mercoledì 21 ottobre 2020
La Onlus compie 25 anni, nata in parrocchia è cresciuta nelle case popolari costruendo una nuova comunità
Un incontro nella sede dell'Associazione Luisa Berardi prima dell'arrivo della pandemia

Un incontro nella sede dell'Associazione Luisa Berardi prima dell'arrivo della pandemia - Foto Associazione Luisa Berardi

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Una storia di solidarietà che va avanti da 25 anni. L’associazione Luisa Berardi, Onlus, nacque nel 1995 nella parrocchia di San Pio V, per un’intuizione di don Paolo Steffano, oggi parroco a Baranzate. L’idea di partenza era di coinvolgere i laici in un’azione di presenza nel quartiere Molise-Calvairate, dove si trova un grande insediamento di case popolari con molti immigrati, italiani e stranieri, e povertà non solo economica.

Si costituì un’associazione laica, autonoma dalla parrocchia, che potesse proseguire nel cammino senza risentire dei cambiamenti di sacerdoti e parroci. Partirono in 100 soci, oggi sono 160.

Partirono, come ricorda la presidente Mariangela Simini, con un doposcuola e un progetto estivo per ragazzini. Oggi hanno la sede in alcuni locali delle case popolari, una volta destinati alle docce comuni, in via degli Etruschi 5. Zona difficile, ma ricca di umanità. Li hanno rimessi a posto con pazienza ma pagano un affitto che non è stato ridotto, nonostante le promesse dei funzionari Aler nemmeno in questo periodo segnato dal coronavirus e dalla difficoltà di mettere in piedi iniziative per raccogliere fondi. Chiamamola sussidarietà a ostacoli.

Celeste Bressi, psicologa, ha fatto tutta la gavetta: da utente a educatrice volontaria, poi è diventata operatrice. Racconta che in questi anni sono stati seguiti tanti ragazzi e molti sono riusciti a superare le difficoltà arrivando al diploma superiore e anche all’università. Doposcuola, laboratori di italiano, ma anche sviluppo degli interessi e della socialità. Lo stare insieme e fare cose interessanti è importante per crescere. Anche organizzare una “gita” in centro a Milano è importante. Questo quartiere non è lontano dal Duomo, ma in tanti non ci vanno mai. Scoprire insieme la città ha un valore, ben più di quanto ci si possa immaginare.

Questo vale anche per le ragazze e le donne, qui in questa zona ce ne sono molte di origina araba. Da una parte è fondamentale che imparino l’italiano e quindi a gestire la loro vita anche nei rapporti con la scuola dei figli, le istituzioni, le relazioni umane. Imparano a stare insieme, anche al di là dell’origine etnica, a parlare tra loro dei problemi concreti che incontrano. Anche a pensare a un futuro personale.

Nessuna rivolta, ma presa coscienza della dignità propria e altrui. Un “movimento umano” che coinvolge anche i mariti. La maggior parte di loro reagisce in positivo, vedendo l’Associazione Berardi come uno “spazio amico”. Si fida e collabora con la crescita di mogli e figlie nella conquista di autonomia. Processi lenti, ma necessari. Che col tempo sgretolano i muri.

Ogni tanto si organizzano delle visite a mostre o a luoghi cittadini, come i Navigli, per gruppi di ragazze di differenti origini. Si organizzano serate per vedere un film insieme. I risultati sono belli e incoraggianti. Crescono insieme amicizia, cultura, creatività e capacità di stare insieme, fare comunità.
Negli anni si sono aggiunti anche interventi a sostegno della maternità e della prima infanzia, con anche uno spazio educativo per bimbi piccoli.

Per le ragazze poi occorre tenere presente come si trovino combattute tra due culture, quella di origine e quella italiana. C’è un desiderio di libertà e di amicizia. Partecipano con convinzione alle iniziative.
Il coronavirus ha creato tanti problemi. Nel periodo più duro, grazie anche alla collaborazione della Fondazione Rava e alla Rete QuBi, si è cercato di sostenere le famiglie in difficoltà con aiuti alimentari ma anche con tablet per i ragazzi costretti a seguire le lezioni a distanza. Ci si è dovuti reinventare.

Adesso, dopo il lockdown si riparte, per quanto possibile viste le tante incertezze. Valeria Sangalli, insegnante, sottolinea come i corsi di italiano stiano ripartendo, con molta attenzione. Ma è un percorso che non va spezzato. Perché negli anni i risultati si sono visti e tutte le donne ricontattate in questi giorni hanno dimostrato tutta la loro felicità di potere ripartire.

Prima o poi i vincoli più stretti legati al Covid cesseranno e si potrà tornare a condividere spazi, tempi, risate. Ma anche pane fatto in casa e cibi etnici. Sono le piccole cose che costruiscono una comunità, anche interculturale, e ci aiutano a vivere bene e a cercare la felicità, insieme.

Per chi fosse interessato a saperne di più e magari a offrire un po’ di tempo come volontario può visitare il sito dell'associazione: www.luisaberardi.org


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