domenica 24 marzo 2019
A Roma il primo congresso della formazione Under 30 che punta all'Europarlamento. Candidati in 7 Paesi, Italia compresa. «Noi dimenticati, facciamoci sentire col voto»
Obiettivo: essere il primo partito transnazionale a formare un gruppo a Strasburgo. Ma tranne in Germania - c’è lo scoglio delle firme. Oggi il bis in Piazza Santi Apostoli. Come l’Ulivo? «Solo scelta logistica»

Obiettivo: essere il primo partito transnazionale a formare un gruppo a Strasburgo. Ma tranne in Germania - c’è lo scoglio delle firme. Oggi il bis in Piazza Santi Apostoli. Come l’Ulivo? «Solo scelta logistica»

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«Comunque vadano queste elezioni europee è fondamentale che la nostra generazione torni a votare (possibilmente, per Volt!). Per troppi anni siamo stati dimenticati dalla po-litica, ora tocca a noi farci sentire». A parlare è il giovanissimo coordinatore di Volt, Mario Ferretti, 21 anni di Genova, studi di Economia alla Bocconi e tanta voglia di fare politica. Lui, insieme a una moltitudine di ragazzi - oltre 800 per gli organizzatori -, quasi tutti rigorosamente 'under 30' si sono dati appuntamento all’Auditorium del Massimo a Roma per il primo Congresso paneuropeo. Le note di Gonna fly now, la musica con cui Rocky Balboa si allenava per essere pronto a salire sul ring, serve a caricare una platea che ha comunque tanto entusiasmo da vendere. Si alternano gli interventi, tutti rigorosamente in inglese, dei giovani rappresentati europei di questo movimento che si candida in sette Paesi, Italia compresa. Qui l’Europa non è vista co- me una matrigna, ma come la chance che ha permesso loro di studiare, conoscersi, impegnarsi per 'progettare il futuro'.

Un movimento non tradizionale, quello di Volt, che unisce attivismo in rete e sul territorio, richiamandosi a esperienze americane. Nato due anni fa come risposta alla Brexit, in controtendenza rispetto ai sovranismi, Volt ha come simbolo un colore viola accesso, in riferimento alla prima 'marcia delle donne' di Washington. «Se il movimento riesce a eleggere 25 parlamentari europei in almeno 7 stati membri – ha ricordato Andrea Venzon, uno dei fondatori – potrà formare il primo gruppo del Parlamento Europeo riferito a un partito transnazionale: qualcosa che nessun altro è mai riuscito a fare. E dopo le Europee, ci presenteremo anche alle elezioni nazionali e locali, questo è l’inizio di un lungo percorso». Intanto c’è da superare lo scoglio delle 150mila firme da raccogliere, ostacolo non presente in Germania dove ne bastano solo 4mila e non c’è neanche una soglia di sbarramento, essendo quello tedesco un sistema proporzionale puro.

Per questo gli occhi di molti sono puntati su Damian Boeselager, il capolista in Germania: potrebbe essere uno dei primi rappresentanti di Volt ad entrare nell’Europarlamento. Praticamente assenti gli altri media, c’è solo Andrea Pennacchioli, un giornalista de La7 chiamato a moderare un panel di lavoro: «Quello di Volt – dice – è forse il primo esperimento paneuropeo dal basso, sarà dura per loro, in questa fase parlare di Europa non è pop, significa andare controcorrente». Una sfida difficile, certo, intanto però Volt è riuscito nell’esperimento di avere tutti i candidati con un unico programma e presenti nella stessa città. «Abbiamo scelto Roma – ricorda ancora Ferretti – perché qui è nata l’Europa con i suoi Trattati, 62 anni fa». Un movimento che ha un dialogo aperto con +Europa, non a caso Emma Bonino, intervenuta tra gli applausi, ha invitato «i giovani ad andare nelle strade, nelle università a portare questo entusiasmo». E che viene visto con favore anche dal Pd: l’ex premier Paolo Gentiloni ha concluso la loro assise. Oggi Volt lascia l’Auditorium e si sposta a piazza Santi Apostoli, la stessa che tanti anni fa vide la vittoria dell’Ulivo di Romano Prodi. «Ma non c’è alcun riferimento – sorride Ferretti che all’epoca era poco più che un bambino –, solo una scelta logistica, per stare in mezzo alle persone e farci conoscere. Vogliamo essere un movimento inclusivo, non elitario. Noi ci crediamo».

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