mercoledì 28 gennaio 2009
Raggiunto l'accordo nella maggioranza: restano per reati sopra i 5 anni di pena. Alfano: limite di 45 giorni prorogabile di altri 15, eccetto i casi di mafia e terrorismo. Prudenza dalle opposizioni.
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Fumata bianca a Palazzo Grazioli al summit sulle intercettazioni. Non c’è Silvio Berlusco­ni, rimasto bloccato da un «raffreddore» nel­la casa milanese, ma il vertice chiamato a trovare un’intesa sul ddl Alfano si conclude con quell’ac­cordo inseguito da giorni, che accontenta la Lega: si potranno intercettare tutti i reati con pene sopra i cinque anni, esattamente come prevede la legge attuale, ma cambia il vincolo per la durata. «E cioè – spiega il ministro della Giustizia Angelino Alfano – le intercettazioni potranno continuare per 45 gior­ni prorogabili di altri 15, eccetto i casi di mafia e ter­rorismo ». Una sintesi che trova il consenso del carroccio, dun­que, fino all’ultimo il vero scoglio per il Pdl. «È sta­ta una riunione molto concreta e proficua – si ral­legra il guardasigilli – . Avevamo sempre detto di a­ver raggiunto un accordo al 90 per cento». I tecnici di Lega e Pdl hanno così stabilito di lasciare la leg­ge attuale per quanto riguarda i reati che potranno essere intercettati. «Ma abbiamo fissato il vincolo per quanto riguarda la durata». Sarà il governo, ag­giunge, a interpretare l’accordo con emendamen­ti propri. Tra i punti del testo, confermato anche «il princi­pio di responsabilità del giornale, cioè dell’editore» e il no al carcere per i giornalisti, continua Alfano. Oltre al divieto di pubblicare nome e volto del pm a cui è assegnata l’inchiesta. Soddisfatto il capo­gruppo della Lega Roberto Cota: «Verranno evitati gli abusi sia nella pubblicazione sia nella durata delle intercettazioni». Ora, spiega, «abbiamo affi­dato al ministro Alfano il compito di formulare l’e­mendamento riassuntivo dell’accordo. Il meccani­smo è quello di non ragionare sull’elenco dei reati. Le intercettazioni sono uno strumento di indagine e quelli che devono essere colpiti sono gli abusi. Si interverrà sul sistema dei tempi e dei controlli». La relatrice, presidente della commissione Giusti­zia Giulia Bongiorno, propone che il pm possa chie­dere una proroga degli ascolti oltre il sessantesimo giorno, solo dopo aver ottenuto l’autorizzazione dal capo dell’ufficio. Stretta sui tempi, dunque, anche perché, spiega più tardi in aula il titolare di via Arenula, mettere sotto controllo i telefoni per le indagini ha un costo no­tevole. Ed «è impressionante lo spreco del denaro dei cittadini per il pagamento delle intercettazioni telefoniche ed ambientali – conferma Alfano – . I procuratori della Repubblica, tranne poche virtuo­se eccezioni, non esercitano di fatto alcuna verifi­ca su tale tipologia di spesa, sostanzialmente fuori controllo. Si badi: si tratta di centinaia di milioni di euro». In questo caso, il governo è pronto a recepi­re l’emendamento di Enrico Costa (capogruppo pdl in commissione Giustizia) sul tetto di spesa. Il compromesso raggiunto, insomma, «conferma l’unità della maggioranza», si compiace il ministro della Difesa Ignazio La Russa. Ma sulla possibilità di un accordo bipartisan con le opposizioni serve ancora tempo. «Siamo disponibili a discutere una riforma delle intercettazioni che faccia salvo uno strumento per l’indagine sui reati tutelando la ri­servatezza dei cittadini e il loro diritto di conver­sare in libertà», dice dall’Udc Roberto Rao. Mentre il leader del Pd Walter Veltroni ancora non si pro­nuncia: «Per serietà, valuto le cose solo quando le ho lette». Più difficile un’intesa con Di Pietro, convinto che la legge nasca sull’onda della furbata del finto scan­dalo Genchi», con il quale si sarebbe messo in dub­bio l’uso delle intercettazioni, secondo il leader del-­l’Italia dei Valori. Ma sul caso-Genchi, i presidenti di Camera e Senato Fini e Schifani, ascoltato il pre­sidente del Copasir Rutelli, rassicurano, dopo aver «apprezzato la tempestività e la determinazione» con cui il Comitato ha preso in mano la situazione.
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