest del fiume Crati fino alla Serre cosentine e una conurbazione con Cosenza che ne fa parte integrante di una delle mag- giori aree urbane della regione. Qui è presente l’Università della Calabria, con il campus e i 40.00 studenti. A leggere quanto ricostruito dalla Dda di Catanzaro, i favori erano il frutto di patti elettorali stipulati in occasione delle varie competizioni politiche e che vedevano costantemente coinvolta la cosca Lanzino/Ruà, i cui esponenti non si adoperavano nelle attività di procacciamento di voti per motivi politici ma per il solo perseguimento di interessi del clan, dando quindi appoggio a candidati diversi o di differenti fazioni. Ci sono pure le dichiarazioni di alcuni pentiti all’origine dell’operazione. A sentire le loro ricostruzioni una parte delle retribuzioni percepite dai personaggi assunti, che neanche si presentavano sul posto di lavoro pur percependo lo stipendio, finiva nella “bacinella” del clan. Lanzino, secondo le indagini, sarebbe stato segnalato da Principe in persona ma mai è stato visto prestare effettivamente la sua attività lavorativa. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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