mercoledì 5 febbraio 2020
Il ministro della famiglia e Pari opportunità replica all'appello 17 donne Dem: «Sbloccati 30 milioni per iniziative anti-violenza. Meglio un tavolo di lavoro nella maggioranza che le lettere aperte».
la ministra della Famiglia e Pari opportunità Elena Bonetti

la ministra della Famiglia e Pari opportunità Elena Bonetti - ansa

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Una lettera delle donne del Pd, che sollecitano il governe sulle politiche di aiuto al lavoro e sulla prevenzione del femminicidio, apre un nuovo fronte polemico nella maggioranza.
«Spiace che all'interno del Governo e della maggioranza si sia deciso di affidare ad una lettera aperta, e non ad un tavolo di lavoro, elementi di discussione che appartengono ad una responsabilità politica condivisa. Le donne di questo Paese meritano che lavoriamo per loro e lavoriamo bene», è la replica
della ministra per la Famiglia e le Pari opportunità Elena Bonetti. «È per loro che ci siamo messi da subito al lavoro dal nostro insediamento: lo abbiamo fatto sbloccando in due mesi i 30 milioni di euro dovuti da tempo ai centri antiviolenza, riattivando la cabina di regia governativa e il comitato tecnico per il contrasto alla violenza maschile contro le donne, sbloccando i fondi per gli orfani delle vittime di femminicidio», rivendica Bonetti.
«Abbiamo lavorato alla revisione del Piano operativo antiviolenza - ricorda ancora - e ci stiamo predisponendo alla stesura del primo Piano strategico nazionale per la parità di genere, di cui ho discusso proprio oggi con la Commissaria Dalli. Abbiamo attivato un nuovo sostegno alle donne vittime di violenza, un microcredito con garanzia di 1 milione di euro dal mio Ministero. Stiamo già lavorando al riparto dei fondi del 2020 e promuovendo un nuovo bando antiviolenza». L'invito è quindi a «lavorare insieme, come abbiamo fatto per le misure promosse e finanziate con la legge di bilancio, anche alle misure previste nel Family Act. Per sostenere le donne anche nella loro esperienza di madri, perché non accada mai più che una donna debba scegliere tra lavoro e famiglia o che sia discriminata perché madre. Ripartiamo tutte insieme - è l'invito conclusivo della titolare della Famiglia e Pari opportunità -, fuori da queste polemiche sterili».
«Sosteniamo l’impegno per la condivisione del lavoro di cura tra madri e padri e chiediamo che il Family act sappia compiere con coraggio quella rivoluzione culturale paritaria voluta dalla direttiva europea e già attuata da Svezia e Spagna», avevano scritto in una lettera-appello al governo - titolata «Diamoci una mossa» - 17 donne del Partito democratico. «Sappiamo bene come in Italia l’incertezza dei servizi e la precarietà siano forti deterrenti al compimento del desiderio di genitorialità. Si tratta di iniziative davvero lodevoli. Ma se le donne oggi devono poter scegliere quando e se essere mamme e mogli, ancor prima devono poter essere donne libere ed autonome. Innanzitutto dalla violenza». Al governo viene chiesto «un cambio di passo» nelle politiche di genere e «azioni concrete» nel contrasto alla violenza sulle donne, al centro della cronaca quotidiana. Di peso le firme in calce: Anna Ascani, viceministro dell’Istruzione; Lorenza Bonaccorsi, sottosegretaria Mibact; Francesca Puglisi, sottosegretaria al Lavoro e politiche sociali. E ancora: Debora Serracchiani, la vicepresidente del Senato Anna Rossomando, per citarne solo alcune.
La replica di Italia viva è arrivata dalla capogruppo alla Camera Maria Elena Boschi: »Sono convinta che questa battaglia si vinca solo stando unite, non creando divisioni – afferma –. E sono sicura che la porta della Bonetti sarebbe stata aperta a un confronto, senza dover ricorrere a lettere sui giornali che hanno tanto il sapore di un’ansia da visibilità».



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