martedì 11 giugno 2013
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A spulciare negli archivi del ministero dell’Interno (e nella memoria storica dei vecchi romani) non si trova, per le comunali della Capitale, un dato di partecipazione più basso del turno di ballottaggio conclusosi ieri: è andato a votare il 44,9% degli aventi diritto, addirittura l’8% in meno rispetto al già "magro" primo turno del 26 e 27 maggio. Peggio di Roma, tra i capoluoghi, solo Ancona con il 41,8% (un crollo di oltre 16 punti rispetto al 58,2% del primo turno). Meglio di tutti, ma comunque sotto il 60% (59,2, per la precisione) la "Leonessa" Brescia.

Ne consegue che la media nazionale dell’affluenza alle urne è oltremodo bassa: 48,5%, con una discesa in picchiata di ben undici punti percentuali rispetto a due settimane fa. Quello del non voto e della disaffezione dalla politica, insomma, è largamente il primo "partito" di questa tornata amministrativa.A livello statistico, il calo di affluenza al ballottaggio è un dato acquisito ormai da anni, ma ad attirare l’attenzione degli analisti e dei politici sono le dimensioni del fenomeno. Anche se è bene ricordare, ad esempio, l’andamento delle comunali di maggio 2012, quando si raggiunse il 47,4% in 18 municipi siciliani, con i picchi di Palermo e Trapani, che chiusero il secondo turno rispettivamente con il 39,7 e il 39,8%, non lontani da Genova (39%) e Monza (44,1%).Questa volta l’astensione ha vinto in tutte le 11 città capoluogo andate al secondo turno. Di Roma, Ancona e Brescia si è già detto. Tutte notevoli anche le flessioni delle altre città: Avellino, con un’affluenza del 53,9%, ha perso rispetto al primo turno più di 23 punti percentuali; Barletta (49,4%) è andata sotto di oltre 25 punti; Iglesias (57,8%) ha fatto segnare un meno 8; Imperia (52,9%) più di 13; Lodi (52,7%) quasi 11 punti; Siena (54,9%) oltre 13; Treviso (58,6%) quasi 5; Viterbo (50,7%) oltre 16 punti.

Lo "sciopero del voto" intanto, oltre ad essere oggetto di disamina di gran parte dei candidati – soprattutto di quelli perdenti – viene messo sotto esame anche dal presidente del Consiglio Enrico Letta, che afferma: «È un segnale d’allarme, credo che sia necessaria una riflessione da parte di tutti».

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