mercoledì 17 agosto 2016
​Vive in situazione di grave pericolo ma, secondo il Viminale, per avere la protezione avrebbe dovuto comprarsi il mezzo blindato. Ma il Tar la pensa diversamente.
Denunciò i clan, avrà l'auto di scorta
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Niente auto di scorta a sue spese per Rocco Mangiardi. Dovrà essere il Viminale a garantirla, almeno fino al 31 dicembre. Lo ha deciso il Tar del Lazio accogliendo il ricorso dell’imprenditore coraggioso di Lamezia Terme al quale il ministero dell’Interno aveva imposto di fornire lui stesso l’auto per ospitare un agente di scorta. Una storia incredibile, che 'Avvenire' aveva denunciato otto giorni fa e che ora trova una prima, anche se parziale, svolta positiva.  Nell’ordinanza emessa dal Tar del Lazio si afferma che 'sussistono per Mangiardi le condizioni di eccezionale gravità ed urgenza'. I giudici, inoltre, parlano di 'gravi pericoli per l’incolumità personale' del testimone di giustizia 'in una zona caratterizzata, peraltro, da gravi fenomeni criminali'.  Ricordiamo che nel 2006 il 'no' dell’imprenditore agli inviati del clan Giampà e l’immediata denuncia alle Forze dell’ordine avevano  consentito di fare luce su numerosi fatti e vicende di ’ndrangheta della città calabrese. Mangiardi aveva poi confermato le sue accuse nel corso del processo nel 2009, indicando i suoi estersori in aula. Subito dopo gli era stata assegnata la scorta di due uomini con auto blindata, ridotta dopo alcuni mesi a due uomini con auto non blindata. Lo scorso 5 agosto gli era stata comunicata un’ulteriore riduzione. Per il Viminale ha infatti diritto solo a un uomo di scorta ma, come si leggeva nella comunicazione,  'la misura sarà attuata mediante l’utilizzo di un’autovettura di proprietà dell’interessato'. Ovviamente non blindata. E visto che Rocco non guida, toccherà all’unico poliziotto farlo, con evidenti problemi in caso dovesse intervenire. E questo mentre sono in corso alcuni processi in cui è testimone e a Lamezia sono riprese le violenze.  Ma lui, quando lo avevano intervistato lo scorso 8 agosto, non aveva fatto alcun passo indietro. «Malgrado quello che mi sta succedendo non cambio idea – ci aveva detto con un sorriso –. Anche se mi lasciano senza tutela. Piuttosto è una questione di principio. Lo Stato non può pretendere che per tutelarmi io gli compri la macchina». Per questo aveva fatto ricorso al Tar che per ora, con un decreto di sospensiva cautelare, gli ha dato ragione. I giudici entreranno poi nel merito ma già ora sembrano invitare il Viminale a rivedere la decisione. Rocco è per ora soddisfatto, ma anche dispiaciuto. «Ho dovuto presentare ricorso contro lo Stato. Proprio io che ho sempre creduto nelle istituzioni. Purtroppo ho dovuto farlo, ma confermo la mia fiducia».
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