venerdì 20 maggio 2016
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BRUXELLES La tratta di essere umani dilaga in Europa, sempre più alimentata purtroppo anche dalla crisi migratoria. È un vero grido di allarme quello che lancia la Commissione Europea, che ieri ha presentato la prima Relazione sui progressi compiuti nella lotta alla tratta di esseri umani. «È inammissibile e imperdonabile – ha dichiarato il commissario europeo alla Migrazione e agli Affari Interni, Dimitris Avramopoulos – che nell’Ue del ventunesimo secolo degli esseri umani siano comprati, venduti e sfruttati come merci. È nostro dovere personale, collettivo e legale fermare questa tratta». Il numero di vittime registrate nel periodo 2013-2014 è stato pari a 15.846 persone. Ma è la punta di un iceberg, sottolinea Myria Vassiliadou, coordinatrice anti-tratta dell’Ue, «visto che moltissime vittime non vengono identificate – avverte – la cifra reale è sicuramente molto più elevata». Il 65% delle vittime sono cittadini Ue, i Paesi di origine più di frequente rilevati tra le vittime sono Romania, Bulgaria, Paesi Bassi, Ungheria e Polonia. Tra i Paesi non Ue spiccano Nigeria, Cina, Albania, Vietnam e Marocco. Il più diffuso è lo sfruttamento sessuale (67% delle vittime registrate), quasi esclusivamente donne (il 95%), anche se alcuni Stati membri registrano un aumento delle vittime di sesso maschile. Al secondo posto figura lo sfruttamento a fini di lavoro, soprattutto nel settore agricolo, pari al 21% delle vittime, in massima parte uomini (74%). Il documento avverte tuttavia che c’è un’ampia zona che sfugge ai controlli, che è quella dei lavori domestici forzati, qui le vittime sono soprattutto donne e ragazze. E poi ci sono gli altri 'settori': accattonaggio forzato, attività criminali imposte, matrimoni di forza, produzione e spaccio di droga, e poi, ancora più spaventosi: rimozione forzata di organi, traffico di bambini piccoli per l’adozione e di donne incinte, cui sarà imposto con la forza di 'vendere' il proprio neonato subito dopo il parto. Quello del traffico dei bambini è purtroppo il settore in cui vari Stati membri segnalano la maggior crescita. Delle 15.846 vittime registrate nel 2013-14 almeno 2.375 sono proprio bambini. Molti vengono tolti a famiglie indigenti come 'rimborsi' di debiti che non possono pagare. Non basta. «Vi sono cospicue prove – avverte il rapporto – che la crisi migratoria è stata sfruttata dalle reti criminali per colpire i più vulnerabili, in particolare donne e bambini», fenomeno collegato anche con l’alto numero di minori non accompagnati. E si regista con allarme il forte incremento di donne e ragazze nigeriane giunte dalla Libia (4.371 tra gennaio e settembre 2015), l’80% delle quali, secondo la sezione italiana dell’Iom, sono vittime del traffico, soprattutto per sfruttamento sessuale. L’Ue ha strumenti a disposizione per contrastare questa piaga. Dal 2011 esiste una direttiva comunitaria anti-tratta che, spiega ancora Vassiliadou, «ha impresso un forte slancio richiamando l’attenzione sulla scala del fenomeno nell’Ue e sulla necessità di affrontarlo con una vasta gamma di strumenti, dal diritto penale alle misure preventive». Adesso, aggiunge, «è tempo che gli Stati membri intensifichino i loro sforzi per attuare efficacemente la direttiva». Perché rimangono ancora problemi seri. Anzitutto, sottolinea ancora Vassiliadou, «è preoccupante quanto sia basso il livello di perseguimento giudiziario e condanne nell’Ue»: nel periodo 2013-2014, in tutti e 28 gli Stati membri ci sono stati appena 4.079 processi e 3.129 condanne. In non pochi casi, inoltre, oggetto di procedimenti giudiziari sono le vittime stesse. Inoltre, lamenta ancora Vassiliadou, «solo metà degli Stati membri penalizza l’utilizzo consapevole dei 'servizi' offerti dalle vittime del traffico, come invece chiede la direttiva anti-tratta». © RIPRODUZIONE RISERVATA La Relazione
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